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STOCCHI: VI RACCONTO MARIO PIANESI

da | 4 Mag 2018 | NEWS, Uncategorized

A conclusione del convegno UPM di Rovasenda (leggi l’articolo) abbiamo chiesto al rappresentante dell’azienda Una Garlanda, Ugo Stocchi, che da anni fa risicoltura biologica e segue il metodo Pianesi cosa pensi dell’inchiesta (leggi l’articolo del Corriere della Sera) che ha coinvolto il padre della macrobiotica italiana.

Poichè avete preso pubblicamente posizione sulla coltivazione MA PI, cosa pensa delle accuse a Mario Pianesi lette sui giornali?

La notizia dell’avviso di garanzia a carico di Mario Pianesi ha sconvolto me e tutta la mia famiglia. Ho letto i capi d’accusa, gravissimi, ai quali spero in tempi brevi, la magistratura potrà indagare fornendo all’opinione pubblica un giudizio veritiero. Per quanto ci riguarda, parlo anche a nome dei miei soci e famigliari, le vicende giudiziarie personali di Mario Pianesi, messe nella “gogna” mediatica e amplificate da tv, social e stampa di tutto il mondo, ci hanno molto rattristato.

Cosa pensa oggi di Pianesi?

Per noi Mario Pianesi è uno studioso che ha avuto e condiviso delle idee lungimiranti che, a parer mio, andrebbero fatte conoscere  alla società.  La prima volta che ho ascoltato Pianesi è stato nel 2004 in occasione del 1° Convegno: Il Riso: alimento fondamentale per la salute umana, nella sede di ENR. Di seguito ebbi modo di riascoltarlo sempre in occasione di altri convegni organizzati dall’associazione UPM, leggendo i suoi interventi, studiandone gli spunti teorici, confrontandomi con altri agricoltori; Mario Pianesi non è mai stato a farci visita in cascina  e non ci ha mai fatto una telefonata, ma ugualmente, grazie all’elaborazione pratica che abbiamo fatto delle sue idee di Sviluppo sostenibile, ci ha aiutati a trasformare in positivo il nostro lavoro ed a essere più liberi.

Voi avete mai subito pressioni dall’associazione a vivere secondo determinati paradigmi, oltre che a coltivare secondo il metodo Pianesiano?

Per fare chiarezza parlerei brevemente della nostra storia che ha origini lontane, da tre generazioni si coltiva il riso nelle terre Rovasendesi, negli anni abbiamo partecipato anche noi alla così detta”rivoluzione verde” che ci ha portati a “bonificare” l’ambiente di baraggia e coltivate con i conosciuti metodi convenzionali. A breve periodo, queste pratiche portarono un aumento delle produzioni, ma a lungo periodo ci si accorse della poca sostenibilità e salubrità di questi metodi che stavano impoverendo la nostra terra. Nel 2001 mio padre, anche messo di fronte a un problema di salute, decise di fare in una piccola risaia una prova di riso coltivato senza concimi e diserbanti. Per mangiare un riso più naturale e provare a non inquinare la terra. Negli anni successivi avemmo modo di conoscere l’associazione UPM e le idee ecologiche e salutiste che venivano proposte.  Quelle idee, nate dalla mente di Mario Pianesi, che in 40 anni è riuscito a elaborare ed esportare contestualmente tramite molti progetti nazionali e internazionali, ci piacquero subito.

Perché vi piacquero?

Perché per la prima volta veniva valorizzato il nostro lavoro di contadini; la base del primario agricolo sappiamo è spesso sfruttata e presa in giro da un sistema che ricerca il profitto veloce e facile senza considerare le persone, il loro impegno, dedizione ed umanità. Forse può apparire banale dirlo, ma le idee di Pianesi ci fecero capire che, in totale libertà potevamo con una sola mossa smettere di inquinare la nostra terra e permetterci di mangiare del cibo più pulito. 

Come le avete applicate?

In questi 18 anni abbiamo fatto delle scelte e lottato per raggiungere questi obbiettivi, sempre autonomamente e senza subire pressioni da nessuno, ma individuando di volta in volta quali cose potessero aiutarci a stare meglio. L’abbandono della chimica ci ha fatti stare meglio, facendoci tornare il buon umore e la serenità di chi fa il suo lavoro senza dipendere da nessuno, in totale libertà; mangiare il nostro riso ci ha fatti stare bene, diventare custodi della terra ci ha fatto e ci fa stare bene.

