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PAC E PAGAMENTI DIRETTI

da | 1 Nov 2014 | Norme e tributi

Con questo articolo dell’avvocato Carnia di Biella vogliamo fare chiarezza sistematica sul tema dei pagamenti diretti introdotto con la nuova Pac. La trattazione è suddivisa in tre parti: la prima è dedicata all’analisi tecnico-giuridica del “pagamento di base”; la seconda parte all’analisi  del pagamento ecologico (o greening) e la terza al pagamento destinato ai giovani agricoltori e al pagamento accoppiato con un breve cenno anche al regime dei piccoli agricoltori. Buona lettura.

Parte prima:

A) il pagamento di base

Da un punto di vista normativo la fine del 2013 ha rappresentato un momento di rilevante importanza per il sistema agricolo comunitario. Si è infatti realizzata  la conclusione formale del processo di riforma della Politica Agricola Comune (PAC), con la conseguente formulazione di 4 nuovi regolamenti di base fra cui, ai fini che qui ci interessano, il regolamento n. 1307/2013 in materia di pagamenti diretti. Infatti il regolamento in questione, abrogativo  dei regolamenti CE n. 637/2008  e n. 73/2009, racchiude in sé la normativa sui c.d. pagamenti diretti agli agricoltori nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune

Venendo alla tematica dei diritti all’aiuto, giova in primo luogo ricordare come la tendenza di politica legislativa comunitaria sia stata quella di confermare il disaccoppiamento quale criterio guida del sostegno erogato dalla Nuova Pac nonché la tendenza ad andare verso un sostegno più mirato, “spacchettando”  l’attuale pagamento unico aziendale (c.d. RUP, attuato dalla riforma del 2003 e disciplinato dagli artt. 33 e ss dell’ormai abrogato reg. 73 del 2009) in pagamenti maggiormente selettivi e finalizzati: pagamento di base, pagamento ecologico (greening), aree svantaggiate, giovani agricoltori, piccoli agricoltori, pagamenti accoppiati per produzioni strategiche.

Data l’importanza ed attualità del tema, con il presente articolo si è cercato di analizzare nel dettaglio il regime di pagamenti adottati dall’Italia nel processo di cosiddetto spacchettamento. Accanto ai pagamenti obbligatori (pagamento di base, pagamento ecologico e pagamento ai giovani agricoltori), nel piano comunitario si poneva un ventaglio di pagamenti facoltativi per ogni Stato Membro (pagamento redistributivo, pagamento per le zone con vincoli naturali, pagamento accoppiato per produzioni strategiche, pagamento per i piccoli agricoltori). Fra tali pagamenti facoltativi la scelta dell’Italia è stata quella di privilegiare il pagamento accoppiato.

Ne è quindi derivata l’adozione dei seguenti pagamenti diretti, ciascuno dei quali legato ad una percentuale del massimale nazionale e, più precisamente:

A) il pagamento di base pari al 58% del massimale nazionale;

B) il pagamento ecologico (cd. Greening) pari al 30% del massimale nazionale;

C) il pagamento accoppiato pari all’11% del masimale nazionale;

D) il pagamento destinato ai giovani agricoltori pari all’1% del massimale nazionale;

Venendo a trattare nel dettaglio le singola forme di pagamento, viene in primo luogo in rilievo:

A) Il cd. pagamento di base. Tale pagamento sarà riservato agli agricoltori che risultano :

 

A1) qualificabili come agricoltori attivi, con tale termine intendendosi in generale quegli agricoltori per i quali l’agricoltura rappresenta una parte rilevante e non insignificante della propria attività lavorativa.

Più nel dettaglio, va osservato come la  Conferenza Stato-Regioni del 12 giugno 2014 abbia adottato, fra le varie decisioni sulla Pac 2014-2020, anche la decisione sulla  qualifica di agricoltore attivo la quale tocca tre distinti aspetti:

A1.1) in primo luogo l’individuazione dei soggetti appartenenti alla cd. lista nera (black list), vale a dire l’individuazione di quei soggetti esclusi dal sistema dei pagamenti diretti;

A1.2) in secondo luogo  l’individuazione di una soglia di non applicazione, vale a dire di una soglia al di sotto della quale non applicare il requisito di agricoltore attivo, elargendo ugualmente i pagamenti diretti;

A1.3) infine l’indicazione dei requisiti indispensabili per essere qualificato come agricoltore attivo, qualora l’ergizione degli aiuti si ponga al di sopra delle soglie di non applicazione.

