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CIA: LE NORME SUI FANGHI SONO SUPERATE

da | 19 Dic 2016 | Non solo riso

L’economia circolare interessa i pavesi: lo dimostra la folta partecipazione di agricoltori al convegno “Le pratiche virtuose di economia circolare come possibile contributo al ripristino della sostanza organica nei terreni agricoli” che si è tenuto il 2 dicembre a Castel D’Agogna, cui hanno partecipato tra gli altri il senatore Orellana e l’onorevole Scuvera, relatori di proposte di legge presentate rispettivamente al Senato e alla Camera inerenti l’uso in agricoltura dei fanghi di depurazione. Gli interventi della dottoressa Cristina Gaminede e del dottor Marco Romani hanno dimostrato – ha commentato la Cia – quanto sia necessario trovare pratiche agronomiche che apportino sostanza organica nei terreni, mentre la dottoressa Michela Allevi è riuscita a spiegare, con argomentate ragioni, quanto possa essere l’utilizzo dei fanghi in agricoltura una praticabile opzione sia per apportare di sostanza organica sia per integrare nutrienti utili alle produzioni. Molto apprezzata è stata anche la relazione del dottor Graziano Beolchi, che ha cercato di dimostrare come le attuali analisi siano insufficienti a garantire la massima sicurezza della salute dei cittadini e dei suoli.

Nella seconda parte del convegno si è svolta una tavola rotonda dove si sono confrontate le relazioni introduttive. A coordinarla è stato il presidente della Cia Pavia Davide Calvi, al quale abbiamo chiesto di fare il punto proprio sul tema dei fanghi, che in provincia di Pavia rappresenta una delle problematiche più spinose in questi mesi: «Abbiamo a lungo dibattuto sull’opportunità di approfondire temi così delicati e sensibili a prese di posizione nette e molto contrastanti, ma la decisione finale è stata quella di fornire agli agricoltori spunti e dati per consentire scelte mature e consapevoli, in modo scientifico e senza idee precostituite – ci spiega -. Il dato principale di partenza è sicuramente la drammatica carenza cronica di sostanza organica dei terreni asfittici lomellini, legata certamente alla scomparsa della zootecnia nelle produzioni locali. L’uso dei fanghi, da dati interessanti forniti dall’Ente risi, risolve sicuramente in modo radicale il problema migliorando le produzioni e arricchendo le riserve organiche dei terreni, indispensabili per la conservazione della sostanza organica, principale parametro di riferimento nella vitalità dei suoli. Ciò consente, con un costo ridotto per l’impresa agricola, di limitare l’uso dei concimi minerali e di sintesi, maggiori apportatori di nitrati nelle falde e prodotti con grande dispendio energetico. 

Naturalmente la pratica non è estranea da criticità, come emerso dal dibattito. Il disagio maggiore per la popolazione presente sul territorio è dato dall’intenso apporto odorigeno di questi materiali, ma con buone pratiche di lavorazione dei fanghi, come spiegato dal produttore presente, di spandimento e successivo interramento, questo inconveniente può essere ridotto radicalmente. Importantissima è la scelta del fornitore in base alla serietà e alla perizia nel trattamento dei prodotti. Per le sostanze oggi ricercate in base alla normativa vigente, i dati riportati hanno riscontrato un ampio margine di sicurezza sulle cessioni al suolo e alle colture di metalli pesanti e inquinanti microbiologici. E’ emersa, però, la necessità pressante di rivedere le norme attuali, ormai ampiamente superate.

Tre sono i punti focali che, allo stato attuale, preoccupano e richiedono ampia attenzione. Il primo, è la necessità di revisione dei protocolli di analisi, ampliando la responsabilità del soggetto incaricato anche al prelievo del campione e, quindi, adottando procedure idonee alla rappresentatività dello stesso.Il secondo punto è legato alla possibilità esistente di aggirare la normativa sui fanghi utilizzando gessi di defecazione, questi vengono classificati come ammendanti e, ricadendo nelle disposizioni relative ai fertilizzanti, sono, di fatto, sottoposti a minori controlli e restrizioni. Il terzo punto, il più rilevante dal punto di vista ambientale, è la scoperta di numerosissime sostanze che possono essere presenti nei fanghi e per cui non vi è l’obbligo di ricerca. Come riportato dal portavoce dell’ordine dei medici presente in sala, infatti, nei reflui civili si trovano moltissime tracce, anche rilevanti, di anticoncezionali, antibiotici, chemioterapici e, sopratutto, inquinanti perfluoroalchilici. Questi ultimi, denominati pfas sono di grande attualità nel veneto dove vengono ritrovati in soglie critiche nelle falde freatiche. Una strada certamente percorribile, più sicura e meno impattante, è, invece, quella del compostaggio con relativa umificazione. Naturalmente,però, questo rende più onerosi i costi di trasformazione».

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