La filiera del riso italiano sta preparando un dossier sui costi della risicoltura per dimostrare all’Europa che gli agricoltori “non ci stanno dentro” e che le importazioni a dazio zero dalla Cambogia sono distorsive del libero mercato. Un documento diventato indispensabile, per convincere Bruxelles ad attivare la formula di salvaguardia, da quando si è scoperto che gli uffici comunitari lavorano su dati sbagliati. Anzi, a dir poco fantascientifici. Un documento della DgAgri, rinvenuto da un ricercatore inglese, a sua volta incaricato dell’indagine dall’industria risiera europea, afferma che I costi medi di un’impresa risicola lombarda ammontano a 869 euro ad ettaro. Di poco superiori quelli piemontesi: 877. Se così fosse, l’attuale aiuto comunitario li coprirebbe per intero. Invece, lo studio sul bilancio dell’azienda risicola redatto dall’Associazione laureate in scienze agrarie di Vercelli – scaricabile dalla sezione Pubblicazioni del nostro sito – dimostra che I costi di un’azienda risicola non possono essere inferiori a 2300 euro a ettaro. Il divario statistic tra le due stime è macroscopico: secondo l’Ue, in Piemonte la semente di riso costa 80 euro ad ettaro, secondo gli agronomi si aggira tra 152 e 162 in base all’ettarato aziendale; per Bruxelles, l’irrigazione vale 86 euro ad ettaro, mentre il valore rilevato a livello nazionale è di 217. Il fertilizzante? 169 euro per ogni ettaro, contro un intervallo 366-385… Pare che la rilevazione europea risalga al 2005. Non c’è da stupirsi se a fare pressioni perché Bruxelles difenda meglio il riso europeo non è più solo l’Italia, ma anche Portogallo, Francia, Spagna, Grecia, Ungheria e Romania. Non solo. Al “cartello” si sarebbero uniti anche gli industriali risieri inglesi, danneggiati dal prodotto d’importazione che sbarca in Europa già lavorato. (10.03.14)