In ordine alla decisione di cui al punto aa1) occorre premettere che il Regolamento 1307/2013 all’art.9 ha disposto preliminarmente l’esclusione dei pagamenti diretti a soggetti che gestiscono aeroporti, servizi ferroviari,  impianti idrici, servizi immobiliari, terreni sportivi. E’ stata inoltre data la possibilità agli Stati Membri di ampliare la black list. Al riguardo le scelte dell’Italia hanno previsto l’allargamento della lista nera ad altre quattro categorie di soggetti:

– persone fisiche e giuridiche che svolgono attività di intermediazione creditizia (banche e finanziarie);

– persone fisiche e giuridiche che svolgono attività di intermediazione commerciale (es. società immobiliari);

– società per azioni, cooperative e mutue assicurazioni che svolgono attività di assicurazione e/o riassicurazione;

– Pubbliche Amministrazioni, fatta eccezione per gli enti che effettuano formazione e sperimentazione in campo agricolo.

L’esclusione di questi soggetti è mitigata dalla possibilità di considerare “agricoltori attivi” le loro società partecipate.

Inoltre, il Reg. 1307/2013 (art. 9, par. 2) prevede che una persona fisica o giuridica che rientra nella lista nera è tuttavia considerata “agricoltore attivo” se fornisce prove verificabili che dimostrino una delle seguenti situazioni:

– l’importo annuo dei pagamenti diretti è almeno pari al 5% dei proventi totali ottenuti da attività non agricole nell’anno fiscale più recente in cui tali prove siano disponibili;

– le sue  attività agricole non sono insignificanti;

– la sua attività principale o il suo oggetto sociale è l’esercizio di un’attività agricola.

Dunque, una società immobiliare che dimostri di svolgere prevalentemente attività agricola è considerata “agricoltore attivo”.

Quanto alla soglia di non applicazione (punto A1.2) il documento della Conferenza Stato-Regioni del 12 giugno 2014 ha disposto che siano considerati come “agricoltori attivi”, tutti i soggetti che nell’anno precedente (quindi nel 2014 entrando in vigore la nuova Pac in data 1 gennaio 2015) hanno percepito pagamenti diretti per un ammontare inferiore a:

– 5.000 € per le aziende prevalentemente ubicate in montagna e/o zone svantaggiate;

– 1.250 € nelle altre zone.

In altre parole, tutti i “piccoli beneficiari della Pac” sono attivi, con differenziazione tra montagna e/o zone svantaggiate e altre zone. La definizione di “agricoltore attivo”, quindi, è molto ampia in montagna e nelle zone svantaggiate, dove l’agricoltura è fondamentale per la conservazione del paesaggio e la difesa idrogeologica (teniamo conto che, al di sotto di 5.000 euro, in Italia troviamo l’87% dei beneficiari della Pac). Viceversa, nelle altre zone, dove l’agricoltura è più orientata al mercato, è stata adottata una definizione di “agricoltore attivo” più restrittiva.

Infine sono stati individuati i requisiti necessari affinchè gli agricoltori che percepiscono aiuti superiori alle soglie di non applicazione siano qualificabili come agricoltori attivi. Tali requisiti sono rappresentati:

– dall’iscrizione all’INPS  come coltivatore diretto o Imprenditore Agricolo Professionale;

dalla titolarità di partita Iva in campo agricolo con dichiarazione annuale Iva. Per le aziende con superfici prevalentemente ubicate in montagna e/o zone svantaggiate, è sufficiente il possesso della partita Iva in campo agricolo.

Il caso: Tizio non è iscritto all’ Inps poiché in pensione, tuttavia ha una regolare partita Iva; in tale situazione ha diritto a richiedere la Pac come   agricoltore attivo?

Sì, perchè i requisiti 1) dell’iscrizione presso l’Inps e 2) della titolarità di partita Iva (con conseguenziale dichiarazione annuale Iva) non sono cumulativi ma è sufficiente la susistenza anche di uno solo di tali requisiti. Tizio, avendo regolare partita Iva (requisito 2), è quindi qualificabile come agricoltore attivo.

