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«SUL BIO SERVE UN CONFRONTO»

da | 14 Set 2015 | NEWS, Uncategorized

gambaI risultati della conferenza internazionale sul riso biologico, esposti dal professor Bocchi a Risoitaliano.eu, mi lasciano perplesso. Si dimentica di dire, innanzi tutto, che esistono settori in cui fare agricoltura biologica è strutturalmente più semplice di altri, anche per brevità del ciclo produttivo, e si omette di rilevare che in alcune colture è “praticamente” impossibile. Mi spiego meglio: se già nell’integrato si esige che esista un “bordo” di almeno 100 metri costituito da strade , frutteti , vigneti ecc per evitare contaminazioni, è dubbio che possa ottenere lo stesso effetto barriera nelle risaie, dove persino gli alberi che delimitavano i terreni vengono tagliati per massimizzare l’effetto del sole e si passa da terreni bio a terreni convenzionali senza soluzione di continuità, se non sulla carta. Osservo inoltre che il professor Bocchi parla di costi totali, ma si dovrebbe fare un analisi in base alle rese, il che pone un altro problema: le rese del riso biologico nel mondo sono allineate; mentre quelle del convenzionale no e se è accettabile una produzione bio di 20 quintali ad ettaro in Thailandia dove si lavora in un certo modo ma si coltiva soprattutto per autoconsumo, è ben altra cosa fare del riso bio in Italia e lascia perplessi affermare che si riescono a bloccare le infestanti con semplici strigliature. Credo che un discorso serio debba essere fatto analizzando il sistema di semina, le distanze, la sarchitura, il diserbo, non solo divagare sulle varietà tolleranti. Francamente, sono dell’avviso che il presente e il futuro siano dell’agricoltura integrata: risultati migliori con minor impatto ambientale (reali). Vorrei che i ricercatori si applicassero maggiormente a questo fronte, studiando la migliore rotazione, che i risicoltori già praticano, ma in modo non sistematico. Trasemina del trifogli, sovescio, erbaio… pratiche che consentono, oltre al beneficio in termini di sostanza organica, una difesa agronomica contro le infestanti semplificata. Personalmente ho approfondito il tema su soia, mais e grano, cogliendo delle novità interessanti. Le rotazioni più diffuse sono in genere triennali e tra esse si sta affermando mais-soya-grano (o cereale a paglia) cui possiamo aggiungere un intercalare, ossia la trasemina del trifoglio , nel terzo anno verso marzo, da sovescio; oppure una coltura dopo grano un erbaio da sovesciare, che consente una notevole produzione di biomassa che funga da cover crop e intercetti il concime azotato residuo, per evitare che si disperda nell’ambiente, e venga poi reso disponibile al mais nell’anno successivo. Oltre al beneficio in termini di sostanza organica, questa rotazione permette anche una difesa agronomica contro le erbe infestanti semplificata, rispetto a una monocoltura, con minori spese di diserbanti, e sopratutto una difesa contro le malattie fungine del grano o dei cereali vernini a paglia, perche precedentemente vi è una leguminosa e non un cereale. Aggiungo, ma questo è solo un esempio dei confronti che andrebbero fatti per individuare una via più produttiva anche per la risicoltura integrata, che dal punto di vista delle lavorazioni, come tempestivita, si hanno delle finestre di lavorazione più ampie sia per il mais (più di 8 mesi) sia per la soya (6mesi) sia per il grano (1/2mesi) rispetto alla classica rotazione mais- grano che ancora oggi viene preferita da molti agricoltori, ma che immancabilmente comporta una finestra stretta (una settimana nel 2013) o l’impossibilita di seminare il cereale vernino in tempo utile, sopratutto in quegli areali in cui dopo novembre i terreni diventano impraticabili. Questi studi si prestano a essere verificati, ovviamente, ma la strada giusta a mio avviso non è l’affermazione acritica della produttività di un sistema quanto la comparazione continua dei sistemi colturali che consenta all’agricoltore di produrre onestamente, e non solo di sopravvivere. Autore: Gianfranco Gamba, agrotecnico. (14.09.2015)

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