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I CHICCHI DELLA BEFFA

da | 10 Nov 2004 | Riso in cucina

<em>Carla Della Beffa, che cos’Š BabelFood?</em> <br><br> BabelFood Š una ricerca visiva sugli alimenti. E’ un’opera nata per il web, anche se spero che diventi presto una mostra e un libro, e questa scelta Š stata determinante sul piano creativo. Alla fine, online (http://www.carladellabeffa.com/babel)ci sono solo alcune immagini, un estratto leggero ma concentrato, all’osso. Io per• ho scattato molte centinaia di foto e di soggetti, ma non Š mai finita: i gusti continuano a cercare e trovare cose nuove. <br><br> <em>Come le Š venuta l’idea di fotografare il gusto?</em> <br><br> Da bambina facevo le torte. Adesso non cucino che raramente, ma per anni ho cucinato con ardore e ho fatto perfino parte dei Cordons Bleus. Di quel periodo ho conservato una biblioteca culinaria di tutto rispetto, e soprattutto una raccolta di libri di storia della gastronomia e dell’alimentazione. Quando mi sono messa a fare l’artista il cibo Š diventato uno dei temi del mio lavoro, e infatti nel 2002 ho messo online La cucina italiana, (http://www.carladellabeffa;com/cucina), un’opera nata per gli stranieri che non sanno pronunciare i nomi dei nostri piatti che pure amano tanto. Un amico neozelandese, responsabile di una galleria d’arte, mi aveva chiesto "qualcosa di italiano"… In pi—, sono una che viaggia molto, per lavoro e per passione, e sono curiosa, quindi assaggio… Metta insieme questi elementi, e il web, dove sono apprezzata internazionalmente da anni per il mio lavoro di artista, e ne viene fuori BabelFood. <br><br> <em>Ma la storia cosa c’entra in tutto questo?</em> <br><br> La cucina Š stata sempre all’origine di scambi: di ingredienti e di culture. Gli esempi sono infiniti. Il sale arrivava da lontano, il pepe ancora di pi—. Ho visto citt… di mare con alberghi del Quattrocento, perch‚ ci andavano da tutta Europa quelli che oggi chiameremmo i buyer del sale. Le pesche, di cui pure siamo grandi produttori, devono il loro nome alla Persia da cui provengono, il risotto alla milanese unisce prodotti "nordici", come riso e burro, allo zafferano che, almeno in Italia, viene dagli Abruzzi. Ogni cucina, anche la pi— locale e povera, utilizza ingredienti che vengono da lontano. Pensi alla Germania senza patate, agli spaghetti senza pomodoro…<br><br> <em>Soffermiamoci sul "nostro" riso: che idea si Š fatta "ritraendo" questo prodotto della terra?</em> <br><br> Il riso lo conosco bene, da buona lombarda. Ho anche conosciuto qualche ex mondina. Quando ero piccola, in casa mia la pasta entrava molto meno del riso, sotto tutte le forme: minestra, risotto, riso e latte, riso e prezzemolo. Per• se ci penso non so bene da dove arriva il nostro riso, mi hanno detto che quello tondo da risotto Š il Japonica, tondo, e quello lungo tipo Basmati Š l’Indica. Ma non so quando Š arrivato in Europa. E non mi sono mai spiegata, se non con la teoria di BabelFood, la passione dei napoletani per il sart—, o quella dei pugliesi per riso patate e cozze, piatti fantastici che combinano il riso -che loro non hanno di certo- con alimenti locali.<br><br> <em>Come percepisce lo storico dualismo tra riso e pasta?</em> <br><br> Non Š una rivalit…, proprio per quello che ho appena detto a proposito dei piatti meridionali a base di riso. E in Piemonte si mangiano i tajarin, pasta nobilissima. Il vero dualismo, addirittura l’odio reciproco in certi casi, Š fra olio e burro, invece, ma questo Š un altro discorso, molto pi— complesso e antico. <br><br> <em>La fortuna di un piatto Š questione di gusto o di immagine, compresa la memoria visiva?</em> <br><br> Be’, l’aspetto c’entra. Non sono d’accordo con chi decora un piatto prima e pi— di cucinare bene, e se l’aspetto fosse tutto nessuno mangerebbe mai la trippa o lo spezzatino. Ma credo che oltre all’aspetto e alla memoria visiva contino la memoria olfattiva e affettiva. Il profumo del minestrone della nonna, per dire… E poi ci sono le novit…, come il sushi, con la sua bellezza esotica. In questo caso, s, credo che l’estetica abbia un ruolo importante. <br><br> <em>Che cosa vuol dire con il suo lavoro?</em> <br><br> Era importante per me dire queste cose, come artista mi dedico e spendo le mie energie per cose che per me hanno un’urgenza, un significato. Non so quanto sia oggettivamente importante, ma credo che s, un senso ci sia, in quest’opera. Un senso universale, addirittura, e diel ripetersi dei cicli della storia. Questo lavoro vuole essere globale, comprensibile anche in Asia o in Russia, senza per questo essere una critica della "globalizzazione" come la si intende oggi: gli alimenti viaggiano da millenni. Questo significa ovviamente che in certi paesi si apprezzeranno di pi— certe cose, e in altri altre. Ma il tŠ e l’hamburger e la pizza sono dappertutto. Per questo motivo, ho scelto la rosa dei venti, un segno quasi universale, per commentare le foto.

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