 
A2) ABBIANO PRESENTATO UNA DOMANDA DI ASSEGNAZIONE DEI NUOVI TITOLI ENTRO IL 15 MAGGIO 2015;

 

A3) ABBIANO PRESENTATO UNA DOMANDA DI AIUTO NEL 2013 L’art. 24 del Reg. Ue 1307/2013 prevede infatti che gli agricoltori ottengano l’assegnazione dei “nuovi titoli”, solo se hanno presentato una domanda di aiuto nel 2013: pertanto chi non ha presentato la domanda di aiuto nel 2013, non possiede il diritto all’assegnazione dei nuovi titoli nel 2015. Sono tuttavia previste quattro deroghe rispetto a questo requisito poiché gli Stati membri possono concedere titoli all’aiuto anche agli agricoltori che non abbiano ricevuto pagamenti diretti per il 2013, se:

A3.1) al 15 maggio 2013 producevano ortofrutticoli, patate da consumo, patate da seme, piante ornamentali su una superficie minima;

A3.2) al 15 maggio 2013 coltivavano vigneti;

A3.3) nel 2014 ricevono titoli dalla riserva nazionale;

A3.4) presentano elementi di prova verificabili che nel 2013 hanno coltivato prodotti agricoli o allevato bestiame, purché non abbiano mai avuto titoli in proprietà o in affitto.

Come specificato dall’art. 24, par. 8 del Reg. 1307/2013, è poi concessa la possibilità per il proprietario di terreni, in caso di vendita o affitto dell’azienda, di trasferire ad uno o più agricoltori tutti i diritti per accedere alla nuova Pac, tra cui anche il “requisito del 2013” (lett.A3) . Ciò sarà possibile grazie all’inserimento di una specifica clausola nel corpo del contratto di vendita o di affitto. Si deve però ribadire come tale clausola sarà attivabile solo in caso di vendita ed affitto “di titoli e terra”, e non in caso di vendita di soli titoli: in altri termini, in caso di circolazione dei titoli,  non si potrà separare i diritti all’aiuto dal trasferimento o affitto dei terreni.

Più nello specifico:

–      in ordine alla fattispecie giuridica rappresentata dalla vendita dell’azienda o di parte di essa, per i contratti stipulati prima del 15 maggio 2015, lo Stato membro può trasferire, insieme all’azienda, i corrispondenti diritti a ricevere i titoli da assegnare, con  specifica clausola inserita nel contratto di vendita. Ne deriva che l’acquirente dell’azienda acquisisce tutti i diritti dell’azienda, e quindi tanto il valore del titolo quanto “il requisito 2013”. Con la Domanda Pac del 15 maggio 2015, i titoli vengono assegnati al venditore e direttamente trasferiti al compratore che beneficerà dei pagamenti che il venditore ha ricevuto nel 2014 o del valore dei diritti all’aiuto che il venditore possedeva al 2014. Il trasferimento richiede la qualifica di agricoltore attivo per entrambe le parti.

In ordine alla fattispecie giuridica rappresentata dall’affitto di azienda o di parte di essa anche in questo caso l’affittuario dell’azienda agricola acquisisce  tutti i diritti dell’azienda, e quindi tanto il valore dei titoli che “il requisito 2013”. Tuttavia, trattandosi di affitto, la procedura per l’assegnazione risulta un po’ più complessa: a) con la domanda Pac del 15 maggio 2015 i titoli all’aiuto vengono assegnati al locatore (proprietario); b) gli stessi titoli vengono immediatamente trasferiti all’affittuario che beneficerà dei pagamenti che il locatore (proprietario) ha ricevuto nel 2014 o del valore dei diritti all’aiuto che il locatore possedeva al 2014; c) al termine del contratto di affitto, i titoli ritornano al locatore (proprietario). Anche in questo caso entrambi i soggetti devono avere la qualifica di agricoltore attivo.

Il Caso: Tizio, coltivatore diretto regolarmente iscritto all’Inps (quindi qualificabile come agricoltore attivo), intende acquistare/affittare da Caio (anch’egli coltivatore diretto iscritto all’Inps) alcuni terreni agricoli. Avendo iniziato l’attività di coltivatore diretto solo a partire dal 2014, non è in possesso “del requisito 2013” (non ha quindi presentato domanda di aiuto per il 2013). Viceversa Caio è in possesso del requisito 2013 perchè è da anni che svolge l’attività di coltivatore diretto ed ha presentato regolare domanda di aiuto per il 2013.

