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PIOVONO ETICHETTE

da | 17 Set 2017 | Uncategorized

Martina torna a sfidare l’Europa: il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha infatti reso noto che il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il decreto legislativo che reintroduce l’obbligo di indicare lo stabilimento di produzione o confezionamento in etichetta. Il provvedimento prevede un periodo transitorio di 180 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per lo smaltimento delle etichette già stampate.

L’obbligo era già sancito dalla legge italiana, ma è stato abrogato in seguito al riordino della normativa europea in materia di etichettatura alimentare, nel 2012. «L’Italia ha stabilito la sua reintroduzione al fine di garantire, oltre che una corretta e completa informazione al consumatore, una migliore e immediata rintracciabilità degli alimenti da parte degli organi di controllo e, di conseguenza, una più efficace tutela della salute» recita una nota ministeriale che precisa come la legge di delega affidi la competenza per il controllo del rispetto della norma e l’applicazione delle eventuali sanzioni all’Ispettorato repressione frodi (ICQRF). In realtà, questo decreto come quello sull’etichettatura si pone in rotta di collisione con la normativa europea ed esporrebbe il nostro Paese a una procedura d’infrazione, tant’è vero che subito dopo l’annuncio del Ministro è iniziata a circolare la voce di un nuovo passaggio in Consiglio dei ministri: tra il Ministero delle politiche agricole e quello dello Sviluppo economico non c’è unità di vedute su questo provvedimento e forse neppure sulla “linea dura” di Martina.

Nel merito, ribadiamo ciò che avevamo scritto a suo tempo, e cioè che questo provvedimento non favorisce il mondo agricolo e potenzialmente danneggia il made in Italy (LEGGI L’ANALISI). Aggiungiamo, da ultimo, che questo proliferare di etichette sul pacchetto di riso rischia di provocare confusione nel consumatore, oltre che costi di produzione aggiuntivi: la legge sull’etichetta d’origine prevede già che sia indicata in etichetta la nazione di trasformazione del riso e quindi l’informazione del consumatore è pienamente assolta; indicare lo stabilimento di trasformazione rappresenta un’informazione che non aggiunge nulla. Questa misura, infatti, sembra che sia stata pretesa dalla grande distribuzione per deresponsabilizzare le catene commerciali in caso di adulterazione del prodotto, scaricando il danno d’immagine sullo stabilimento di produzione, il che diventa particolarmente particolarmente nel caso in cui si tratti di un prodotto commercializzato con il marchio del supermercato.

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