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IL SINDACATO ACCUSA E FERRERO RISPONDE

da | 9 Feb 2016 | NEWS

Bodo

ferreroIn relazione alle notizie di stampa diffuse in questi giorni a proposito dei primi bandi del Programma di sviluppo rurale 2014-2020… Quando arriva in redazione una email di questo tenore dell’Assessorato all’agricoltura della Regione Piemonte – è successo ieri sera – si capisce che il confronto tra l’istituzione e il mondo agricolo ha raggiunto livelli insostenibili. L’assessorato di Giorgio Ferrero (foto piccola) è da giorni al centro degli attacchi di Coldiretti e Confagricoltura, che non hanno preso di mira solo la parte politica, ma hanno colpito al cuore del sistema, mettendo in discussione la capacità della burocrazia regionale di gestire i fondi europei per lo sviluppo rurale: prova ne sia il testo di Coldiretti Piemonte che abbiamo riportato nell’articolo http://www.risoitaliano.eu/coldiretti-caro-ferrero-cosi-non-va/ dopo aver seguito passo per passo l’approvazione del nuovo Psr. Oggi vediamo nel dettaglio le accuse del mondo agricolo e la risposta di Ferrero, in modo che i nostri lettori possano farsi un’idea chiara della situazione piemontese.

L’accusa di Coldiretti Piemonte: «Con i bandi di recente emanazione sulla misura 4 del Programma di Sviluppo Rurale rischiamo di andare in una direzione assolutamente diversa rispetto al PSR che avevamo faticosamente costruito – Questo il lapidario commento della presidente di Coldiretti Piemonte Delia Revelli ad un mese dalla pubblicazione dei bandi sulle misure 4.1.1 e 4.1.2 riferite agli investimenti per innovazione e miglioramento aziendale – Abbiamo chiesto all’Assessore Ferrero, con diverse note inviate nelle ultime settimane, di porre immediatamente rimedio ad una situazione che rischia di impedire alle aziende con maggior propensione agli investimenti di accedere ai finanziamenti». «Abbiamo simulato una serie di domande sull’applicativo informatico on-line messo a disposizione, ma imprese zootecniche, ortofrutticole, vitivinicole, cerealicole e risicole di rilievo stentano ad acquisire il punteggio utile ad accedere ai finanziamenti, per non parlare delle florovivaistiche, che rischiano di essere completamente escluse – incalza il direttore regionale di Coldiretti Antonio De Concilio – Ciò che è più grave è la penalizzazione di fatto per le imprese professionali, per le quali non è prevista l’esclusività o le premialità, pur sancite nel documento inviato a Bruxelles». Dopo l’incontro in assessorato della scorsa settimana, in cui è stata anche prospettata una situazione tutt’altro che confortante in riferimento alle circa 1.100 domande inserite, che in buona parte rappresentano tentativi non andati a buon fine, sembra ora arrivare una schiarita da parte dello stesso Assessore Ferrero, il quale annuncia alcuni atti amministrativi che dovrebbero fornire risposte a buona parte delle criticità denunciate da Coldiretti. «Abbiamo incontrato ripetutamente l’Assessore Ferrero su questi argomenti – ribadiscono i dirigenti di Coldiretti Piemonte – Egli ha sempre mostrato consapevolezza e disponibilità, ma sembra che l’Assessore debba fare i conti con non meglio identificate resistenze indebite. Anche se ci fossero problemi con Bruxelles, sarebbe opportuno che ne fossimo messi formalmente al corrente per poter attivare le nostre conseguenti azioni a sostegno della Regione». Rispetto a tale situazione, dagli Organi della Coldiretti piemontese è scaturita la volontà di conoscere i contenuti della nuova determina, attesa per fine settimana, e degli altri atti tesi a perseguire le necessarie correzioni degli attuali bandi: «Non possiamo giungere alla loro scadenza per porre rimedio a situazioni assolutamente distorsive rispetto a scelte politico-economiche fortemente volute, a cominciare dal riconoscimento per le imprese professionali, previdenzialmente e fiscalmente inquadrate – hanno concluso Revelli e De Concilio nella nota inviata all’Assessore Ferrero nei giorni scorsi – Egli ci ha assicurato che su questo aspetto si farà definitiva chiarezza, individuando negli Imprenditori Agricoli Professionali e nei Coltivatori Diretti i destinatari dei finanziamenti. Comunque, interpretando correttamente il mandato affidatoci, saremo costretti a far valere in ogni sede il riconoscimento dei bisogni e dei diritti degli imprenditori, quale sacrosanto dovere per tracciare possibili traiettorie di futuro per i nostri territori».