Mai subiti dei condizionamenti?

Mai in questi 18 anni abbiamo visto o percepito situazioni paventate sui media, sappiamo che l’associazione UPM conta più di 90mila soci; non penso che tutte queste persone siano state costrette a diventarlo senza utilizzare come abbiamo fatto noi, la propria testa.

Qual è la differenza tra risicoltura macrobiotica e biologica?

La diffusa tecnica di semina su prato, con successiva fermentazione inibitoria dei semi di erbe complementari al riso, che in questi anni abbiamo ideato e sperimentato con successo, ha iniziato a diffondersi con vari nomi: Pacciamatura verde, cover crops, metodo Stocchi (Stocchi system), riso macrobiotico etc. A noi piace pensarla come una pratica che può essere utilizzata tranquillamente anche per il disciplinare del biologico, per altro creato inizialmente con ottimi presupposti molto simili a quelle che possono essere le indicazioni teoriche della Policoltura MA PI di Pianesi. Siamo a conoscenza di un progetto ministeriale (progetto Bio-system) che coinvolge Enti e istituzioni universitarie oltre che diversi risicoltori, creato proprio per avvalorare certe pratiche più sostenibili a confronto (Stocchi system, copertura con telo pacciamante) per scegliere nuove pratiche sostenibili da sottoporre ai risicoltori bio nei prossimi anni. La Policoltura MaPi, che in risicoltura racchiude diverse pratiche, tra le quali la tecnica da noi ideata, è un metodo agricolo che si allontana dalle pratiche convenzionali dando spazio alla ricreazione dell’ambiente, all’autonomia del contadino, all’osservazione della natura per comprendere, come avveniva in passato, i modi e i tempi migliori per coltivare. I primi tentativi, devo essere sincero, non furono buoni, le risaie nei primi anni 2000 erano piene di erba, ma poi con il tempo e la determinazione si iniziarono a ottenere dei risultati. Le risaie iniziarono a riempirsi di riso.

Quali conseguenze ha il caso giudiziario sul vostro lavoro e su quello delle imprese risicole che scelgono il metodo MAPI?

Il caso giudiziario di Mario Pianesi, non intaccherà il nostro lavoro perchè la nostra attività è autonoma e ha in questi anni acquisito delle competenze e intrapreso una strada che non abbiamo intenzione di abbandonare. Dopo 18 anni la terra inizia a dare dei segnali di ritrovata fertilità con un abbassamento di ph, riusciamo a lavora e produrre senza bisogno di acquistare ammendanti e diserbi, molti sono gli interessati che desiderano comprendere e applicare il “metodo Stocchi” e la pratica Policolturale, per migliorarla e adattarla alle singole esigenze delle aziende distribuite nella pianura padana. Non posso parlare per le altre aziende che si sono avvicinate a questa proposta di coltivazione naturale in questi anni; ognuno farà liberamente le sue valutazioni e le scelte del caso.  Comunque non credo che l’eco mediatico sul caso Pianesi possa spostare o infangare un dato di fatto oggettivo: la possibilità di produzione di riso più naturale annullando le spese per l’acquisto e utilizzo di sostanze chimiche.

Quindi per voi non cambierà nulla?

Per quanto ci riguarda crediamo che la direzione sia quella giusta, negli scorsi anni abbiamo investito molto sull’ambiente con la creazione di filari a distanza di circa 10 m nelle risaie e la distribuzione di piante autoctone e da frutto su queste porzioni rialzate di terreno. Vi posso descrivere lo stupore delle persone che sempre più casualmente transitano nei nostri campi: le piante dentro la risaia? gli Stocchi sono diventati matti! Già lo eravamo quando seminavamo direttamente su un prato alto più del trattore. Ma noi si va avanti! Questo è il nostro tentativo di tradurre in pratica la Policoltura MaPi: un modello agricolo che mette d’accordo ambientalisti e contadini; permette una produzione di ossigeno e una produzione di cibo entrambi indispensabili alla nostra sopravvivenza.

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