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LA REGOLARIZZAZIONE NON CI SERVE

da | 16 Mag 2020 | NEWS

Il ministro Bellanova

L’agricoltura della Pianura Padana è caratterizzata da coltivazioni con richieste di manodopera diverse: si passa dai cereali caratterizzati da esigenze modeste di manodopera alla viticoltura e all’ortofrutta che, soprattutto in alcune settimane, richiedono molti addetti. E anche qui gli addetti hanno natura differente: iperspecializzati  i potatori di vite, meno formati i raccoglitori di fragole e di pomacee. Il clamore sollevato dalla regolarizzazione di alcune migliaia di migranti non corrisponde dunque a un reale effetto sull’agricoltura di pianura che resta colpita non solo dalla difficoltà di reperire addetti, bensì da problemi più strutturali solo esasperati dall’emergenza Covid19. 

Le associazioni di categoria si sono espresse in modo netto. Coldiretti ritiene che «il provvedimento della Bellanova, con annesse lacrime, non è ciò che serviva realmente alle imprese italiane.  Considerate le istanze e i suggerimenti di Coldiretti, per quale motivo non si è seguita la linea suggerita dalla categoria?  La sensazione di trovarsi di fronte ad una gigantesca sanatoria per i clandestini africani, data da ragioni politico-ideologiche più che relative al lavoro, pare essere sempre più concreta». 

In attesa che si trovi velocemente una soluzione all’emergenza manodopera nelle campagne, Confagricoltura «si è attivata per fare incontrare domanda e offerta di lavoro attraverso AgriJob, la piattaforma che facilita l’incontro tra aziende agricole e lavoratori. Si tratta di un servizio di intermediazione, riconosciuto dal Ministero del Lavoro, che consente a chi cerca occupazione di essere messo in contatto direttamente con le aziende della propria provincia, e alle imprese di intercettare velocemente i candidati».

Cia-Agricoltori Italiani dice: «In primo luogo, cominciamo a utilizzare gli italiani economicamente in difficoltà, dai cassaintegrati ai percettori del reddito di cittadinanza, utilizzando strumenti flessibili e voucher agricoli -dichiara Dino Scanavino, presidente Cia. Senza intralci burocratici, che rallenterebbero le procedure  di reclutamento nei campi, dove già da settimane la mancanza di forza lavoro manda al macero quintali  di prodotti sani e freschi». 

«Corridoi verdi per i lavoratori»

«Si tratta di un atto di civiltà e umanità che non possiamo che valutare positivamente – spiega il Presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, Marcello Bonvicini -. Tuttavia, le regolarizzazioni previste non saranno sufficienti a coprire l’esigenza di manodopera in agricoltura sia in termini quantitativi, sia in termini di tempestività. Ricordiamoci che in agricoltura pochi giorni sono determinanti per la raccolta di molti prodotti.  Ogni anno in Emilia Romagna c’è necessità di 50 mila persone di cui 30 mila provengono in larga parte dai paesi dell’Est Europa e dal Nord Africa. Riteniamo sia più opportuno programmare dei corridoi verdi che riescano a portare i lavoratori in Italia bypassando le quarantene. Evidenzio, inoltre il grande risultato ottenuto dal nostro portale Agrijob dove abbiamo raccolto in tre mesi 3059 domande di lavoro che, almeno in parte, ovvieranno all’emergenza Covid: i profili sono vari, per lo più disoccupati del commercio e turismo, baristi e commesse ma anche agenti immobiliari».  

«Il sentimento antisistema non aiuta l’agricoltura»

A guardare oltre il tema della mano d’opera è Giovanni Daghetta, Presidente Cia Lombardia: «Il dibattito riguarda marginalmente la coltivazione dei cereali che richiede poca mano d’opera; fa eccezione il riso da seme per via della monda, ma parliamo di non oltre il 3% della produzione. Anche altre filiere nobili quali vino e latte sono coinvolte poco da queste regolarizzazioni, in quanto necessitano di mano d’opera altamente specializzate e spesso già legate stabilmente al territorio. La regolarizzazione del lavoro nero è certamente auspicabile e se quella dell’emergenza Covid19 è l’occasione per sanarlo, non possiamo che essere favorevoli. Tuttavia, credo che proclami politici a parte, i problemi dell’agricoltura siano più riconducibili alla rigidità degli apparati e alla lungaggine della burocrazia. Penso, per esempio, alle responsabilità che i datori di lavoro hanno nei confronti di eventuali contagi Covid19 dei propri dipendenti. Alcuni provvedimenti sembrano troppo condizionati da un sentimento antisistema che di certo non fa gli interessi dell’agricoltura».

«Canale di collaborazione con Paesi come la Romania»

Per Roberto Moncalvo Presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa Delegato Confederale: «è necessaria subito una radicale semplificazione del voucher “agricolo” che possa ridurre la burocrazia e consentire anche a percettori di ammortizzatori sociali, studenti e pensionati italiani lo svolgimento dei lavori nelle campagne in un momento in cui scuole, università e molte attività economiche sono rallentate e tanti lavoratori sono in cassa integrazione. Le imprese agricole hanno bisogno anche di professionalità ed esperienza con il coinvolgimento delle stesse persone che ogni anno attraversano il confine per un lavoro stagionale per poi tornare nel proprio Paese. Non per tutti i lavori in agricoltura ci si può improvvisare, ma per la maggior parte serve manodopera formata e qualificata. Va immediatamente aperto un canale di collaborazione con Paesi, come la Romania, da dove viene circa 1/3 dei nostri lavoratori stagionali con i quali nel tempo sono stati stabiliti rapporti fiduciari. In Piemonte i voucher sono utili soprattutto nel periodo della vendemmia, ma non sono solo: ad usufruirne sono anche più di 8 mila imprese ortofrutticole che necessitano di 20 mila raccoglitori. Oltre 5 mila aziende vitivinicole piemontesi hanno, negli scorsi anni, atteso l’attivazione della procedura per generare circa 13 mila posti di lavoro durante la raccolta dell’uva». L’organizzazione agricola ha rilevato in queste ore a livello nazionale come – contrariamente alla regolarizzazione – l’apertura delle frontiere italiane ai cittadini europei non solo favorisce il turismo ma salva anche i raccolti Made in Italy nelle campagne con il ritorno dei circa 150mila lavoratori stagionali comunitari provenienti da Romania,  Polonia e Bulgaria e altri Paesi europei rimasti bloccati dalla chiusura dei confini per la pandemia. In discussione vi è la possibilità di riapertura delle frontiere dal 3 giugno senza obbligo di quarantena ai cittadini  europei, con l’avvio già da lunedì di un coordinamento a livello europeo. Si attende ora che venga siglato il protocollo anti-contagio per il settore agricolo con  i Ministri competenti e l’assistenza dell’INAIL. L’apertura di corridoi verdi per la libera circolazione degli stagionali agricoli all’interno dell’Unione Europea, che è stata sollecitata dalla stessa Commissione, ha già permesso a decine di migliaia di lavoratori  comunitari di tornare a lavorare nelle campagne della Germania e della Gran Bretagna grazie a accordi tra i diversi Paesi e la stessa Francia ha da poco annunciato l’apertura delle proprie frontiere ai lavoratori dell’area Schengen. Autore: Andrea Bucci

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