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UN TAVOLO CON L’ETICHETTA

da | 12 Apr 2017 | Uncategorized

Domani, il 13 aprile, il governo italiano dirà se e come intenda muoversi per salvare la risicoltura nazionale. Iniziamo da questo punto: secondo noi, il ministro Martina (foto grande), che ha convocato il tavolo di filiera, non dirà se salverà il riso dal precipizio in cui lo ha scaraventato non facendo nulla per evitare che le importazioni a dazio zero dai Pma sconvolgessero il mercato dei risoni. Infatti, il governo italiano non è in grado di salvare un settore in crisi, neanche se, come chiede il Copa-Cogeca, dovesse dichiarare lo stato di crisi di questo settore, una misura che permetterebbe alle imprese di accedere a mutui agevolati e ad altre provvidenze, ma a condizioni e con tempi tutti da definire. Tutte le altre misure di salvataggio non rientrano tra i poteri del governo nazionale bensì di quello europeo, fatta salva per l’etichettatura facoltativa, con l’indicazione d’origine della materia prima, che sarà probabilmente annunciata da Martina al termine del tavolo di filiera con un apposito decreto. Vediamo nel dettaglio queste misure, chi le richiede e a cosa servono.

Clausola di salvaguardia. La chiedono tutti: il G8 dei risicoltori europei, i sindacati agricoli, il movimento @ildazioètratto. Significa che, ricorrendo certe condizioni di grave crisi dell’industria europea, si interrompe il regime di preferenza accordato ad alcuni Paesi importatori che oggi non pagano dazio. Attualmente, il regolamento europeo prevede per l’appunto che la clausola scatti in caso di crisi industriali: il G8 dei risicoltori europei, promosso dall’Ente Risi, ha pianificato un’azione di pressione politica affinché, in occasione della revisione d’autunno del regolamento che presiede alle concessioni daziarie (Regolamento Ue n.978/2012), si preveda la possibilità che la clausola scatti anche in caso di crisi del settore agricolo. Va da sé che l’iter è complesso e l’esito non scontato, tuttavia in questi giorni l’Ente Risi ha fatto sapere che Martina e il commissario Hogan si sono parlati e che la Commissione, in passato irremovibile sulle concessioni ai Pma, oggi è sensibile alle sofferenze della risicoltura europea. E’ scontato che al termine del tavolo di filiera il ministro ribadisca il suo impegno per convincere Bruxelles a concedere, se non l’abolizione delle concessioni, almeno un contingente tariffario per le importazioni dalla Cambogia, che hanno squilibrato il mercato risicolo europeo. Strategia illustrata ieri dal presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti: «Siamo consapevoli che oggi non è possibile invocare la clausola di salvaguardia per frenare le importazioni dai Paesi meno avanzati a difesa della produzione europea di riso. Chiediamo pertanto di modificare il regolamento che detta le norme sulla clausola; entro il 21 novembre la Commissione europea deve presentare al Parlamento ed al Consiglio una relazione sull’attuazione del regolamento con eventuali proposte di modifica. E’ l’occasione per cambiare la norma e sospendere le concessioni quando danneggiano i nostri produttori di riso. Nel frattempo, possiamo limitare i quantitativi dell’import agevolato e subordinarlo a condizioni di effettiva reciprocità, ad esempio per quanto riguarda i prodotti fitosanitari consentiti nei Paesi da cui importiamo e non autorizzati in Europa». Una soluzione tampone, importante ma non decisiva, in quanto è possibile che, messa una toppa, il riso d’importazione apra un’altra breccia: nei mesi scorsi, infatti, l’Europa ha raggiunto un accordo commerciale altrettanto pericoloso con il Vietnam.