In tal caso, in ossequio a quanto disposto dall’art. 24 par. 8 Reg.UE 1307/2013, Caio potrà trasferire a Tizio il diritto a ricevere i titoli. Sarà al rigurdo indispensabile inserire nel contratto di acquisto/affitto dei terreni agricoli una clausola di trasferimento del diritto a ricevere titoli: con una simile clausola contrattuale Tizio conseguirà oltre ai titoli e ai terreni, anche il requisito 2013. La clausola potrà essere testualmente la seguente ““il proprietario trasferisce all’acquirente (affittuario) il diritto a ricevere i titoli all’aiuto ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 24, par. 8 del Reg. 1307/2013”.

 

Va infine evidenziata l’importanza che, per il pagamento di base, hanno le annualità 2013, 2014 e 2015 nel sistema della Nuova Pac. Il  2013 per la presentazione della domanda di aiuto, requisito in generale imprescindibile per ottenere l’assegnazione dei nuovi titoli; il 2014 per  la determinazione del valore dei titoli sulla base dei pagamenti percepiti dall’agricoltore  nel 2014; infine il 2015 per l’assegnazione dei nuovi titoli sulla base delle superfici dichiarate nella Domanda Unica 2015.

Più semplicemente: mentre il valore dei titoli dipenderà dai pagamenti percepiti dall’agricoltore nel 2014, il numero dei titoli assegnati ad ogni agricoltore sarà pari al numero di ettari ammissibili dichiarati nella Domanda di aiuto per il 2015.

Il Caso: Tizio coltiva direttamente terreni per 100 ettari mentre ha affittato   un ramo della sua azienda di circa 30 ettari a Caio, con scadenza a novembre 2014. Caio non intende più rinnovare l’affitto d’azienda. Tizio ha in questo caso tre possibilità: 1) proseguire lui stesso l’attività del ramo di azienda 2) trovare un altro affituario del ramo di azienda 3) non proseguire l’attività del ramo aziendale e non trovare alcun affituario.

1)   Nel caso di prosecuzione dell’attività del ramo aziendale da parte del proprietario,  questi verrà a gestire tutta l’azienda (100 ettari + 30 ettari): in tal caso il pagamento base del 2014 (maturato su 100 ettari) si spalmerà sui 130 ettari di gestione del 2015. Il valore dei titoli dipenderà infatti dai pagamenti percepiti nel 2014 mentre il numero di ettari ammissibili (in questo caso 130) sarà quello del 2015.

      2) Nel caso in cui invece il proprietario affitti ad un altro soggetto il ramo d’azienda, il pagamento base del 2014 (maturato sui 100 ettari) si spalmerà sui 100 ettari di gestione del 2015 (non su 130 perchè sono solo 100 quelli coltivati direttamente) Anche in questo caso si vede come il valore dei titoli dipenderà dai pagamenti percepiti nel 2014 mentre il numero di ettari ammissibili (in questo caso 100) sarà quello del 2015.

Parte Seconda:

B) Il pagamento ecologico (o greening)

  Il pagamento ecologico (greening) è una delle principali novità della Nuova Pac, in linea con quel processo di “inverdimento” del sostegno all’agricoltura più volte annunciato dalla Commissione Europea. In particolare il pagamento ecologico si inquandra nell’ambito di un programma politico europeo volto a favorire  pratiche agricole benefiche per il clima e per l’ambiente. Il greening è inoltre la seconda componente per importanza dopo il pagamento di base, di ammontare pari al 30% del massimale nazionale ed uguale per tutti gli Stati membri.

Gli agricoltori ne avranno diritto a condizione:

B1)  che percepiscano il pagamento di base.

Infatti se un agricoltore non possiede i titoli del pagamento di base non può neanche accedere al pagamento greening.

B2)  che rispettino sui loro ettari ammissibili tre pratiche agricole considerate benefiche per clima e ambiente e, più precisamente:

       B2.1) diversificazione delle colture;

       B2.2) mantenimento dei prati permanenti;

       B2.3) presenza di aree di interesse ecologico.

Le suddette pratiche agricole vanno rispettate congiuntamente con una precisazione: non sarà necessaria alcuna forma di mantenimento dei prati permanenti (requisito B2.2) qualora nell’azienda agricola non ve ne siano.

B3) – in alternativa a B2) che svolgano già pratiche equivalenti, vale a dire pratiche analoghe a quelle di cui ai punti B2.1, B2.2, B2.3 le quali generano un beneficio per il clima di livello equivalente o superiore. Ciò al fine di evitare una penalizzazione di quegli agricoltori che già adottano sistemi di sostenibilità ambientale.

