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«LA BUROCRAZIA NON SIAMO NOI»

da | 8 Dic 2020 | Non solo riso

Riusciranno i nostri eroi a invertire la tendenza di prezzi alla produzione che fanno fare sempre più salti mortali alle aziende agricole?  Al di là della italica tendenza a produrre “eroi” usa e getta, che servono di solito come strumenti più che come obiettivo, per i sindacati agricoli, detti anche associazione di categoria, sono tempi duri, compressi tra agricoltori sempre più scontenti della loro scarsa capacità di influire sulle scelte di micro e macro economia e un mondo della grande distribuzione che riesce a dettare legge sempre e comunque. Persino alla grande, e non grande, industria agroalimentare.

Un male comune a tutti i settori, non certo solo al riso, che non riesce a diventare mezzo gaudio perché mai come oggi i risicoltori sentirebbero la voglia di qualche alternativa praticabile. E invece lo scivolone dalla padella alla brace sembra inevitabile. Un percorso a ostacoli su cui si è cimentato un agricoltore anomalo, Carlo Murelli, finito per una combinazione della vita, nel 2010, al ruolo di presidente provinciale di un sindacato agricolo, la Confederazione italiana agricoltori, pur senza essere mai stato un agricoltore a tutto tondo.

Chi è Carlo Murelli

«Sono laureato in Scienze politiche – racconta  Carlo Murelli – e ho lavorato principalmente nelle ferrovie dello Stato. Ma la mia famiglia possiede un’azienda agricola a Ghiaie di Corana, in provincia di Pavia, dove collaboravo sin da bambino, e così mi sono trovato a interessarmi della triste vicenda delle quote di produzione di barbabietole e della chiusura degli zuccherifici. Così dal sindacato di prodotto sono arrivato per gravità al sindacato agricolo e francamente non riesco a condividere certe posizioni critiche a prescindere».

E se si pensa che Ghiaie è la capitale indiscussa di una delle leggendarie tre “P” di Voghera, i peperoni, si capisce subito che l’esperienza di vita di Morelli è di quelle significative, in un mondo in cui è cambiato tutto. Perché a Ghiaie gli agricoltore vivevano conferendo a un mercato agricolo vogherese che oggi non esiste neppure più, mentre nell’agroalimentare, tutto, oggi si sopravvive facendo riferimento soltanto alle piattaforme della grande distribuzione. (Segue dopo la foto)

 

Morelli accusa la burocrazia

«La maggiore critica alle associazioni agricole – aggiunge  Carlo Murelli – riguarda il peso soffocante della burocrazia. Un problema oggettivamente gravissimo. Le aziende agricole sono costrette a ottemperare a una serie innumerevole di adempimenti  burocratici e non manca chi interpreta questa situazione come un vantaggio per le associazioni agricole, che incassano denaro per svolgere queste incombenze. Nulla di più falso. In realtà le associazioni sono un filtro tra agricoltori e istituzioni, che non svolgono ruoli che demandano ad altri. In pratica il sindacato agricolo non fa altro che occuparsi di pratiche richieste dalla funzione pubblica, attraverso i centri di assistenza agricola. Questa cosiddetta sussidiarietà è certamente una fonte di reddito per le associazioni, ma l’alternativa sarebbe un ulteriore peso di pratiche per le aziende. Il rimedio? Snellire la burocrazia. Pensiamo solo alla complessità delle pratiche per l’assegnazione del gasolio agricolo, o per la circolazione di attrezzi agricoli fuori sagoma. E oggi gli attrezzi fuori sagoma sono quasi la totalità».

Forse basterebbe che qualche funzionario di lungo corso del ministero delle Politiche agricole provasse a fotocopiare le normative vigenti in nazioni dove la burocrazia è uno sbiadito ricordo. Ma dato che il problema esiste da mezzo secolo, le speranza che cambi qualcosa sono almeno poche.

“Determinare il prezzo dei generi alimentari è un altro problema”

«Un altro problema – spiega  Carlo Murelli – riguarda la difficoltà del mondo agricolo di incidere nella determinazione del prezzo dei generi alimentari. Oggi la grande distribuzione è una componente determinante, spesso anche nei confronti dell’industria agroalimentare, tanto che capita che agricoltori e industria non siano controparti, ma alleati nel difendersi delle scelte della grande distribuzione. L’unica via d’uscita, a mio avviso, è portare avanti una reale politica di filiera, cioè creare modelli di filiera che consentano meccanismi che leghino i consumi alla produzione nazionale. Aggiungendo in  questo problema il vero disastro della globalizzazione».

Ma il modello di filiera porta in un altro ginepraio, perché se nel caso del mais prezzi alti alla produzione non possono certo “eccitare” le aziende impegnate nell’allevamento, nel caso del riso permane la storica difficoltà a programmare le diverse varietà in funzione del consumo. Perché un anno vede i tondi in eccesso e l’altro deve scontare la difficoltà a reperirli sul mercato. Tanto che una filiera che funzioni diventa solo un miraggio, un po’ per le oggettive difficoltà e un po’ per gli interessi allargati a istituzioni sovranazionali. Leggasi mercato globale, che di mercato non ha granché. 

L’ultimo problema da affrontare secondo Morelli

Ma da personaggio “prestato” all’associazionismo agricolo, Carlo Morelli non si sente di gettare la croce addosso alla triplice sindacale. «Le tre maggiori associazioni agricole – chiarisce Carlo Murelli – hanno strutture diverse. La Coldiretti ha rivolto la sua attenzione più al mondo dei consumatori, ma dobbiamo sempre ricordare che le associazioni agricole sono di fatto gli agricoltori. I meriti e le colpe del sindacato agricolo sono meriti e colpe di agricoltori che si impegnano a favore degli agricoltori. Dunque da una parte le associazioni è giusto che mantengano molto attivo un rapporto con la base, ma dall’altra gli agricoltori devono convincersi di un loro maggiore impegno, in prima persona, nella loro associazione, dove ci sono grandi spazi per portare il proprio contributo e le proprie idee».

Dunque per gli agricoltori meno abitudine a delegare e maggiore interesse ad esserci, perché l’agricoltura del domani abbia sempre di più i connotati che gli agricoltori scelgono di assegnarle. E qui spunta l’ultimo problema che Carlo Murelli evidenzia: l’individualità. Perché troppo spesso gli agricoltori considerano tempo perso quello non trascorso sul trattore, tanto che la partecipazione al mondo dell’associazionismo è un fatto quasi sporadico. «Ciò fa sopravvivere l’agricoltura quando i prezzi alla produzione sono disastrosi, come accade oggi – termina Murelli – perché in campagna si abbassa la testa e si stringe la cinghia. Ma anche un fatto che impedisce di mettere a punto strategie per cambiare le cose». Autore: Giovanni Rossi

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