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RISAIE CONTRO IL DESERTO

da | 14 Gen 2014 | NEWS, Riso in cucina

terzsalepiccolaHa destato una certa curiosità la notizia del vescovo risicoltore. Per questo abbiamo deciso di presentarvi la sua azienda, che svolge un’importante funzione sociale ed ecologica. Iniziamo però col dire, a scanso di equivoci, che non è condotta personalmente da monsignor Nunzio Galantino, vescovo di Cassano sullo Jonio, in Calabria, e da pochi giorni segretario generale della Conferenza episcopale italiana, per volontà di papa Francesco. La diocesi di Cassano sullo Jonio possiede da tempo l’azienda agricola Terzeria, seicento ettari nei comuni di Cassano e Villapiana. Duecento sono coltivati a Karnak. “Siamo nella piana di Sibari, tra la Sila e il Pollino, dove l’acqua non manca – ci spiega l’amministratore delegato Eugenio Conforti – e facciamo dell’agricoltura un’attività di promozione sociale, perché abbiamo cura che i collaboratori siano in regola e lavorino con soddisfazione”. E’ la prima missione di quest’azienda, essendo di proprietà della Chiesa.

Giuridicamente la Terzeria appartiene a una società – presieduta da Maria Chiaramonte – controllata da una fondazione diocesana, che è presieduta dal vescovo. Originariamente, quest’azienda era della famiglia Rovitti, che l’ha donata alla Chiesa locale. Per decenni è stata condotta da affittuari. Nel 2005 la decisione di assumere la gestione, inizialmente diretta, quindi attraverso la fondazione e un management che ha razionalizzato le coltivazioni. Innanzi tutto cavolfiori: se ne producono ogni anno un milione e mezzo, su 50 ettari. Una produzione importante che prende la strada di Fano: la Terzeria è socia di una cooperativa marchigiana che li commercializza. Poi gli agrumi: 20 ettari di tardivi. E ancora: frutta e seminativi. Ma soprattutto riso: 200 ettari. Un investimento importante e in un certo senso obbligato. A partire dalla varietà. La scelta del Karnak, oltre ad alcuni vincoli agronomici – è adatto alle zone ventose, come la piana di Sibari, perché grazie alla sua taglia bassa non è incline all’allettamento – è dettata dal gusto dei calabresi: una parte del riso della Terzeria viene lavorato in loco e commercializzato come “riso di Sibari”, mentre il resto del raccolto prende la strada delle riserie del Nord Italia. I costi che ciò comporta inducono a puntare sulle varietà più remunerative, se non sul riso da seme. Non è una scelta esclusiva della Terzeria, la quale peraltro non è l’unica azienda risicola della zona, anche se è certamente una delle due più importanti: una seconda tenuta appartiene alle Generali, mentre gli altri sono piccoli produttori. Tutti insieme alimentano una filiera locale in crescita.

“Da noi il riso è una tradizione antica – spiega Conforti – arrivata dalla Sicilia con gli arabi, come dimostrano prove documentarie antecedenti al 1400, una coltura acclimatata qui prima ancora di diffondersi al Nord. Siamo alle propaggini del parco del Pollino e confiniamo con la zona umida della foce del Crati, a sud. Le risaie della Terzeria sono attraversate dal torrente Raganello, sulle cui sponde nidificano, tra l’altro, le cicogne. La nostra fortuna è quindi che in quest’area non manca l’acqua; ma pochi sanno che il riso svolge una funzione idrogeologica indispensabile per contrastare la desertificazione. Senza la risaia, la piana di Sibari non sarebbe come la vedete e il pericolo viene proprio dall’acqua”.

Il problema dei terreni da queste parti è il sale. Non tragga in inganno la vicinanza del mare: il sodio è presente in sedimenti alluvionali ubicati in profondità e che provengono dalle catene montuose circostanti, dove sono presenti anche antiche miniere di salgemma, come quelle di Lungro. Questo significa ovviamente che il riso viene coltivato su terreni fortemente alcalini, il che limita la resa (in media, -30%). Ma è anche una delle poche colture indicate: la sommersione delle risaie respinge infatti il sale in profondità, riequilibrando la falda. “La risicoltura a Sibari deve impegnarsi soprattutto su tre livelli: il controllo dei livelli dei nitrati in falda e negli orizzonti pedologici – spiega Conforti -,  la protezione del franco di coltivazione dall’orizzonte salino e ovviamente l’ottimizzazione della risorsa idrica, come dappertutto”. Al bando, pertanto, la coltivazione del riso in asciutta: la sommersione permette la protezione del franco di coltivazione in quanto contiene la falda freatica, che, altrimenti, risalendo capillarmente, innalzerebbe il tasso di sodio nell’orizzonte pedologico, incrementandone l’alcalinità e, di fatto, portando alla desertificazione”. Basta farsi un giretto in campagna per cogliere i segni di quest’assedio: il sale affiora letteralmente dai terreni, si raggruma nei solchi lasciati dai trattori, dove non è tenuto sotto controllo… brucia. L’abbandono dei terreni da queste parti è una doppia piaga: risorse in meno per la popolazione e impoverimento complessivo dell’ambiente. (Nella foto piccola, un effetto del sale sui terreni)

“Nella nostra azienda la preparazione e la gestione della coltura del riso avviene attraverso attrezzature e strumentazioni d’avanguardia a controllo satellitare: la precisione delle operazioni porta ad una perfetta regimazione del corpo idrico. In tal caso il fabbisogno irriguo è ridotto sia nello strato della bagnatura sia nella mera restituzione dell’evaporato. Infatti le vasche delle risaie sono state tutte perfettamente livellate con il controllo satellitare ed hanno  pendenza lievissima in modo tale da ridurre al minimo il livello e il consumo dell’acqua, a differenza di quanto avveniva in passato quando queste tecnologie non erano disponibili ed il fabbisogno idrico era per forza di cose consistente” spiega il manager. Quella che racconta, non dimentichiamolo, è anche una lotta quotidiana contro la natura e i suoi costi, che nel tempo ha alimentato usi agrari tradizionali: “da noi è diffusa la compartecipazione che non va confusa con il contoterzismo – sottolinea Conforti – e la presenza di quest’azienda sul territorio ionico è importante anche sul piano socio-economico”. Nella foto grande, le risaie della Terzeria. (14.01.14)

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