Veniamo ora a trattare nel dettaglio le tre pratiche agricole benefiche.  In primo luogo:

B2.1) la diversificazione delle colture.

Tale pratica interessa solo le superfici a seminativo e viene ad applicarsi in funzione della superficie a seminativo:

– se la superficie a seminativo è inferiore a 10 ettari non sussisterà alcun obbligo di diversificazione;

– se la superficie a seminativo è compresa fra i 10 e i 30 ettari l’obbligo di diversificazione avrà ad oggetto un minimo di 2 colture e la coltura principale non dovrà superare il 75% della superficie complessiva;

– se la superficie a seminativo è superiore a 30 ettari l’obbligo di diversificazione avrà ad oggetto un minimo di tre colture, con la coltura principale che non dovrà superare più del 75% della superficie complessiva e con le due colture principali  che non dovranno superare il 90% della superficie complessiva.

Sono inoltre escluse dall’obbligo della diversificazione, le aziende in cui:

–  le superfici sono interamente investite a colture sommerse per una parte

significativa dell’anno (ad esempio il riso);

– i seminativi sono investiti per più del 75% a foraggio e/o a maggese, a condizione che i seminativi restanti non superino i  30 ettari;

– le superfici agricole sono investite per più del 75% a prato permanente, foraggio o a colture sommerse per una parte significativa dell’anno (ad esempio il riso), a condizione che i seminativi restanti non  superino i  30 ettari;

Importante è inoltre sottolineare la nozione di coltura diversa: una coltura è infatti diversa se appartiene ad un genere diverso nella classificazione botanica delle colture. Così, a mò di esempio, grano tenero e grano duro non sono colture diverse in quanto appartengono entrambe al genere Triticum; viceversa grano e orzo sono colture diverse in quanto il primo appartiene al genere Triticum mentre il secondo al genere Hordeum.

–      B2.2) il mantenimento dei prati permanenti.

Al riguardo è previsto l’impegno degli Stati Membri per assicurare che la superficie a prato permanente, in relazione alla superficie agricola totale, non diminuisca di oltre il 5%.  In particolare gli Stati Membri saranno tenuti  a mantenere una certa proporzione delle superfici a prato sulla base della “superficie di riferimento” dell’annualità 2015.

In Italia l’obbligo di mantenere la proporzione di prato permanente è obbligo rilevante a livello nazionale.

Inoltre è stato previsto il divieto di arare o convertire  prati permanenti siti in zone territoriali oggetto di speciale conservazione o protezione (c.d.Rete Natura 2000).

 Per le altre zone invece, gli agricoltori non possono  convertire i prati senza essere preventivamente autorizzzati da Agea, che rilascerà l’autorizzazione entro il tremine di 30 giorni.

– B2.3) la presenza di aree di interesse ecologico.

E’ stata prevista la creazione di vere e proprie aree di interesse ecologico. Esse si applicano solo alle superfici a seminativo; non si applicano alle colture permanenti e ai prati e pascoli permanenti. Ciò rappresenta una grande novità del negoziato perché esclude dall’obbligo le colture permanenti (vigneti, oliveti, frutteti, ecc.).

Le aree di interesse ecologico sono obbligatorie per le aziende con più di 15 ettari di seminativi e per almeno il 5% della superficie a seminativo.  La soglia del 5% potrà essere aumentata al 7% nel 2018.

Sono tuttavia escluse dallobbligo di creare zone di interesse ecologico, le aziende in cui:

– i seminativi sono investiti per più del 75% a foraggio e/o a maggese o a colture leguminose, a condizione che i seminativi restanti non superino i 30 ettari;

– le superfici agricole sono investite per più del 75% a prato permanente, foraggio o a colture sommerse per una parte significativa dell’anno (ad esempio il riso), a condizione che i seminativi restanti non superino i 30 ettari.

Il caso: 1) L’azienda agricola di Tizio è coltivata a seminativo ed ha un estensione di circa 120 ettari. Essa fa già diversificazione colturale coltivando frumento tenero , soia e mais in parti uguali ; sulla sua estensione sono inoltre presenti prati permanenti mai convertiti. Poichè la superficie coltivata è inoltre superiore a 15 ettari (cioè alla soglia al di sotto della quale è esclusa la creazione delle aree di interesse ecologico) e l’azienda non prevede foraggere permanenti (requisito che avrebbe permesso di escludere le aree ecologiche indipendentemente dalla superifice coltivata), l’azienda di Tizio dovrà creare aree ecologiche. Più precismanete dal 2015 dovrà sottrarre 6 ettari (5% dei 120 ettari complessivi) da destinare a scopi ambientali.

