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GLIFOSATE: DIMEZZATI I TEMPI DI SMALTIMENTO

da | 13 Ago 2016 | NEWS

glifosate

foto FlavioTorniamo sulla notizia della revoca dell’autorizzazione all’impiego ed al commercio di molti prodotti contenenti Glifosate e della modifica delle condizioni di impiego di questa sostanza attiva che ha suscitato grande interesse tra i lettori e numerose richieste di precisazioni. Ovviamente, la nostra analisi tiene in considerazione lo specifico interesse del risicoltore  e dell’agricoltore e pertanto osserva questo provvedimento in base all’impatto che potrà avere – e che necessariamente avrà – sul mondo agricolo, sia in termini di minore disponibilità di prodotti a base di Glifosate, sia in termini di accorgimenti nell’uso di tali prodotti.

Entrando dunque nel merito del decreto (che trovate in quest’articolo), l’ art. 1 introduce delle modifiche alle condizioni di impiego che riguardano prevalentemente gli utilizzi extra-agricoli, ma anche uno specifico tipo di impiego agricolo, introducendo il divieto dell’ uso in pre-raccolta. Procedendo con ordine, il primo comma dell’ art.1 prevede la revoca dell’impiego nelle “ aree frequentate dalla popolazione o dai gruppi vulnerabili di cui all’articolo 15, comma 2, lettera a ) decreto legislativo n. 150/2012” di seguito individuate come “…parchi, giardini,campi sportivi e aree ricreative, cortili e aree verdi all’interno di plessi scolastici, aree gioco per bambini e aree adiacenti alle strutture sanitarie” . La norma (che forse creerà qualche problema di manutenzione del verde pubblico) appare quindi riferita ad usi non agricoli, anche se pare opportuno richiamare la massima attenzione nel caso di utilizzo in ambito agricolo della molecola in zone adiacenti alle aree frequentate dalla popolazione (per esempio parcheggi cimiteriali o piste ciclabili) per evitare ogni rischio di controversia legale per contaminazioni vere o presunte.

Sempre con riferimento agli impieghi extra-agricoli il terzo comma dell’art.1 dispone l’inserimento in etichetta della frase: “divieto, ai fini della protezione delle acque sotterranee, dell’uso non agricolo su: suoli contenenti una percentuale di sabbia superiore all’80%; aree vulnerabili e zone di rispetto, di cui all’art.93, comma 1 e all’art.94, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152”. La prescrizione sembrerebbe tecnicamente corretta e giustificata dal fatto che Glifosate presenta valori di KoC e GUS (parametri scientifici piuttosto complessi che indicano in estrema sintesi la più o meno spiccata mobilità della molecola nel suolo) tali da far ritenere questa sostanza attiva poco mobile e dilavabile se a contatto con i colloidi del terreno. Viceversa se applicata su substrati poveri di colloidi o tendenzialmente “inerti” (quali massicciate ferroviarie, bordi stradali e vialetti inghiaiati, come purtroppo è accaduto nell’ uso piuttosto “disinvolto” attuato da alcuni utilizzatori “pubblici”), la molecola presenta effettivi rischi di percolazione o dilavamento con conseguente contaminazione dei corpi idrici superficiali o profondi.

Il secondo comma dell’art.1 introduce invece un divieto di utilizzo in ambito agricolo, vietando l’ impiego di Glifosate in pre-raccolta “al solo scopo di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura”. L’ uso del Glifosate come disseccante e “maturante” soprattuto dei cereali a paglia, iniziato in Scozia negli anni ’80 del XX secolo, pare essere diffuso in Nord America e in Europa centro-orientale, zone in cui per ragioni climatiche non sempre si ottiene un’umidità alla raccolta idonea alla conservazione di orzo e frumento in particolare. Il rinvenimento di residui di Glifosate in alcune birre di produzione tedesca, ampiamente riferito dalla stampa, potrebbe essere riconducibile all’impiego di materie prime prodotte utilizzando questa tecnica. L’ uso di Glifosate per questo scopo era stato autorizzato in Italia, limitatamente ad un formulato commerciale e solo su grano e orzo, con DM 14737 del novembre 2012, che ora dovrebbe essere di fatto abrogato.