L’accusa di Confagricoltura Piemonte: «La Regione Piemonte ha attivato i primi bandi del nuovo Programma di Sviluppo Rurale 2014/2020 il 23 dicembre scorso – si legge in un documento ufficiale della confederazione -. L’impostazione adottata sta facendo registrare una serie di criticità, creando difficoltà alle imprese agricole piemontesi, sia per le complicazioni burocratiche, sia perché le misure attivate limitano fortemente lo sviluppo delle aziende. Il Piemonte ha presentato il documento alla Commissione Europea con molto ritardo ed è arrivato alla definizione dei primi bandi a fine dicembre, aprendo le domande senza delineare precisi obiettivi e con un sistema informatico non funzionante. Ad un mese dall’apertura i problemi del programma informatico non sono ancora del tutto risolti e i criteri di selezione ancora incompleti: soltanto una decina di domande, su circa 1100 presentate in bozza, sono state caricate dal sistema.

Al di là delle questioni tecniche, il PSR del Piemonte (del valore di oltre 1 miliardo per tutta la durata) penalizza le aziende con maggiore capacità competitiva, poiché queste, in base ai parametri delineati dalla Regione, non riescono ad accedere ai contributi. In tal modo le imprese che hanno forze per investire vengono penalizzate a scapito di realtà che faticheranno comunque a trovare la strada per accrescere la loro competitività. La maggior parte delle aziende (solide e vitali) vitivinicole e ortofrutticole delle nostre colline finirà così agli ultimi posti nelle graduatorie, con buona possibilità di essere esclusa dai finanziamenti. Lo stesso discorso vale per gli allevamenti suinicoli, avicoli, per le stalle attrezzate di bovini da carne e da latte, per le aziende cerealicole di medie dimensioni. A fronte di questa situazione, Confagricoltura chiede alla Regione la tempestiva ridefinizione dei criteri di selezione e la riapertura di un nuovo bando per rispondere alle attese delle aziende agricole del Piemonte. Occorre evitare di restituire all’Europa centinaia di migliaia di euro, come avvenuto con la passata programmazione, a scapito dello sviluppo del settore primario nazionale.

La confederazione di Gian Paolo Coscia prosegue nell’accusa ricordando le tappe che hanno condotto alla approvazione del Piano: «Il Psr del Piemonte è giunto all’approvazione dell’Unione Europea con forte ritardo. Doveva essere inviato a Bruxelles entro il 22 luglio 2014, ma la Regione Piemonte l’ha adottato formalmente soltanto il 28 agosto 2014, inoltrandolo a Bruxelles il 1° settembre attraverso il sistema informatico di colloquio con l’Unione europea. Il ritardo, secondo quanto è stato riferito dall’assessore regionale all’Agricoltura Giorgio Ferrero con un comunicato stampa, sarebbe stato determinato dal fatto che la Giunta Chiamparino, all’atto del suo insediamento, si è trovata di fronte a un documento “fortemente lacunoso”. Se il primo documento presentava qualche criticità, la riscrittura non è stata certamente un capolavoro di chiarezza, tant’è che la Commissione europea il 27 febbraio 2015 ha rispedito al mittente il Psr piemontese con precise richieste di risposta a 808 osservazioni. La lettera che ha accompagnato le 129 pagine di osservazioni della Commissione sul Psr, firmata dal polacco Jerzy Plewa, direttore generale della Direzione generale della Commissione europea per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, riporta infatti che gli uffici di Bruxelles “hanno valutato il programma di sviluppo rurale proposto e ritengono che una serie di gravi questioni imponga la necessità di ulteriori chiarimenti e la revisione della proposta… Le saremmo grati se potesse prendere in considerazione tali osservazioni, fornire le informazioni supplementari necessarie per la valutazione del programma e presentare una versione rivista della proposta di programma di sviluppo rurale”. Incassato il primo stop, la Regione cerca di recuperare il tempo perduto. A Bruxelles intanto iniziano ad approvare i bandi delle diverse regioni italiane: prima del Piemonte, oltre alle principali regioni e province autonome del Centro Nord, arrivano al traguardo anche Sardegna e Molise. Finalmente il 28 ottobre arriva l’approvazione che mette a disposizione 1,09 miliardi di euro di finanziamento pubblico di qui al 2020.

