I decreti interministeriali sull’etichettatura obbligatoria della pasta e del riso (SCARICA IL DOSSIER SULL’ETICHETTATURA DEL RISO) potrebbero diventare carta straccia a partire dall’aprile 2019: questo accadrà se entrerà in vigore la bozza di regolamento esecutivo sull’etichettatura (SCARICA LA bozza del regolamento sull’etichettatura), che la Commissione europea ha pubblicato, organizzando una consultazione pubblica (LA TROVI QUI). Da qualche giorno è dunque possibile esprimere le proprie opinioni in merito al regolamento di cui tanto si discute con l’unico, e non secondario limite della lingua: ancora una volta la consultazione è soltanto in inglese! Il problema è ben chiaro al nostro governo che sta facendo di tutto – ci informano ambienti del Mipaaf – per evitare che la nuova normativa comunitaria “ammorbidisca” gli obblighi di tracciabilità.
La proposta di regolamento attualmente all’esame stabilisce le modalità di applicazione dell’articolo 26.3 del Regolamento (UE) n. 1169/2011 e, nello specifico, le norme che disciplineranno l’indicazione del Paese di origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario di un alimento qualora diversa dall’origine dell’alimento principale. Esiste una prima eccezione: le novità non riguarderanno le indicazioni geografiche protette ai sensi del Regolamento (UE) n. 1151/2012, del regolamento (UE) n. 1308/2013, del regolamento (CE) n. 110/2008 o del regolamento (UE) n. 251/2014 o protette ai sensi degli accordi internazionali né ai marchi registrati ai sensi della direttiva (UE) 2015/2436, in attesa dell’adozione di norme specifiche relative all’applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3, ai prodotti alimentari che recano tali indicazioni.
Per il resto, dovranno essere indicati il paese di origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente principale soltanto se diversi dal paese di origine o dal luogo di provenienza indicato per l’alimento con riferimento a una delle seguenti aree geografiche: (i) “UE”/”non UE” o “UE e non UE”; o (ii) Regione o altra area geografica all’interno di più Stati membri o all’interno di Paesi terzi ; o (iii) zona di cattura FAO per le specie ittiche; o (iv) Stato(i) membro(i) o paese (i) terzo (i); oppure (v) Regione, o qualsiasi altra area geografica all’interno di uno Stato membro o all’interno di un Paese terzo, che sia chiaramente comprensibile da parte dei consumatori mediamente informati; oppure (vi) il paese di origine o il luogo di provenienza conformemente a disposizioni specifiche dell’Unione applicabili per l’ingrediente o gli ingredienti primari in quanto tali (es. livello di precisione stabilito per le carni bovine); dovranno essere specificati mediante un’indicazione quale “(nome dell’ingrediente primario) non proviene da (il Paese di origine o il luogo di provenienza dell’alimento)” o una formulazione simile che possa comunque avere lo stesso significato per il consumatore.
Esiste un obbligo di chiarezza, pertanto, solo rispetto all’origine dell’ingrediente principale. Qualora essa vada indicata, deve essere espressa con dimensione del carattere non inferiore alla dimensione minima richiesta dall’articolo 13.2 del Regolamento (UE) n. 1169/2011. Nel caso in cui il Paese d’origine o il luogo di provenienza di un alimento siano indicati a mezzo di parole, l’origine dell’ingrediente principale, se diversa, deve apparire nello stesso campo visivo in cui è apposta l’indicazione del Paese di origine o del luogo di provenienza dell’alimento e utilizzando una dimensione del carattere che abbia un’altezza di almeno il 75% dell’altezza dell’indicazione del Paese di origine o del luogo di provenienza dell’alimento. Se il paese d’origine o il luogo di provenienza di un alimento non è espresso a mezzo di parole (es. bandiere, pittogrammi, etc.), il paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario, se diverso, deve apparire nello stesso campo visivo dell’indicazione del paese di origine o luogo di provenienza del cibo. Il regolamento si applica dal 1 aprile 2019.
Naturalmente, stiamo parlando di una normativa ancora in fieri, ma che potrebbe verosimilmente condurre a minori obblighi di etichettatura. In altre parole, se in una minestra di riso disidratata l’ingrediente principale – il riso – viene dalla Cambogia, questo andrebbe specificato non indicando il Paese di origine, ma dicendo che è NON UE. Questo sarebbe comunque obbligatorio, ma le modalità potrebbero essere molto diverse da quelle attualmente imposte dall’Italia. L’obiettivo dichiarato dall’Ue, infatti, è che il consumatore abbia un quadro chiaro della provenienza delle materie prime e non la tracciabilità, men che meno l’origine agricola di tutto ciò che mangiamo. Che si tratti di un testo ancora perfezionabile lo dicono altri elementi, come la citazione degli allergeni, un tema caro a Bruxelles ma che nella bozza non viene chiarito.