Senza entrare nel merito delle recenti polemiche sull’ andamento del mercato dei cereali, è appena il caso di osservare che il Reg. UE 2016/1313 ed il conseguente Decreto del nostro Ministero vietano questa pratica in ambito comunitario e nazionale, ma non l’importazione da Paesi extra UE di prodotti agricoli ed alimentari ottenuti utilizzando Glifosate con questa modalità oppure, ancor più diffusamente, come erbicida nelle coltivazioni OGM ingegnerizzate con gene di resistenza a questa sostanza attiva. (A questo proposito, la Coldiretti nazionale, dopo che risoitaliano.eu aveva dato la notizia del decreto, ha emesso un comunicato stampa in cui afferma: «Con questa scelta l’Italia si conferma all’avanguardia in Europa e nel mondo nelle politiche rivolte alla sicurezza alimentare ed ambientale ma non siamo all’altezza nella difesa dei cittadini se non verranno bloccate le importazioni dai Paesi che continuano ad utilizzare il glifosate in preraccolta»; ndr)

L’ impatto più significativo del provvedimento per quanto riguarda il settore agricolo sembra tuttavia contenuto nell’ art.2 del Decreto Ministeriale che, conformemente a quanto disposto dalla legislazione comunitaria sovraordinata (il citato Reg. 2016/1313), ordina la revoca della “autorizzazione all’immissione in commercio ed impiego dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosate ed il coformulante ammina di sego polietossilata (n. CAS 61791-26-2)”. In effetti, come si legge nel Regolamento comunitario, l’ EFSA “ha ritenuto che una probabile spiegazione dei dati medici negli esseri umani per quanto riguarda i prodotti fitosanitari contenenti glifosato è che la tossicità deriva soprattutto dalla componente ammina di sego polietossilata nella formulazione”.

pitto2Il conseguente divieto di utilizzo ed immissione in commercio dei prodotti contenenti il coformulante ritenuto pericoloso per l salute umana comporta la revoca di ben 84 formulati commerciali registrati in Italia e dettagliatamente citati nell’ allegato al Decreto del Ministero della Salute. Si tratta prevalentemente di prodotti cosiddetti “generici” di costo relativamente contenuto. Per chi non volesse scorrere l’elenco dei prodotti vietati si può dire che in linea di massima sono revocati i formulati commerciali che recano in etichetta un pittogramma di pericolo secondo la normativa CLP (rombo rosso con scritta nera su fondo bianco).

pitto3Per chi avesse ancora in circolazione prodotti etichettati secondo la vecchia e più permissiva normativa DPD,  oltre a quelli che recano in etichetta il pittogramma di pericolo (scritta nera su fondo arancio) sono proibiti anche i formulati con la semplice dicitura “Attenzione:manipolare con prudenza”. Da un’indagine su un database elettronico dei prodotti fitosanitari risulterebbero esclusi dalla revoca una ventina di formulati commerciali, di cui due contengono Glifosate in miscela con altre sostanze attive, ed un paio hanno registrazione solo come PPO per uso “garden”.

Tra i circa quindici formulati commerciali che rimangono autorizzati per uso agricolo ne spiccano tre appartenenti al catalogo della nota multinazionale titolare del brevetto di Glifosate da tempo scaduto, che sembrerebbe ottenere “ope legis” un significativo ridimensionamento dei potenziali concorrenti commerciali. Ridimensionamento che probabilmente non configura quella posizione “monopolistica”  ingiustificatamente  ipotizzata  da alcuni “ambientalisti” fautori di un bando al Glifosate fondato su basi piuttosto “ideologiche”, ma che certamente avrà un qualche impatto sul mercato probabilmente non positivo per le tasche degli agricoltori.

Fin qui, tuttavia, il Decreto Ministeriale applica in maniera abbastanza letterale il dettato del Regolamento comunitario 2016/1313. Dove il nostro Ministero della Salute fa di sua iniziativa è nel secondo comma dell’ art. 2, in cui definisce modalità e tempi di commercializzazione ed impiego delle scorte giacenti e su quel piano la situazione diventa complicata e discutibile. Come abbiamo già evidenziato, non si capisce come , a chi ed in che modo si applichi la procedura di “previa rietichettatura” che sembrerebbe propedeutica allo smaltimento delle giacenze: chi scrive ha chiesto ad altri valenti colleghi agronomi di interpretare la norma, ma senza giungere ad una conclusione su una enunciazione alquanto criptica.

Infine si osserva una discrepanza tra il testo del Reg. UE 2016/1313 e quello del Decreto in ordine alle tempistiche di utilizzo delle giacenze, su cui il regolamento comunitario non dice nulla. Il nostro Ministero invece indica 3 mesi per i produttori e distributori e 6 mesi per gli utilizzatori finali, in luogo dei 6 e 12 mesi rispettivamente previsti da una prassi consolidata. La differenza non è di poco conto poiché, come rilevavo nell’articolo di ieri, le condizioni tecniche per l’impiego del Glifosate richiedono la presenza di infestanti in piena attività vegetativa e di temperature adeguate. Condizioni che si possono realizzare ancora per pochissime settimane, e non certo a febbraio 2017, termine teorico ma non reale per l’utilizzo delle eventuali giacenze. Un dato di fatto, determinato da una strana fretta del Ministero nel “liberarsi” delle scorte giacenti, che potrebbe creare qualche problema gestionale a qualche azienda agricola. Autore: Flavio Barozzi, dottore agronomo – flavio.barozzi@odaf.mi.it

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