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IL MERCATO DEI MOLTIPLICATORI

da | 8 Nov 2022 | NEWS

seme

Con i bollettini di novembre si entra, nella maggior parte dei contratti di moltiplicazione, nel periodo di valutazione del risone valido per il calcolo della media (che termina solitamente a marzo/aprile). A questa è successivamente aggiunto un premio al quintale. (Parliamo di rese?) Il premio è concordato tra moltiplicatore e ditta sementiera.

IL MERCATO DEI MOLTIPLICATORI

Questa modalità di retribuzione permette ai risicoltori di subire meno l’elevata volatilità del mercato del risone ma presenta diversi rischi per l’agricoltore, che deve far fronte in precedenza a costi maggiori rispetto alla produzione alimentare, disporre di magazzini per tutto il risone certificato come semente ed avere una gestione finanziaria rigida. Vendendo riso da seme si deve accettare che il ritiro non sia garantito dalle ditte sementiere, avvenga non prima dell’inverno e porti ad un pagamento che, seppur spesso premiante rispetto al mercato, solitamente si fa attendere fino a fine primavera, quando la maggior parte delle spese per la campagna successiva sono già avvenute.

«SI QUOTINO I RISI PIGMENTATI E AROMATICI»

Queste annose problematiche sono ormai accettate dalla maggioranza di chi sceglie di dedicare in parte o in toto la propria azienda alla moltiplicazione. Negli ultimi tempi, però, ne sono sorte di nuove, come ci spiega il moltiplicatore Giuliano Compagnin, che afferma: «Il primo tema che ritengo importante da portare all’attenzione di tutti è la necessità di una quotazione a bollettino anche dei risi pigmentati ed aromatici. Essi sono sempre più diffusi nella produzione e, di conseguenza, anche nella moltiplicazione, per questo ritengo che un riferimento univoco per questo segmento di mercato sia necessario per la trasparenza di entrambi i mercati nei confronti dei produttori. Trovo incredibile che ogni singola varietà di questi comparti merceologici, seppur in molti casi simile ad altre, abbia un trattamento diverso legato ad un contratto di filiera non pubblico».

«Sì  ALL’OBBLIGO PER L’ACCOPPIATO»

«Altro tema d’attualità – prosegue Compagnin –  è l’interesse di Bruxelles nel rendere obbligatorio l’uso di semente certificata nella produzione di seminativi per ottenere il riconoscimento del pagamento accoppiato. Ritengo che questa sia una misura importante, non solo in quanto sementiero ma in generale in quanto risicoltore. Inserirei la misura però gradualmente in modo da permettere al sistema di adattarsi.

La superficie destinata alla moltiplicazione oggi potrebbe rischiare di non garantire tutta la produzione necessaria subito, considerando anche la variabilità della richiesta in quanto a varietà. Per questo, impostare un obbligo graduale di utilizzo di materiale certificato, in percentuale sulla superficie coltivata, permetterebbe ad alcune aziende di inserirsi in modo razionale e non forzato nella produzione di semente ed a tutte le altre di adattarsi in modo più agevole alle nuove direttive».

«LA SEMENTE CERTIFICATA CONVIENE»

«Molti colleghi si lamentano del costo elevato della semente rispetto al risone ma bisogna considerare tutte le voci di costo delle ditte, come personale, costi energetici e delle materie prime utilizzate oltre al riso. È  evidente che dal mucchio in azienda o dal vicino/parente/conoscente che “lo ha pulito” costa la metà, tuttavia l’incidenza economica positiva dell’utilizzo di semente certificata si nota maggiormente nel lungo periodo».

«Bisogna considerare il calo produttivo causato dalla minor germinabilità e dalla maggior incidenza di diversi tipi di avversità. Oltre alle infestanti ed alle infezioni fungine, infatti, si rischia anche di incorrere nello sviluppo di popolazioni di nematodi, sempre più diffusi e che rendono il terreno improduttivo. Questi eventi non sempre sono visibili dal primo utilizzo di semente di reimpiego ma la loro probabilità ed intensità di incidenza aumenta moltissimo con questa pratica».

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