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IL COPA SI APPELLA AL MINISTRO

da | 4 Feb 2018 | NEWS

Il Copa si appella al ministro Martina perché conceda lo stato di crisi alla risicoltura. Un beau geste ma anche una misura indifferibile per uscire dalla crisi in cui versa il settore, secondo il presidente del gruppo riso del Copa Cogaca, Giuseppe Ferraris (nella foto), che in quest’intervista esclusiva illustra la posizione del Copa Cogeca – che rappresenta gli agricoltori e le cooperative di tutta Europa – al forum europeo sul riso del 23 gennaio.

Che bilancio fate di quell’incontro?

Abbiamo ringraziato formalmente, con una lettera del segretario generale Pekka Pesonen, il presidente dell’Ente Risi per quest’iniziativa, che consideriamo di grande rilevanza. Ora, però, ci vuole un passo in avanti, sia perchè le scadenze sono tante, sia perchè se l’Italia non si muove non si muoverà nessuno.

A cosa si riferisce?

I prezzi in Spagna sono sopra i 30 euro, la Francia ha garantito ai suoi risicoltori un prezzo minimo di 30 euro, la Romania sta scaricando la produzione in Turchia: le risicoltura in difficoltà sono quella italiana, quella portoghese, quella greca e quella bulgara. Ci battiamo per la clausola di salvaguardia, ma non c’è tempo: arriverà tardi ed urge una mossa italiana. Il ministro Martina può chiudere il proprio mandato salvando il riso, se dichiarerà lo stato di crisi. Il suo silenzio ci uccide.

Cosa pensa il Copa delle importazioni dai Pma?

La produzione di riso dell’UE subisce una fortissima pressione a causa delle crescenti importazioni da paesi terzi, in particolare dalla Cambogia e dal Myanmar, con conseguente diminuzione sia della produzione di riso dell’UE che dei prezzi. Pertanto, abbiamo incoraggiato l’attuazione della clausola di salvaguardia inclusa nel programma di accesso preferenziale di Everything But Arms dal 2014. Ma non è tutto. Il settore risente anche della mancanza di alternative di prodotti fitosanitari e l’etichettatura obbligatoria è lo strumento migliore per garantire una maggiore trasparenza nel settore del riso per i consumatori dell’Ue, dando una spinta ai consumi di riso italiano. Queste cose le abbiamo dette anche al forum dell’Ente Risi, dove però non tutte le nostre proposte sono state prese in considerazione dalle delegazioni intervenute.

Nel dettaglio, cosa avete proposto il 23 gennaio a Bruxelles?

In primis, l’eliminazione dei vincoli politici che impediscono l’effettiva applicazione delle misure di salvaguardia per le importazioni dai paesi meno sviluppati (riesame del regolamento UE n. 978/2012). Quindi, la modifica dell’articolo 29 del regolamento (UE) n. 978/2012, prevedendo una clausola di salvaguardia automatica per il riso nell’ambito del regime a favore dei paesi meno sviluppati, al fine di risolvere il problema delle importazioni di riso dalla Cambogia e dal Myanmar, con una norma specifica per il riso. Inoltre, abbiamo chiesto l’effettivo riconoscimento della “sensibilità” del settore da parte della Commissione europea nei negoziati per l’istituzione di accordi di libero scambio, assicurando che lo studio sull’impatto economico cumulativo dei futuri accordi commerciali sull’agricoltura dell’UE sia approfondito per il settore del riso, in modo che non vi siano ulteriori concessioni commerciali. La quarta richiesta riguarda l’implementazione di norme reciproche sia tra gli Stati membri dell’UE che tra paesi dell’UE e paesi terzi in materia fitosanitaria, al fine di garantire un’equa concorrenza di mercato, parità di condizioni tra i produttori di riso e la promozione di un mercato equo. Queste prime quattro richieste trovano la convergenza degli altri stakeholder, altre due no.

Quali sono i punti di divergenza?

Si discute ancora sull’etichettatura. Noi vorremmo un’etichettatura di origine obbligatoria per distinguere la produzione comunitaria e l’import. Inoltre, noi chiediamo che la Commissione europea riconosca la natura specifica del nostro settore e chiediamo in particolare che sia riconosciuta nella valutazione d’impatto della DG AGRI per la PAC post 2020, la quale dovrebbe anche prestare particolare attenzione al settore del riso al fine di garantire un futuro positivo per il settore. Siamo convinti che siano maturi i tempi per insistere su questo punto, decisivo per il futuro della risicoltura che non può essere trattata alla stregua di altri comparti cerealicoli, per ragioni economiche, ma anche e soprattutto ambientali.

 

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