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«ECCO COME ABBIAMO DIFESO IL PSR»

da | 13 Ago 2020 | Non solo riso

Dal 16 al 29 luglio si è tenuta la consultazione scritta del Comitato di Sorveglianza del PSR del Piemonte. In quel contesto, particolare rilievo hanno avuto le Operazioni 4.1.1 e 6.1.1 del PSR, oggetto di alcune osservazioni di Confagricoltura, poi accolte dal Comitato: le due misure hanno per oggetto rispettivamente il miglioramento del rendimento globale e della sostenibilità delle aziende agricole la prima e il premio per l’insediamento di giovani agricoltori la seconda. Confagricoltura ha ribadito la propria contrarietà rispetto ad alcuni dei criteri di selezione individuati dalla Regione, che finiscono per penalizzare pesantemente aziende strutturate e di dimensioni significative, le quali, al contrario, rappresentano la struttura portante di Confagricoltura.

Abbiamo chiesto a Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte, di entrare nel dettaglio delle osservazioni mosse: «Il Programma di Sviluppo Rurale fissa dei criteri di priorità per quanto riguarda l’accesso alle risorse dei bandi. In Piemonte sono presenti circa 43.000 imprese agricole e, di queste, 6.650 sono condotte da giovani al disotto dei 40 anni di età. Queste ultime sono teoricamente più propense all’innovazione, allo sviluppo e al progresso nel settore, ma necessitano di incentivi per ovviare alla ridotta disponibilità di risorse e di capitali. In Piemonte la superficie media aziendale è di circa 17 ettari e la maggior parte della superficie agricola utilizzata, oltre il 55%, si concentra in pianura. Le aziende risicole, come tutte le aziende cerealicole, hanno generalmente delle superfici decisamente più consistenti rispetto alla SAU media. Tuttavia i criteri per l’accesso ai contributi del PSR tengono conto di una serie di parametri che penalizzano fortemente questo tipo di realtà: per esempio, uno dei criteri per l’accesso agli aiuti, che garantisce il massimo del punteggio (6 punti totali) sono produzioni standard molto ridotte, cioè tra i 15 e i 30 mila euro. All’aumentare della superficie però generalmente aumenta anche la produzione standard e di conseguenza il punteggio si riduce, per poi azzerarsi se si superano i 100.000 euro di produzione standard, vanificando, di fatto, la possibilitàdi accedere al fondo, non applicandosi alcun criterio di priorità. Situazione analoga è quella delle imprese rientranti in aree Natura 2000. Un altro criterio sulla base del quale viene attribuito punteggio è quello di investimenti che mirano ad incrementare l’occupazione in agricoltura: se però, ad esempio, si mira all’innovazione facendo agricoltura 4.0 e si utilizzano droni o GPS, chiaramente non si crea occupazione e questo, ancora una volta, costituisce una penalizzazione. Priorità è attribuita anche alle aziende che ottengono prodotti riconosciuti da certificazioni di qualità, indicazioni geografiche o certificazioni ambientali: se, al contrario, l’azienda non si è dotata di alcuna certificazione ambientale particolare e non ha nessuna denominazione di origine o indicazione geografica protetta, non ha alcun criterio di priorità. Altro criterio è quello dell’elevata intensità di lavoro, che può sussistere in aziende zootecniche, viticole o che effettuano la trasformazione aziendale dei prodotti agricoli: le aziende cerealicole, da questo punto di vista, non rientrano nella casistica dell’alta intensità di lavoro». Conclude Allasia: «In conclusione, quindi, abbiamo osservato che se gli aiuti vanno alle imprese che devono fare investimenti ma tutte le aziende che hanno una produzione standard superiore a €100.000 sono escluse da qualsiasi tipo di aiuto, questo penalizza lo sviluppo di quel tipo di aziende. Abbiamo perciò chiesto che non si tenga conto solo dei suddetti parametri ma anche delle strutture e dell’estensione aziendale ma anche delle peculiarità territoriali che non consentono di stravolgere o frammentare le imprese agricole, le quali si sono costruite con difficoltà nell’arco di decenni. È necessario riservare incentivi per favorire la competitività sui mercati, l’innovazione tecnologica e lo sviluppo di un’agricoltura di qualità anche per le aziende che hanno determinate dimensioni e che, ad oggi, non possono beneficiare dei sostegni previsti dal PSR per i loro investimenti».

Le osservazioni mosse da Confagricoltura sono state giudicate condivisibili: «Si tratta di un risultato importante, che segna la convergenza del Comitato con alcune delle posizioni espresse da Confagricoltura sin dall’inizio della programmazione nel 2014. Ma va anche tenuto presente che siamo alla fine della programmazione: si spera che almeno la prossima programmazione terrà davvero conto di queste osservazioni, in modo tale che tutti i giovani delle province di Vercelli e Novara, che fanno riso e non hanno ricevuto aiuti, magari un domani riusciranno ad avere accesso a qualche contributo». Autore: Milena Zarbà

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