Il mercato continua a crescere per tutte le voci a listino ad eccezione dei lunghi B, come vi abbiamo spiegato nell’analisi di ieri. Affrontiamo questi temi insieme ad un operatore del settore. Alessandro Ariatta, risicoltore che destina la produzione della sua azienda, dislocata nel novarese tra i comuni di Nibbia e Galliate, sia alla vendita all’ingrosso di risone, sia alla vendita al dettaglio di riso lavorato.
MOMENTO OTTIMO MA PERICOLOSO
«Il livello attuale dei prezzi ci soddisfa – spiega l’agricoltore – e, al netto solamente della crescita nei costi e non dei cali produttivi causati dalla siccità, influisce in positivo sul bilancio aziendale. Nella nostra azienda la mancanza d’acqua ha portato ad una perdita di circa 1500 quintali rispetto alla scorsa campagna. Valore che il mercato non potrà compensare».
«Il momento in ogni caso sembra ottimo, ma adagiarsi è come sempre pericoloso. La paura è che la stessa rapidità che abbiamo avuto per raggiungere questi prezzi si riproponga in senso inverso qualora i consumatori non dovessero assorbire i rincari. Le riserie, infatti, ad oggi stanno fronteggiando costi elevati su tutti i fronti. Le stesse vogliono giustamente rivalersi sulla grande distribuzione al momento della ridiscussione dei contratti di vendita. Questa, a sua volta lo farà sul consumatore. Se agli occhi di quest’ultimi il prezzo sarà troppo elevato e sarà possibile scegliere prodotti sostitutivi a basso costo, come pasta o risi maggiormente legati alla produzione estera come Basmati, la domanda potrebbe contrarsi. Ciò porterebbe il prezzo all’ingrosso a ridursi rapidamente, ledendo i guadagni e creando molto malcontento tra i produttori».
INCOGNITA CONSUMI
«Vedere un riso venduto a 70 €/q arrivare a 80 €/q (3000 € di differenza in un solo camion rimorchio) ha il sapore di una beffa. Figurati dover subire una differenza simile, se non doppia o tripla, successivamente ad aver visto il valore massimo nella stessa campagna. I risicoltori giustamente cercano di portare a casa il miglior risultato in questo momento. Si tratta di un gioco pericoloso a queste cifre. Non credo rappresenteranno il livello di riferimento a lungo. Certo la disponibilità quest’anno è ridotta. Perciò si potrebbe pensare che questi prezzi tengano nella campagna in corso ma, come spiegato, rimane l’incognita della reazione dei consumatori».
«Noi, che commerciamo riso lavorato, per non turbare eccessivamente il cliente, attualmente vendiamo il nostro Carnaroli al dettaglio a 3,5 €/kg, un prezzo che non è sostenibile per chi deve comprare risone ma che possiamo fare lavorando e vendendo unicamente il nostro riso. Un valore reale sugli scaffali alle cifre attuali, ossia 150 €/q per Carnaroli classico, supera i 5 €/kg, cifra con cui puoi comprare 2/3 pacchi di pasta».
LUNGHI B TROPPO DISTANTI
«Parlando dei lunghi B – conclude Ariatta – mi aspettavo che questo potesse essere il livello di prezzo di riferimento, ma in rapporto ai valori iniziali delle altre varietà, compresi tra 60 e 100 €/q. La differenza oggi è troppa rispetto agli altri comparti che si attestano ora tra i 75 e i 150 €/q. Questo rischia di causare un abbandono del gruppo merceologico. In futuro ci potrebbero essere i consueti squilibri di prezzo legati alle scelte di semina degli agricoltori, troppo spesso all’inseguimento del mercato».
«Un crollo nella produzione di lunghi B, inoltre, potrebbe portare ad un’ulteriore crescita delle importazioni, già molto importante quest’anno, che potrebbero coprire la fetta di mercato lasciata scoperta dalla produzione interna, e sappiamo quanto in seguito sia difficile recuperare questo tipo di spazi». Autore: Ezio Bosso.
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