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SOMMERSIONE E ASCIUTTA A CONFRONTO

da | 9 Set 2019 | Tecnica

Ecco cosa hanno spiegato i tecnici dell’Ente Nazionale Risi agli agronomi di SAL e ODAF Milano durante la visita del 5 settembre.

I problemi dell’irrigazione turnata

« I nostri territori risicoli non utilizzano l’acqua alla fine del suo ciclo come accade in Spagna, Francia, Grecia e Portogallo, dove hanno problemi di salinità ma, deriva dai ghiacciai, immagazzinata prima nel lago Maggiore e successivamente più a valle dalla risicoltura del nord-ovest, la quale restituisce l’acqua al bacino del fiume Po nei periodi successivi – ha spiegato Marco Romani, Responsabile settore agronomia -. Bisogna considerare quindi come sprechi quelli che non vengono più immessi nel ciclo naturale delle acque. In una sperimentazione che abbiamo condotto qui al Crr-Enr, dove sono state confrontate sia la semina tradizionale in acqua e sommersione continua con la semina interrata (un mese di utilizzo dell’acqua in meno), con una coltura completamente asciutta e irrigata a turni un po’ più frequenti, si è riscontrato (al netto del ricircolo delle uscite), un consumo complessivo di acqua nel sistema tradizionale che è di circa 43000 metri cubi ad ettaro; la semina interrata ne utilizza 10000 in meno; il sistema ad irrigazione turnata apporta un dimezzamento dell’utilizzo della risorsa idrica, del quale tuttavia circa 4000 metri cubi vengono persi per evapotraspirazione. Quindi dobbiamo considerare questi 12/15000 metri cubi ad ettaro utilizzati dalla risicoltura come in gran parte stoccati nel periodo da maggio ad agosto nel nostro territorio, sopra e sotto nella falda freatica, che a sua volta la restituisce a partire da inizio agosto fino alla fine della stagione colturale.  Altra problematica per il riso ad irrigazione turnata è la produttività (circa 30% in meno), terreni che diventano molto duri per il ciclo, maggiore suscettibilità alle malattie e difficoltà nel controllo delle malerbe».

Sommersione ed emissioni di metano

Dal punto di vista ambientale  abbiamo visto qual è l’impatto circa l’utilizzo della risorsa idrica sui processi di mitigazione delle emissioni dei gas ad effetto serra (CH4, protossido di azoto e nitrati): «spostandoci verso un’irrigazione a gestione turnata incominciamo a vedere qualche concentrazione di nitrato nella soluzione circolante in approfondimento della falda, tematica che per la risicoltura tradizionale non rappresenta una problematica di tipo ambientale. Effettivamente la risaia gestita con sommersione continua ha un potenziale emissivo in termini di metano decisamente superiore a tutte le colture d’asciutta: il protossido d’azoto aumenta, è un gas che si forma quando si alternano i cicli asciutto (che produce nitrato) / sommerso. Comunque la gestione in sommersione continua ha un effetto clima alterante decisamente superiore.  Stiamo cercando delle forme che mitigano l’emissione ma che siano sostenibili produttivo» conclude Romani.

I passi della genetica

« La risicoltura italiana ha sempre avuto come esigenza prioritaria la ricerca di nuove varietà più rispondenti alle richieste sia colturali sia del mercato – ha detto invece Filip Haxhari, genetista e Dirigente del Dipartimento miglioramento genetico del Crr-Enr -. Le ragioni che nel corso degli anni hanno determinato questa necessità hanno riguardato soprattutto l’incremento della capacità produttiva, la resistenza alle malattie (in particolar modo al brusone), la riduzione della durata del ciclo colturale, la riduzione della taglia (per migliorare il comportamento nei confronti dell’allettamento) e più recentemente gli aspetti merceologici e qualitativi del prodotto.  Il miglioramento genetico del riso in Italia ha una storia molto ben definita e ricca di eventi: tra le molteplici attività inerenti il miglioramento genetico del riso, senza dubbio la pratica dell’importazione di varietà dai Paesi esteri ha rappresentato la prima via a essere esplorata. A indirizzare il miglioramento genetico in questo senso, furono fondamentali, nella prima metà del XIX secolo, le epidemie di brusone, causato dal fungo Pyricularia grisea (oryzae). Per riparare al preoccupante flagello, i tecnici, gli agricoltori, gli organismi provinciali e lo stesso Ministero dell’Agricoltura compresero la necessità di importare e tentare di acclimatare nuovi risi dall’Oriente che fossero di aiuto per l’Italia. Analogamente a quanto avviene per altre colture, il riso è meno produttivo nei suoi centri di origine rispetto ad altre aree di coltivazione. Questo fatto sembra dipendere dai fattori ambientali limitanti (stress biotici e abiotici) e alla minore disponibilità ad aggiornare i sistemi colturali e/o introdurre nuove tecniche. Un altro aspetto importante è che le varietà locali sono sovente dotate di un portamento vegetativo più vigoroso con un’elevata capacità competitiva intra e interspecifica. Qualora si intervenisse sulle varietà locali, si dovrebbe tener conto di questa competitività intrinseca da mantenere durante il processo di selezione verso una maggiore produttività. Questo fatto rende il miglioramento genetico del riso nelle zone del Sud-Est asiatico più complesso e difficoltoso di quanto non lo sia per il riso delle aree temperate, soprattutto per le aree risicole occidentali, dove l’intervento dell’agrotecnica rende la situazione colturale ottimale per la pianta. Nelle aree tropicali il miglioramento genetico deve combinare contemporaneamente resistenze a stress di varia natura, mentre negli ambienti più favorevoli con intensità luminosa elevata, dove vengono utilizzate agrotecniche avanzate, il miglioramento genetico può essere rivolto al miglioramento della resa produttiva, alla resistenza all’allettamento, alla risposta nei confronti della concimazione azotata, alla qualità del granello».

Le attività del Laboratorio merceologico

La visita è continuata all’interno del Laboratorio Chimico Merceologico, guidata dal responsabile del dipartimento, Mauro Cornegna.L’attività del LCM è quella di effettuare analisi chimiche e fisiche su riso (greggio, semigreggio o lavorato) e dei suoi sottoprodotti, della pianta o dei prodotti da essi derivati. Le analisi sono effettuate sia per terzi (Clienti esterni) che per la struttura dell’Ente Nazionale Risi (ENR). Tra quelle di maggior interesse vengono svolte: analisi merceologiche su riso commerciale (difetti, varietà, biometrie, cristallinità, tipo di perla, massa 1000 chicchi, peso netto, fessurazioni, grado di bianco); analisi merceologiche su riso cotto (consistenza, collosità, aroma, tempo di gelatinizzazione, sostanze perse, incremento di massa, lunghezza e larghezza dei grani cotti, odori estranei; analisi chimico-nutrizionali su riso lavorato ed integrale (amilosio, lipidi, proteine, umidità, ceneri); analisi in tracce su riso (metalli pesanti tossici: Cadmio, Piombo, Arsenico totale e Arsenico inorganico). Autore: Martina Fasani

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