Il 26 e 27 novembre s’insedia il Comitato di Sorveglianza, si preparano i bandi e intanto si aprono le prime “pre-adesioni” per alcune misure agro-ambientali. La Regione, a inizio dicembre 2015, continua a sostenere informalmente che l’apertura delle domande è imminente, ma si sottrae al confronto con le organizzazioni agricole. Comunica attraverso i canali ufficiali, ma evita le riunioni politiche e tecniche. La consultazione tra la Regione e le organizzazioni agricole è dunque puramente formale. La Regione, per l’attivazione dei bandi relativi ai miglioramenti aziendali, che si riferiscono alle domande recentemente aperte, invia per posta elettronica alle organizzazioni agricole la bozza del documento alle ore 18:02 di venerdì 11 dicembre 2015, chiedendo una risposta entro lunedì 14 dicembre, perché il testo deve essere consegnato alla segreteria della Giunta entro mercoledì 16 dicembre. Per esprimere una valutazione compiuta sulla destinazione di 80 milioni di euro si lascia cioè alle organizzazioni degli agricoltori il tempo di un fine settimana. La Regione attiva ufficialmente i primi bandi del nuovo Psr relativi ai miglioramenti aziendali il 23 dicembre. Le domande fanno registrare ancora oggi una serie di criticità legate a informazioni troppo scarne e a problemi di funzionamento degli applicativi informatici in parte risolti soltanto all’inizio di questa settimana, cioè oltre un mese dopo l’apertura dei bandi, dopo un pesante “pressing” delle organizzazioni agricole.

Secondo Confagricoltura, questa è un’impostazione che risente di una concezione dell’agricoltura intesa come attività “residuale”, dedita più che altro alle produzioni destinate a un mercato locale e/o all’autoconsumo. Lo dimostrano i punteggi attribuiti alla “produzione standard” delle imprese: in pratica, se un’azienda supera 100.000 euro, il punteggio per le graduatorie si riduce al minimo, mentre un’impresa che fattura pochissimo e che è al limite della sopravvivenza economica ottiene il massimo dei punti disponibili. «La redditività effettiva di queste aziende è molto bassa, – afferma Gian Paolo Coscia, presidente di Confagricoltura Piemonte – tanto che difficilmente potranno reggere la competizione sul mercato globale. Quando invece una politica agricola volta a favorire la competitività delle imprese dovrebbe sostenere quelle imprese connotate da requisiti economici più solidi e rassicuranti». In questo modo le aziende che hanno forze per investire sono penalizzate a scapito di realtà che faticheranno comunque a trovare la strada per accrescere la loro competitività. La maggior parte delle aziende (solide e vitali) vitivinicole e ortofrutticole delle nostre colline finirà agli ultimi posti nelle graduatorie, con buona possibilità di essere esclusa dai finanziamenti. Lo stesso discorso vale per gli allevamenti suinicoli, avicoli, per le stalle attrezzate di bovini da carne e da latte, per le aziende cerealicole di medie dimensioni. Con il nuovo PSR, i primi bandi usciti sulla Misura 4, quella che finanzia l’ammodernamento delle aziende, corrono rischio di restare solo sulla carta, senza domande. Gli uffici del Vercellese hanno fatto alcune simulazioni su situazioni reali di aziende risicole e non si raggiunge il punteggio minimo previsto dal bando per la presentazione delle domande! I dati di riferimento sulla base dei quali sono stati definiti i parametri per i punteggi (produzione standard) sono infatti inadeguati, essendo fermi al 2010, e non tengono conto né del mercato, né della variazione dei costi di produzione. Alcuni esempi: il valore di un vigneto per uva da vino (DOP e IGP) è calcolato in 14.098 euro ad ettaro, senza fare alcuna distinzione tra un vigneto coltivato a Nebbiolo da Barolo e un altro coltivato a Cortese. Il valore dato al settore suinicolo è, al contrario, troppo elevato rispetto alla redditività attuale del comparto; questo significa che l’azienda con una produzione standard superiore a 100.000 euro è svantaggiata rispetto a un’altra con minore produzione standard. I massimali di spesa (250.000 euro), inoltre, sono troppo bassi. In Veneto, ad esempio, sono di 600.000 euro. In entrambe le regioni il contributo concesso è del 40% a fronte delle spese documentate.

