Ritorno al futuro: il film cult di Robert Zemeckis potrebbe dare un titolo alla riunione convocata dal gruppo Rice Up a Mortara, questa sera. All’ordine del giorno ci sono due proposte: riesumare l’Igp Valle del Po e creare un database con cui gestire le semine. Proposte innovative al limite della temerarietà, ma anche proposte dal sapore antico. Particolarmente la prima: è un progetto abortito nel 2007 e consiste nel creare un grande ombrello sotto il quale proteggere dai ribassi la produzione nazionale di riso da interno. Carnaroli, Arborio e tutte le varietà più pregiate, coltivate entro un ampio bacino produttivo che potrebbe estendersi dal Piemonte al Delta del Po, godrebbero della protezione accordata al regime di qualità riconosciuto a livello europeo; i produttori di queste varietà dovrebbero seguire regole restrittive ma potrebbero contare su una valorizzazione normalmente preclusa commodities, drenare finanziamenti dai Psr e proporsi sul mercato con un’offerta di più alto valore aggiunto e dalle dimensioni, potenzialmente, ragguardevoli. La seconda proposta del gruppo è ancor più innovativa, perché consistere nel convincere i risicoltori a utilizzare un software per orientare le proprie semine secondo la domanda di mercato, ossia secondo le esigenze dell’industria, che da anni insiste sull’importanza di un corretto orientamento varietale. Le proposte saranno discusse da tecnici di vaglia e dai protagonisti del primo tentativo di Igp, che si esaurì dieci anni fa perché al Ministero dell’agricoltura si ritenne che la denominazione non aveva la necessaria storicità (non era riconosciuta dai consumatori) e caratteristiche distintive sul piano qualitativo, diversamente, ad esempio, dall’Igp Vialone Nano Veronese, che è stata riconosciuta e funziona.
Perché un dossier chiuso nel 2007 senza appello dovrebbe essere riaperto oggi? Perché c’è la crisi del riso e la politica fa di tutto per aiutare la risicoltura a sopravvivere. Lo fa la Lega, che attraverso l’europarlamentare Ciocca (non a caso ci si riunisce a Mortara) avrebbe portato Rice Up a colloquio con i poteri forti della Lombardia, cioè Umberto Bossi e l’assessore Gianni Fava. Lo fa il Pd che dal Piemonte esprime, per bocca dell’assessore all’agricoltura Giorgio Ferrero, la «piena condivisione della necessità di avviare un processo di valorizzazione del riso della Pianura Padana con un percorso che porti alla indicazione geografica protetta». Ferrero affianca da mesi il movimento di protesta #ildazioètratto, nel cui seno nasce Rice Up (che è guidato da Paolo Ghisoni ma stasera prenderà la parola anche lo speaker del movimento, Piero Actis) ed è convinto che etichettatura e denominazione siano la soluzione per non svilire più il prezzo del riso. Ma soprattutto è convinto che a fare la differenza rispetto al 2007 possa essere una mobilitazione imprenditoriale dei produttori (e trasformatori) di riso, che allora mancò. Proprio Ferrero, ieri, ha verificato a Roma che il Ministero delle politiche agricole (il capo della segreteria del ministro è il pavese Angelo Zucchi, PD) è disponibile ad accompagnare il comitato promotore della “nuova” Igp, fornendo il suo supporto tecnico, insieme all’Ente Nazionale Risi, che è organismo di controllo di Dop e Igp.
Insomma, tutto bene? Certamente, se ci intendiamo sul significato dell’operazione economico e sulla sua complessità giuridica. Questo secondo aspetto andrà affrontato superando gli scogli del 2007 e il fatto che un’Igp così ampia non deve collidere con la nascitura legge sul mercato interno, come abbiamo già spiegato nei giorni scorsi. Il nodo sono i tempi di un iter di registrazione e di sviluppo dell’Igp, che sono ovviamente più lunghi di quello che richiede la crisi del mercato del riso italiano. Ci possiamo consolare ricordando che il disciplinare dell’Igp, in teoria esiste già, come ha ricordato recentemente il presidente del primo comitato promotore, Andrea Desana (foto piccola): «Quindici anni fa, quando ero direttore della Coldiretti di Vercelli, avevamo studiato e registrato il disciplinare di produzione del “Riso Valle del Po”, un’Indicazione Geografica Protetta. Era stato sottoscritto da oltre venti associazioni ed enti territoriali di Piemonte e Lombardia, registrato da un notaio, inviato al Ministero delle Politiche Agricole. Il documento è ancora lì. Mai stato bocciato ma nemmeno approvato».