Tutele della risicoltura europea. Proprio perché le insidie sono molteplici, il governo, il G8 del riso, l’Ente Risi e recentemente anche il Pd hanno insistito sulla specificità del riso, che secondo l’Ente Risi il commissario Hogan sarebbe pronto ormai a riconoscere – confermando aiuti ad hoc – oltre alla qualifica di prodotto “sensibile”, che creerebbe una sorta di ombrello atto a difendere il settore dalle crisi presenti e future. Infatti, tale specificità dovrebbe garantire che il riso sia escluso dalle concessioni sulle importazioni, come ha chiesto il G8 del riso. Rientra tra queste garanzie anche la reciprocità delle regole d’importazione sul piano fitosanitario e commerciale rispetto al prodotto d’importazione. Queste materie, ovviamente, sono di competenza esclusiva dell’Europa: il governo può solo chiedere e sperare di ottenere. In subordine, potrebbe pretendere una riduzione degli impegni di greening per i risicoltori, attivando misure di emergenza per il mercato del riso e consentendo ai Paesi membri di modificare i pagamenti accoppiati. L’occasione per farlo – suggerisce Confagricoltura – è l’approvazione della proposta di regolamento “Omnibus” in discussione.

Etichettatura d’origine. Questo è un punto dolente. Il G8 del riso si è spaccato sulla possibilità di sostenere in Europa l’etichettatura obbligatoria del riso lavorato, con l’indicazione d’origine della materia prima, che permetterebbe di far sapere al consumatore se nella scatola di riso che acquista vi è un prodotto agricolo italiano, europeo o extra-Ue. Coldiretti è da sempre per l’etichettatura, Confagricoltura vorrebbe che questa etichetta fosse europea, l’Airi la accetta solo se è volontaria, il movimento #ildazioètratto insiste perché sia obbligatoria e nazionale, ma un accordo non si è raggiunto ed è probabile che Martina tiri fuori dal cilindro un decreto che istituisce l’etichettatura volontaria e nazionale: in breve, solo i consumatori italiani sapranno se il riso contenuto nelle scatole è italiano o meno, e lo sapranno solo se acquisteranno riso prodotto da aziende industriali che hanno deciso di dichiarare quell’origine. E’ la “novità” di cui si vocifera negli ambienti Coldiretti: per premere in questa direzione, l’organizzazione di Moncalvo ha promosso per domani a Roma una manifestazione nazionale in difesa del riso.

Promozione. Ci sono sedici milioni di euro in pancia all’Ente Risi e sono anni che, ciclicamente, governo e sindacati cercano di metterci le mani sopra, per spenderli o per incamerarli nel bilancio dello Stato. L’ultimo assalto alla diligenza si chiama “promozione”: con la scusa della crisi, sta prevalendo l’idea che si debba utilizzare quei soldi per promuovere il riso italiano, differenziandolo dal prodotto d’importazione. Nelle scorse settimane Bruxelles ha promesso dei fondi per la promozione e si è pensato che, sommando quelle risorse a queste, si possa costituire una massa d’urto sufficiente a risollevare le sorti del settore, dando impulso ai consumi di riso nazionale. In realtà, già in passato l’Ente Risi ha investito fondi pubblici in promozione, senza che il consumo di riso crescesse minimamente (la crescita avvenne successivamente e fu provocata dalle migrazioni, con un aumento dei consumi di alcune etnie e di alcune tipologie di prodotto). Data la difficoltà di far passare il principio dell’etichetta obbligatoria, considerata una condizione per finanziare un’importante opera di promozione, l’assalto alla diligenza potrebbe rientrare, ma è sempre possibile un decreto con destrezza che prosciughi i conti dell’Ente Risi in cambio di qualche comparsata televisiva.

E allora? La nostra opinione è che il tavolo di filiera costituisca un successo politico, nella misura in cui le istituzioni si sono accorte che la risicoltura è in crisi, ma non possa rappresentare una svolta per il mercato che anche questa settimana ha dato segnali negativi. Certo, l’annuncio della clausola di salvaguardia potrebbe avere una ricaduta positiva sul prezzo dell’indica, ma limitata e momentanea: l’unica possibilità di tonificare le quotazioni del risone è quella di resistere alla tentazione di svenderlo, sperando in un apprezzamento del petrolio che incrementi il costo dei noli marittimi e renda meno competitive le importazioni. Allo stato, non si vede altra soluzione che produca effetti nel breve periodo.

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