Si trova ad Oristano l’unica industria sarda di lavorazione del riso che resiste ai big nazionali. Ogni sardo mangia circa 2,7 chili di riso all’anno. Meno della met rispetto ai 6 chili della media nazionale e nulla in confronto a quei dieci pro capite che invece finiscono nelle cucine di Novara, Vercelli, Pavia, Milano o nel Veneto. Una piazza minore dove per va spedita e cresce da tre generazioni la storica azienda di trasformazione e commercializzazione, Riso della Sardegna. In breve, il 50 per cento del prodotto acquistato nei market, alimantari eccetera. Il patron, Cesello Putzu, che ha lo stesso nome del nonno che nel lontano 1951 fond l’azienda, recentemente ha dichiarato: ®Le scommesse sulle oscillazioni dei prezzi e le speculazioni borsistiche del settore alimentare mai come quest’anno hanno avuto un effetto moltiplicatore sulla situazione mondiale. Un terreno gi instabile dopo il blocco delle esportazioni da parte dei paesi dell’Oriente, grossi produttori¯. Le prime battute del mercato annata 2008-2009 si sono avute in questi giorni. ®Si parte gi alti, da dove ci eravamo fermati prima delle ferie¯ dice l’imprenditore. Prezzi che tengono bene per l’agricoltore ma che, naturalmente, si ripercuotono sulle tasche del consumatore. Rispetto agli aumenti del 30 per cento fissati dai colossi nazionali, il riso sardo -analizza l’Unione Sarda- si assesta su un 20-25 per cento. Riso della Sardegna lo scorso anno ha fatturato 3,5 milioni di euro lavorando e commercializzando 20 mila quintali. Di questi, un 40 per cento di parboiled.
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Rimosso il blocco per cause meteo