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ZOLFO EFFICACE CONTRO IL BRUSONE

da | 13 Gen 2019 | Tecnica

diserbo

Numerosi sono i fattori che favoriscono l’infezione e lo sviluppo del brusone del riso: condizioni pedo-climatiche, concimazione e gestione dell’acqua, come spiega la Relazione2018 dell’Ente Nazionale Risi. La scelta di varietà resistenti è senz’altro una strategia utile a limitare il problema, tuttavia la risicoltura italiana è caratterizzata dalla coltivazione di varietà destinate al mercato interno, che risultato molto suscettibili agli attacchi di Pyricularia oryzae. Pertanto – spiegano i tecnici – l’intervento con trattamenti fungicidi risulta fondamentale sia per proteggere tali varietà, sia per limitare i danni alle varietà resistenti nelle annate particolarmente favorevoli allo sviluppo della patologia, garantendo così produzioni elevate e maggiori margini economici. 

Una campagna pericolosa

Per quanto riguarda la campagna agraria 2018, essa è stata caratterizzata da condizioni climatiche favorevoli agli attacchi di Pyri- cularia oryzae, con manifestazione di sintomi molto precoci sulla foglia seguiti da severi attacchi di mal del collo. Tali condizioni hanno reso necessario l’intervento con prodotti fungicidi, in modo particolare per le varietà più suscettibili. «I prodotti registrati a disposizione per proteggere la coltura dagli attacchi fungini sono oggi piuttosto limitati e appartengono per la maggior parte al gruppo chimico delle strobilurine. Per quanto siano efficaci nel controllare le patologie fungine e siano dotate di traslocazione translaminare e in alcuni casi sistemica, tali molecole sono caratterizzate da un elevato rischio di sviluppo di resistenza da parte del patogeno, fortunatamente al momento non ancora registrate in Italia» avvisa l’Ente Risi. 

Test su Thiopron

Aggiungendo che «i prodotti fungicidi a disposizione necessitano di una valutazione in differenti areali di coltivazione e con diverse varietà, in modo da rilasciare pronte indicazioni sulla loro efficacia. Per questo motivo anche nel 2018 il SAT ha eseguito prove sul territorio utilizzando diversi protocolli con i prodotti registrati sulla coltivazione, nel rispetto delle limitazioni di utilizzo emanate dalle singole Regioni». Uno dei prodotti testati è il Thiopron, una sospensione concentrata di 825 g/L di zolfo puro (esente da selenio). Il potere anticrittogamico dello zolfo è in funzione della temperatura, della finezza delle particelle e dell’umidità relativa. «Grazie alla sua azione lo zolfo, dopo essere penetrato nel protoplasma cellulare, porta la sua azione sul sistema enzimatico della produzione di acido solfidrico al posto dell’acqua e, quindi, la morte del fungo è dovuta essenzialmente alla deficienza idrica» spiega l’Ente Risi.

Il meccanismo d’azione

Thiopron è caratterizzato dalla omogeneità delle particelle di zolfo pari a 1,2μm che ne migliorano l’efficacia e la selettività. La presenza di un agente adesivante fa sì che sia meno soggetto al dilavamento causato dalle piogge, allungandone la persistenza. È stato concesso su riso per il 2018 con etichetta autorizzata con Decreto Dirigenziale del 9 luglio 2018, che ne ha consentito l’uso fino al 5 novembre 2018. «Si possono effettuare fino ad un massimo di 3 applicazioni, nella fase compresa tra la formazione del panicolo (BBCH30) e lo sviluppo delle cariossidi (BBCH77), in funzione del ciclo epidemiologico del patogeno e delle strategie di difesa adottate. Il prodotto può essere utilizzato da solo o in miscela con altri fungicidi. Anche per il 2018 il SAT ha eseguito numerose prove sul territorio prevedendo 3 protocolli, per verificare il valore aggiunto di Thiopron nelle miscele, così come si era evidenziato nel 2017. Tutte le tesi a confronto sono state eseguite con le medesime tempistiche di applicazione, condizioni pedoclimatiche e della coltivazione. 

Il valore aggiunto

Secondo le prove, «in quasi tutte le località in cui si sono verificati attacchi del patogeno, Thiopron ha sempre dato un valore aggiunto al prodotto cui era miscelato sia quando effettuato un unico passaggio sia con 2 passaggi, rispetto agli stessi trattamenti senza zolfo. Nelle località in cui non sono state rilevate differenze tra le tesi, i tecnici hanno segnalato assenza o scarsa presenza della malattia, oppure attacchi molto tardivi rispetto alla distribuzione dei prodotti. Molto evidente anche il miglior contenimento della malattia dove utilizzato in miscela nel primo passaggio e seguito da un secondo passaggio da solo, a confronto delle tesi aziendali in cui non è stato distribuito. Da segnalare che in tutte le tesi in cui era presente Thiopron si è evidenziato un maggiore “stay green” della coltura». 

Test su Flint

Meno convincenti i risultati delle prove con il Flint, fungicida mesostemico appartenente al gruppo 11 (FRAC), che contiene la sostanza attiva trifloxystrobin, principio attivo appartenente alla famiglia delle strobilurine, sostanze chimiche di sintesi derivanti da un metabolita prodotto dal fungo Strobilurus tenacellus. «Il meccanismo d’azione è mitocondriale, inibisce la catena respiratoria e di conseguenza blocca la produzione di ATP nel patogeno. La molecola, altamente lipofila, si fissa allo strato ceroso della foglia e agisce mesostemicamente. Flint va impiegato alla dose di 0,25 kg/ha ed è consentita una sola applicazione per anno. I trattamenti devono essere preventivi tra inizio formazione pannocchia e prefioritura, in relazione alla coltivazione ed al rischio di infezione» spiegano i tecnici che hanno confrontato Flint e  azoxystrobin. «Nei doppi passaggi si è osservato come a Confienza (PV) e Castelnovetto (PV), zone in cui il brusone ha avuto incidenza tardiva, si sia leggermente differenziata in meglio la strategia con Flint nel secondo intervento; in tutte le altre zone i risultati sono simili. Nei passaggi unici si è visto che a Rovasenda (VC) Flint ha avuto un contenimento leggermente inferiore della patologia, mentre a Bianzè (VC) è risultato l’opposto: probabilmente a Rovasenda l’attacco al collo della malattia (bollettino BRUMA) ha coinciso con la data di intervento, confermando che la modalità di traslocazione di trifloxystrobin è leggermente più lenta di azoxystrobin. In tutte le altre prove i risultati sono del tutto paragonabili ad azoxystrobin». 

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