Scarica QUI il decreto sull’etichettatura d’origine obbligatoria per il riso del 26 luglio 2017 e scarica QUI il resoconto del seminario che illustra questa novità normativa. Poiché numerosi operatori hanno posto dei quesiti sulla normativa, l’Ente Risi ha fornito queste risposte. Queste misure si sarebbero dovute applicare fino al 31 dicembre 2021 ma è stato emanato un decreto di proroga del decreto nazionale che lo rende valido fino al 31 dicembre 2022.
Normativa sull’etichettatura d’origine del riso
A livello comunitario la normativa sull’etichettatura per l’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza degli alimenti si manifesta nell’articolo 26 del regolamento (UE) n. 1169/2011, reso applicabile dal regolamento di esecuzione 2018/775 della commissione. Questo Regolamento è entrato in vigore l’1 aprile 2020, sostituendo in parte quello nazionale sopracitato (essendo una norma di rango superiore), tuttavia, in ambito risicolo, avrebbe interessato solo i prodotti a base di riso e non il riso nella sua forma più classica, creando scompiglio nell’industria. Questa aveva organizzato la produzione anche in relazione all’obbligo di etichettatura d’origine, per questo si è proceduto alla proroga sopracitata con l’obbiettivo di mantenere quest’obbligo, essendo un fattore apprezzato dal consumatore, sempre più interessato a conoscere la provenienza degli alimenti che acquista.
Altra normativa relativa a quest’ambito è il DECRETO LEGISLATIVO 15 settembre 2017, n. 145, relativo all’indicazione obbligatoria nell’etichetta dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento (che abbiamo presentato in questo articolo). Questo Decreto, tuttavia è stato reso ufficialmente inapplicabile da una sentenza del tribunale di Roma del 2019, in quanto trattandosi di una legge potenzialmente in conflitto con la normativa europea, l’Italia avrebbe dovuto prima notificarla alla Commissione perché la analizzasse e, se necessario, suggerisse modifiche. Questa notifica non è mai stata fatta, o meglio, è stata fatta nel modo sbagliato. Il risultato, come spiega il giudice, è “la inapplicabilità della normativa interna e la non opponibilità ai privati”. Il decreto legislativo n. 145/17 è dunque un provvedimento solo formalmente in vigore bensì illegittimo per contrasto con il diritto europeo.