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I MONACI DEL BRUSONE

da | 21 Giu 2015 | Il Personaggio, NEWS

veccoI monaci Cistercensi, che crearono le Grange nel Medioevo, avevano un obiettivo preciso: aumentare la produzione di cereali per sconfiggere lo spettro della fame. Immaginatevi voi come avrebbero reagito di fronte a un fungo che cancella un terzo del raccolto, com’è avvenuto nel 2008 per colpa del brusone. In una ideale continuità con i tempi antichi, alla Grangia di Montarucco (Vercelli) si lavora per limitare i danni alla produzione determinati dalla Pyricularia grisea, l’agente del brusone. Con strumenti tecnologici paragonabili, per rivoluzionarietà, alle tecniche idrauliche e fondiarie che permisero ai Cistercensi di dissodare e restituire alla produzione la pianura paludosa e malsana.

I “monaci” in questo caso sono armati di nasi tecnologici, i cosiddetti capta spore, e come abbiamo già scritto nei giorni scorsi (http://www.risoitaliano.eu/riparte-lotta-al-brusone/), durante la campagna risicola corrente, per allertare gli agricoltori sulla minaccia incombente e consentire l’adozione di contromisure, saranno divulgati ben 17 bollettini differenziati per le 6 aree di sorveglianza fitosanitaria, coincidenti con le aree coperte dalla rete dei captaspore: quattro nel Vercellese, a Trino Vercellese, Santhià, fraz. Vettignè, San Giacomo Vercellese e Villata, e due nel Novarese, a Nibbia e Terdobbiate. Il bollettino brusone sarà pubblicato ogni lunedì e giovedì (pomeriggio) a partire dal 22 giugno fino al 17 agosto. Per saperne di più abbiamo incontrato uno degli agricoltori che collaborano all’iniziativa scientifica: è risicoltore, studi primari in agronomia, quindi in diritto, ex militare dell’arma dei carabinieri e, per passione, pure pilota; Andrea Vecco (foto piccola, nella foto grande è ritratto un captaspore) è il titolare dell’omonima azienda risicola nella Grangia di Montarucco (120 ettari dedicati alla produzione di riso da pila e alla ricerca) ed è uno dei fautori del Progetto Lotta al Brusone, con cui la Provincia di Vercelli e l’Università di Pavia, insieme ad altri enti pubblici e privati, hanno realizzato una rete di monitoraggio dell’infezione in grado di segnalare via sms ai risicoltori quando e dove si appalesi il nemico. Potete leggere l’intervista subito dopo il video illustrativo del progetto.

Cosa utilizzate?

Usiamo i capta spore che sono dei nasi elettronici. In breve, aspirano l’aria come farebbe un polmone e, impattandola su di un nastro di silicone , sono in grado di dire a chi sa leggerne i referti quante spore di Pyricularia vi si trovano in quel momento.

Sono efficaci?

Direi di sì, perché in base alla presenza delle spore siamo in grado di prevenire di qualche giorno la comparsa della malattia. Il servizio ovviamente si limita a indicare un “rischio” in una data area, poi sta all’agricoltore decidere il da farsi, se trattare o no. La rete non obbliga a trattare, ma fornisce i dati per decidere.

Perché avete creato questa rete?

Perché il cambiamento climatico favorisce la diffusione della malattia. Non solo piove di più, ma è in atto una diversificazione del clima in termini di umidità, illuminazione e temperatura nelle fasi critiche di giugno e agosto. Il campionatore volumetrico – che inizialmente si usava nel settore sanitario – e un modello matematico messo a punto da Massimo Biloni e dall’Università di Pavia, che permette l’analisi dei parametri raccolti, insieme alla capacità dei ricercatori, come Marinella Rodolfi, di individuare con esattezza il problema, consentono di determinare i quattro livelli di rischio nel periodo di potenziale danno da brusone, e questo per tutte le varietà di riso, non solo per quelle sensibili.

In breve, qual è il vantaggio?

Sappiamo quando si ha effettivamente un rischio brusone. Sappiamo dove. Siamo in grado di prevede l’entità dell’infezione. Ergo, possiamo valutare se trattare, quando e quanto trattare, il che significa anche abbassare l’impatto ambientale degli interventi preventivi. (18.06.2015)

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