2)   L’azienda agricola di Caio è un azienda di allevamento di suini e coltiva solo mais per il mangime su una superficie di 60 ettari. In questo caso non è rispettato l’obbligo di diversificazione (su 60 ettari occorrono infatti tre colture) ed inoltre è necessario anche qui creare aree di interesse ecologico, poiché la superficie coltivata risulta di 60 ettari (quindi superiore alla soglia dei 15 ettari al di sotto della quale sarebbe esclusa la creazione di aree di interesse ecologico). Per il mais potrà quindi destinare non più di 45 ettari (la coltura principale infatti non può essere superiore al 75% della superficie complessiva), impegnando gli ettari restanti per altre colture. Di questi 15 ettari restanti 3 ettari (5% dei 60 ettari complessivi) prenderanno la via dell’inverdimento, uscendo dalla superficie produttiva.

3)   L’azienda agricola di Sempronio, della superficie complessiva di 150 ettari, è destinata per più del 75% alla coltivazione di riso sommerso senza che i seminativi restanti siano superiori a 30 ettari. In tal caso non sussisterà né alcun obbligo di diversificazione né tantomeno la necessità di creare aree di interesse ecologico.

Infine occorre ricordare anche le

B3) pratiche equivalenti.

Infatti, per evitare di penalizzare quanti già adottano sistemi di sostenibilità ambientale, è stato adottato un sistema di cd. “equivalenza d’inverdimento” in base a cui le prassi favorevoli all’ambiente già in vigore sostituiscono gli obblighi del greening.

Le pratiche equivalenti del greening sono quelle pratiche agricole  benefiche per il clima e per l’ambiente

Rientrano nelle pratiche equivalenti:

– i regimi agroambientali dei piani di sviluppo rurale che adottano misure equivalenti;

–      i sistemi di certificazione ambientale, nazionali o regionali.

Riportiamo di seguito alcuni esempi di pratiche equivalenti:

– Gestione (potatura, sfrondatura, date, metodi, restauro) di elementi caratteristici del paesaggio (alberi, siepi, vegetazione ripariale arborea, muretti di pietra, fossati, stagni);

– Mantenimento di suoli torbosi o umidi arabili seminati a erba (con assenza di uso di concimi e prodotti fitosanitari);

– Conversione di seminativi in prato permanente ad uso estensivo;

– Gestione di bordi all’interno di campi e appezzamenti per fauna selvatica o fauna specifica (bordo erbaceo, protezione di nidi, fasce con fiori selvatici, sementi locali miste, colture non raccolte).

Va infine ricordato come il mancato rispetto del greening comporti la riduzione del pagamento ecologico; l’agricoltore che non rispetta il greening perde solo tale pagamento. Ma questa norma vale fino al 2016.

Dal 2017, le penalità aumentano. Infatti, a partire dal 2017, il mancato rispetto del greening comporterà una sanzione applicabile anche al pagamento di base (di importo pari al 20% del pagamento verde nel 2017 e al 25% nel 2018). In altre parole, dal 2017, l’agricoltore che non rispetta il greening perde tale pagamento e va a intaccare il 20-25% del pagamento base.

3) Infine nel caso in cui Tizio non prosegua l’attività del ramo aziendale nè affitti il ramo di azienda,  il pagamento base del 2014 (maturato sui 100 ettari) si spalmerà sui 100 ettari di gestione del 2015 (non su 130 perchè sono solo 100 quelli coltivati direttamente): stessa situazione del caso 2.

Parte Terza:

C) Il pagamento accoppiato

D) Il pagamento per i giovani agricoltori

E) Brevi cenni sul regime dei piccoli agricoltori

 

 C) Il pagamento accoppiato rappresenta la forma di pagamento che l’Italia ha adottato nell’ambito dei pagamenti facoltativi. Oltre al pagamento accoppiato erano infatti presenti ulteriori forme di pagamento facoltative quali il pagamento redistributivo, il pagamento per le zone con vincoli naturali, il pagamento per i piccoli agricoltori: l’opzione del nostro Stato è caduta sul pagamento accoppiato.

Detta forma di pagamento rappresenta un aiuto comunitario strettamente legato alla produzione, e previsto generalmente per settori agricoli che si  trovano in difficoltà o che rivestono una particolare importanza per ragioni economiche, sociali o ambientali.