Per i giovani non è ancora possibile presentare domanda di insediamento, poiché il bando specifico non è ancora stato aperto, mentre è stato attivato il bando relativo ai miglioramenti delle aziende condotte da giovani. Per un giovane che vuole aprire un’azienda agricola non ci sono i riferimenti necessari per aderire alla Misura del PSR, con il rischio di rimanerne fuori, ma non può neanche accedere alla Misura relativa ai miglioramenti aziendali se è in attività, senza avere presentato la domanda di insediamento nella passata programmazione 2007/2013. Inoltre possono accedere ai contributi gli agricoltori attivi, i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali, senza alcuna distinzione a favore di questi ultimi. Ciò significa che chi fa l’agricoltore di professione è equiparato a chi svolge anche altre attività.

Non paga, la confederazione rivanga il passato: «L’esperienza del PSR 2007-2013, con il Piemonte che deve restituire all’Unione Europea 8 milioni di euro, senza contare i cofinanziamenti persi, non sembra essere servita. A fine anno si è chiusa la “vecchia programmazione”, che ha beneficiato (per tutta l’Unione Europea) di due anni di allungamento della scadenza, prevista in origine per il 2013. Il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, in sede di consuntivo, ha comunicato che è stato impegnato il 98,75% delle risorse a disposizione. Il “disimpegno” (pillola edulcorata che si può tradurre con la dizione meno nobile di “incapacità di spendere”) è stato “limitato” (sono affermazioni del Ministero) all’1,15%, per un ammontare di circa 104 milioni di euro di quota FEASR. In pratica l’Italia ha detto a Bruxelles: “Tenetevi pure 104 milioni di euro, perché non sappiamo come spenderli”. Le Regioni che hanno raggiunto la quota del 100% dell’impiego dei fondi sono state Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Molise, Toscana, Umbria, Veneto e Puglia. Nella classifica dei pienamente virtuosi non c’è la nostra regione. In Piemonte sono stati erogati 991 milioni di euro (dati ufficiali della Regione Piemonte). Nel complesso è stato speso il 98,16%. L’assessore all’Agricoltura Giorgio Ferrero ha dichiarato che “sono numeri che dimostrano l’ottimo lavoro svolto dagli uffici regionali e da Arpea, l’ente pagatore”. Non discutiamo sull’impegno, ma il risultato è chiaro. Il Piemonte, a conti fatti, rimette nelle disponibilità dell’Unione europea una ventina di milioni di euro. In sostanza e senza polemica, non siamo stati capaci a spendere tutte le somme che avevamo a disposizione: con 20 milioni di euro (per l’esattezza 20.446.500 euro), solo per fare un esempio, si sarebbero potute finanziare 250 domande di aiuto per investimenti aziendali, concedendo un contributo di 80.000 euro per azienda. Cosa che non è avvenuta». Infine, ecco le richieste di Confagricoltura: «dopo più di un mese dall’apertura dei bandi, a causa delle criticità e dei mal funzionamenti, le domande formalmente trasmesse sono appena una decina, a fronte di circa 1.100 inserite in bozza, di cui poco più di un terzo raggiungono il punteggio minimo per essere inserite in graduatoria. Stante questa situazione, i ritardi e le anomalie, Confagricoltura chiede alla Regione Piemonte la tempestiva ridefinizione dei criteri di selezione e la riapertura di un nuovo bando per rispondere alle attese delle aziende agricole del Piemonte».

