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«L’INDUSTRIA VENDE RISO BIRMANO COME SE FOSSE NOSTRO»

da | 10 Gen 2020 | Internazionale

L’Associazione degli agricoltori di Valencia (AVA-ASAJA) ha denunciato che le grandi industrie risiere e la grande distribuzione organizzata in Spagna hanno paralizzato gli acquisti di riso coltivato nella Comunità valenzana e in altre regioni per aumentare invece le importazioni esenti da dazio del riso japonica proveniente dal Myanmar. Import giunto ormai a livelli senza precedenti. Con questa nuova strategia commerciale, molti supermercati valenziani offrono, attraverso marchi del private label, riso prodotto interamente in Myanmar, la ex Birmania, sostituendo il prodotto locale e generando un clima di irrequietezza nel settore del riso al fine di spingere ulteriormente i prezzi al ribasso. 

In particolare, i rappresentanti della Commissione europea hanno informato, durante il gruppo di dialogo tenutosi a Bruxelles, il capo del settore riso di AVA-ASAJA e  vice presidente del gruppo di lavoro riso della COPA-COGECA, Miguel Minguet, che il 37% di riso japonica proveniente dal Myanmar entra già in Spagna, una percentuale in crescita. «Prima – sottolinea Minguet – erano i paesi del nord Europa a renderci concorrenza sleale, ora sono le stesse società spagnole. Prima di attivare, a gennaio, la clausola di salvaguardia per il riso di tipo Indica erano i paesi del nord Europa a farci ingiustamente concorrenza, introducendo questo tipo di riso nel mercato comunitario per competere con il nostro. Ma ora sono le stesse società spagnole che stanno facendo concorrenza sleale, sostituendoci e cercando di cancellarci dalla mappa».

AVA-ASAJA aderisce all’iniziativa che i risicoltori italiani stanno portando avanti, per chiedere la completa e urgente abolizione dell’accordo Ue-Myanmar, che facilita l’ingresso del riso di tipo japonica, coltivato nella Comunità Valenciana, con vantaggi tariffari, sostenendo che questo paese asiatico viola i diritti umani. «Né più concessioni né più clausole nei confronti del Myanmar, Bruxelles deve fare un ulteriore passo avanti perché non può assolutamente rinunciare al suo impegno fermo e fondamentale per la difesa dei diritti umani» afferma Minguet. Dall’applicazione della clausola di salvaguardia, dal Myanmar ha ridotto del 18% le consegne di riso indica (82.800 tonnellate nella campagna 2018/2019) ma sono aumentate del 213% quell di riso japonica (85.700 tonnellate) a causa del scommessa degli operatori commerciali spagnoli. AVA-ASAJA aggiunge la necessità per il Ministero dell’Agricoltura – e in un ambito più ampio la Commissione Europea – di approvare un’etichettatura obbligatoria che distingue l’origine dell’origine, nonché il metodo di produzione utilizzato, in tutto il riso che viene venduto nella Punti vendita comunitari, come già legiferato nel settore lattiero-caseario. Minguet sottolinea che «i consumatori non possono identificare in molti casi se il riso che stanno acquistando è stato prodotto nei parchi naturali di La Albufera o Marjal de Pego-Oliva. Sostituendo questo prodotto con uno straniero come il Myanmar, la distribuzione favorisce l’accesso a un riso il cui processo di produzione non soddisfa gli stessi standard di qualità, sicurezza alimentare e sostenibilità ambientale del riso europeo. Pertanto, è una strategia che commercialmente può farli guadagnare di più, ma è ovviamente dannoso sia per i produttori che per i consumatori nell’UE».

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