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PIU’ RISO CON MENO ACQUA

da | 11 Dic 2016 | NEWS

Perché investire per aumentare l’efficienza delle reti irrigue? La domanda è posta dagli esperti dell’Irri, l’Istituto Internazionale di ricerca sul riso con sede a Manila, nelle Filippine. Il tema rappresenta un grosso nodo da sciogliere, specie in Asia dove si coltiva il 90% del riso mondiale e dove la pressione dello sviluppo industriale e della presenza sempre più massiccia di aree urbanizzate si fa sentire in modo massiccio sulle aree agricole. Irri sottolinea la difficoltà di condividere le risorse idriche disponibili: in generale, in situazioni di scarsità di acqua le risorse vengono spostate dall’agricoltura verso i sistemu urbani, come accade a Manila, ma anche in altre città come Bandung in Indonesia, Bangokok e Chiang Mai in Tailandia e Hanoi in Vietnam. L’impiego agricolo viene generalmente considerato non efficiente dal punto di vista economico, poiché offre un ritorno inferiore rispetto ai settori non agricoli. Per questa ragione mentre esiste la necessità di coltivare più riso, e quindi di aumentare la superficie irrigata, gli agricoltori arrivano a sfruttare le acque sotterranee per avere maggiori disponibilità idriche. Poiché la disponibilità di acque superficiali si riduce, questo si traduce, durante le stagioni secche, nell’ingresso di acque saline in alcuni terreni agricoli, e a volte addirittura nella falda. Per questo occorre individuare strategie che consentano di produrre più riso con meno acqua, anche se questo non è il caso delle risaie italiane, dove gli usi plurimi della risorsa idrica consentono di non avere necessità di riduzione quantitativa degli impieghi, come ricorda anche il consorzio Est Sesia che gestisce un’area di oltre 210 mila ettari tra Piemonte e Lombardia.

A livello internazionale però il quadro è diverso: i risicoltori sono 144 milioni di famiglie, pari al 25% degli agricoltori mondiali; ricevono 880 chilometri cubi di acqua irrigua, pari al 35% del totale mondiale. «Se risparmiamo il 15% dell’acqua . afferma Bas Bouman, direddore del Global Rice Science Partnership – possiamo liberare più di 130 chilometri cubi, l’equivalente di  oltre 50 milioni di piscine olimpioniche. E’ sufficiente per rifornire un quarto della popolazione mondiale di acqua potabile in un anno». Irri in particolare prevede la necessità di individuare dei cosiddetti «hotspots», area dove esiste un grande potenziale per migliorare l’efficienza dell’utilizzo idrico. I passi che si possono compiere in questa direzione sono dunque l’individuazione, la mappatura, la caratterizzazione di queste zone, confrontare i dati già disponibili con le conoscenze locali, in combinazione con le immagini satellitari e le verifiche al suolo. Con queste informazioni si potrà decidere dove e come agire per puntare al risparmio idrico. Anche i dispositivi tecnologici aiutano a muoversi concretamente in questa direzione: Irri parla infatti del sistema AWD, ovvero l’alternanza tra bagnatura e asciutta. In questo caso si utilizza un tubo in Pvc perforato per misurare il livello di acque sotterranee. Così i risicoltori sono in grado di valutare se sommergere o meno la risaia. Un sistema semplice che consente di risparmiare fino al 30% di acqua: si sta infatti diffondendo in Cina, dove è già molto noto, ma anche in Bangladesh, Vietnam, India e nelle Filippine. Irri sta lavorando anche per migliorare i livelli di comunicazione tra i vari anelli della catena irrigua: attraverso una maggiore condivisione dei problemi e delle loro soluzioni è possibile arrivare ad un risparmio consistente dell’acqua.

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