Centrale ai fini dell’approvazione del sostegno accoppiato appare il ruolo assunto dalla Commissione Europea, la quale approva tale aiuto ove sia dimostrata la necessità:

C1) di mantenere un certo livello di produzione specifica, a causa della mancanza di alternative produttive e al fine di ridurre il rischio di abbandono della produzione e dei problemi sociali e/o ambientali che ne derivano;

C2) di compensare i pregiudizi economici per gli agricoltori che operano in settori colpiti da continue instabilità del mercato;

C3) di assicurare un approvvigionamento stabile per l’industria di trasformazione locale, evitando conseguenze negative sul piano sociale ed economico.

La presa d’atto in ciascun Stato Membro delle problematiche segnalate ai punti C1,C2 e C3 hanno indotto il legislatore comunitario a ricomprendere il sostegno accoppiato fra le possibili forme di sostegno facoltativodella Nuova Pac.

Scendendo nel dettaglio dei numeri, va osservato come l’Italia, per l’anno 2015, abbia scelto di destinare al sostegno accoppiato l’11% del massimale nazionale: più precisamente una cifra pari a 492,22 milioni di euro su un massimale nazionale pari a circa 3 miliardi e 902 milioni di euro.

Il sostegno accoppiato è stato  adottato in particolare per tre macrosettori:

zootecnia——-> ad esso destinando circa 211,87 milioni di euro;

– seminativi——> ad esso destinando circa 146,97 milioni di euro;

–      olivicoltura —–> ad esso destiando circa 70,39 milioni di euro.

I singoli prodotti ammissibili all’aiuto sono stati: cereali, semi oleosi, colture proteiche, legumi da granella, lino, canapa, riso, frutta in guscio, patate da fecola, latte e lattiero-caseari, sementi, carne ovi-caprina, carne bovina, olio d’oliva, bachi da seta, foraggi essiccati, luppolo, barbabietola da zucchero, canna da zucchero, cicoria, prodotti ortofrutticoli, bosco ceduo a rotazione rapida. Di fatto, i settori interessati sono stati praticamente tutti, ad esclusione del tabacco e del settore vitivinicolo.

Ai fini che qui ci interessano, e cioè per il riso, la somma destinata per l’anno 2015 è stata pari a 22,75 milioni di euro pari al 5,3% del totale messo a disposizione per il sostegno accoppiato (492,22 milioni di euro, come già detto prima).

Più in particolare il premio concesso per le superfici coltivate a riso è stato stimato intorno ai 120 € per ettaro. Laddove la produzione risulti significativa, le Regioni si impegnano inoltre ad attivare una misura a cui i produttori possano partecipare per favorire l’adesione al sistema di qualità nazionale produzione integrata, con l’obiettivo di valorizzare la coltivazione del riso quale elemento caratteristico del paesaggio, dell’ambiente, della cultura, dell’economia e del territorio.

Tuttavia, come ribadito da più parti, il sostegno accoppiato risulta  frastagliato in  troppi settori; infatti i pagamenti previsti per ogni settore risultano di impatto poco significativo, senza considerare le complicazioni burocratico- amministative dipendenti dalle peculiarità di ogni singolo settore (in tutto 10).

Il dibattito sull’aiuto accoppiato è stato fino ad oggi molto acceso. La decisione conclusiva è stata il frutto di una mediazione al ribasso, che ha generato un sostegno accoppiato con poche decine di euro/ettaro o capo. I vantaggi per lo sviluppo agricolo saranno quindi limitatissimi, ad eccezione di alcuni comparti zootecnici. Peraltro il disagio per una scelta al ribasso ha fatto emergere la necessità di una revisione di medio termine nel 2016, allo scopo di introdurre modifiche per il periodo 2017-2020.

 

D)  La Nuova Pac 2014-2020 ha affrontato con vigore il tema del ricambio generazionale in agricoltura. Una delle principali novità dell’intera architettura dei pagamenti diretti è stata infatti l’introduzione di un pagamento diretto di natura obbligatoria per i giovani agricoltori. E’ stato infatti previsto che gli Stati Membri possano destinare fino al 2% del massimale nazionale a tale forma di pagamento. In particolare l’Italia ha scelto di destinare l’1% del massimale nazionale a tale forma di pagamento: qualora le risorse non risultino tuttavia sufficienti si farà ricorso alla riserva nazionale.  Questo pagamento ad hoc è stato propugnato dalle Istituzioni europee per favorire la creazione e lo sviluppo di nuove attività economiche nel settore agricolo da parte dei giovani agricoltori. Infatti creare e sviluppare nuove attività risulta finanziariamente impegnativo ma al contempo essenziale per rendere competitivo il settore primario dell’UE: l’aiuto in questione va proprio incontro alla duplice esigenza di rendere meno onerosi per i giovani gli impegni finanziari di modo che essi possano creare e sviluppare strutture agricole competitive.