La risposta della Regione Piemonte: incassate le accuse, Ferrero convoca i sindacati, annuncia (pare) una determina per rivedere alcune cose, ma soprattutto torna anche a difendere i suoi burocrati e il Psr che hanno scritto e lo fa con questa nota che riportiamo integralmente: «In relazione alle notizie di stampa diffuse in questi giorni a proposito dei primi bandi del Programma di sviluppo rurale 2014-2020, e in particolare ai bandi della misura 4 sugli investimenti materiali, è importante fare alcune precisazioni e fornire dei dati. Alla data del 5 febbraio risultavano caricate a sistema circa 1550 domande in stato di bozza di cui 1400, seppur non rese definitive, sufficientemente complete nei dati per poter calcolare il punteggio di ingresso. Di queste, 750 – pari al 53% – risulta avere un punteggio superiore al valore minimo previsto dal bando. Ovviamente si tratta di una prima risultanza, basata sulla soglia di ammissibilità e fornita in automatico dal sistema informativo, che non dice ancora nulla sul merito e sui contenuti delle domande stesse, che verranno esaminati in fase di istruttoria. Si può però già affermare che c’è un grande interesse da parte degli imprenditori agricoli e che la “macchina” PSR sta cominciando a funzionare. Infatti, se il trend dovesse rimanere questo, si arriverà a breve a coprire l’intero budget previsto dal bando, dimostrando così la sua efficacia in termini di semplificazione, certezza dei tempi e senza creare illusioni.

I bandi, a cui possono accedere gli Imprenditori Agricoli Professionali, hanno evidenziato alcune problematiche legate al sistema informatico, riscontrate nelle prime settimane di apertura, a cui si lavorando per una messa a punto. Criticità che erano prevedibili, trattandosi del primo bando con un nuovo modello gestionale, aperto in tempi molto ristretti rispetto a quando il PSR è stato approvato e il Comitato di Sorveglianza (che si è riunito a fine novembre) ha dato il via ai criteri di selezione. E’ importante sottolineare, inoltre, alcuni elementi di novità di questa programmazione, e che riguardano non solo il bando in questione:

▪ i punteggi e le soglie minime e massime sono attribuite dalla procedura in modo automatico: questo permette oggettività e trasparenza.

▪ Inoltre, consente un riscontro immediato: le domande non finanziabili non vengono ammesse sin dall’origine, evitando iter lunghi e infruttuosi

▪ Per lo stesso motivo, le istruttorie saranno più semplici e più veloci, con un vantaggio sia per l’amministrazione sia per i beneficiari

▪ I criteri di selezione dei bandi rispecchiano quanto stabilito nell’elaborazione del testo PSR seguendo i principi delle norme comunitarie, nonchè dall’analisi approfondita del contesto regionale che ha individuato nelle aziende di una determinata fascia dimensionale il target degli interventi.

▪ Verranno aperti diversi bandi nel corso della programmazione: i beneficiari avranno dunque più opportunità nel tempo e anche chi è escluso ora potrà adeguare, se necessario, i progetti e ripresentare domanda (sulla misura 4.1 è programmata l’apertura di un nuovo bando entro un anno).

Entro fine febbraio, infine, sarà pubblicato il bando della misura 6, insediamento giovani, che prevede contributi a fondo perduto differenziati per aree agricole». (09.02.2016)

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