Beneficiari del pagamento saranno in particolare:

D1) agricoltori che si insediano per la prima volta in un’azienda agricola in qualità di capo azienda, o già insediati nei cinque anni precedenti e che abbiano presentato la domanda al regime dei giovani agricoltori del Piano di sviluppo rurale (PSR);

D2) agricoltori che hanno meno di 40 anni di età al momento della presentazione della domanda;

D3) agricoltori che possiedono adeguate conoscenze e competenze professionali.

Il sostegno è concesso sotto forma di pagamento supplementare annuale per un periodo massimo di cinque anni; il suo importo rappresenta una maggiorazione pari al 25% del valore medio dei titoli detenuti dal giovane agricoltore.

Gli Stati Membri hanno poi fissato un limite massimo di titoli che baneficiano di questo pagamento da ricomprendersi fra i 25 ed i 90 ettari. L’Italia ha previsto, quale limite massimo oltre il quale il giovane agricoltore non può godere del pagamento supplementare, un limite massimo di 90 ettari: fino a 90 ettari di superficie coltivata si godrà del pagamento supplemetare, oltre tale soglia no.

 

Il caso: Tizio, trentenne da sempre dedito alla coltivazione del riso, si è per la prima volta insediato a capo dell’azienda risicola di famiglia, dell’estensione di circa 120 ettari. Avrà diritto al pagamento accoppiato e al pagamento previsto per i giovani agricolturi? In che misura?

Tizio avrà diritto al pagamento accoppiato poiché la coltivazione del riso rientra in un macrosettore (quello del seminatvi) per il quale è previsto il sostegno accoppiato. Tizio percepirà quindi un premio di circa 14.400 euro, dato che l’estensione della superificie coltivata è pari a circa 120 ettari ed il premio per ciascun ettaro coltivato a riso è di circa 120 euro (120 x120)

Tizio avrà inoltre diritto al pagamento previsto per i giovani agricoltori poiché ha meno di quarant’anni, è dotato delle competenze necessarie per condurre l’azienda (essendosi sempre occupato della coltivazione del riso) e si è insediato per la prima volta a capo dell’azienda di famiglia. Tizio percepirà quindi un pagamento rappresentato da una maggiorazione pari al 25% del valore medio dei titoli detenuti dal giovane agricoltore: tale maggiorazione o supplemento sussisterà però fino ad un massimo di 90 ettari di superficie coltivata. Nel caso di specie Tizio godrà quindi della maggiorazione del 25% per 90 ettari di superficie risicola coltivata; per i restanti 30 invece sarà escluso. Si ricorda infatti che l‘Italia ha previsto, quale limite massimo oltre il quale il giovane agricoltore non può godere del pagamento supplementare, un limite massimo di 90 ettari

 

E) Va infine fatto un breve cenno alla disciplina che la Nuova Pac riserva ai piccoli agricoltori, vale a dire a quegli agricoltori le cui aziende hanno piccole dimensioni e i cui diritti all’aiuto risultano di modesto ammontare.

A costoro infatti la Nuova Pac riserva un pagamento unico che si sostituisce a tutti gli altri pagamenti diretti: ciò in un ottica di semplificazione amministrativa. La scelta verso questo tipo di pagamento unico forfettario ha natura facoltativa e dipendera’ dalla presentazione di apposita domanda entro il 15 settembre 2015.

L’importo dell’aiuto oscillerà tra un minimo di 500 euro ed un massimo di 1250 euro.

Inoltre i piccoli agricoltori che adottino un simile regime dovranno osservare regole di condizionalità meno rigorose e saranno esonerati dal greening, cioè da tutte quelle pratiche agricole benefiche per clima ed ambiente già esaminate nella parte seconda della presenta trattazione. Autore: Massimiliano Carnia, avvocato presso il foro di Biella, studio in via XX Settembre n.17 (22.10.14)

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