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GESTIONE DEL RISCHIO DA RIVOLUZIONARE

da | 26 Feb 2020 | Norme e tributi

L’adesione delle aziende agricole agli strumenti della gestione del rischio è diventata un’esigenza imprescindibile. Nell’attuale scenario competitivo, infatti, la redditività aziendale è seriamente minacciata sia dalla maggiore frequenza di eventi climatici estremi, a seguito dei cambiamenti climatici, sia dalla volatilità dei prezzi che caratterizza il mercato globalizzato. Coldiretti Pavia, in collaborazione con i consorzi di difesa, ha voluto affrontare l’argomento della gestione del rischio attraverso un incontro presso l’agriturismo “Granai Certosa” (Pv), al quale sono intervenuti Coprovi-Condifesa, Asnacodi, l’Assessore Rolfi e i professori Fabian Capitanio, docente di Economia e Politica Agraria presso l’Università Federico II di Napoli e Samuele Trestini, docente di Economia Agraria dell’Universitá degli Studi di Padova, Dipartimento TESAF.

Quattro milioni di persone

«Si pongono delle problematiche serie: un dato che molti sottovalutano è che nel nostro Paese, ci sono circa 4 milioni di persone che vivono intorno alla famiglia agricola – spiega l’esperto Fabian Capitanio, durante la sua relazione tecnica sulla “Gestione del rischio nel contesto agro-climatico” – Anche dal punto di vista sociale, l’Italia è unica nel mondo per la sua morfologia e i suoi borghi vivono principalmente di agricoltura, che rappresenta il collante storico e culturale per i cittadini che vi risiedono. L’intero comparto agroalimentare è stato quello che maggiormente ha contribuito a contenere, e poi rilanciare, la discesa del Pil italiano con una crescita, dal 2007, superiore all’8 per cento (contro un 4,5 dell’intero sistema economico) e con un valore aggiunto superiore a 125 miliardi di euro. Tuttavia, rispetto al tema della gestione del rischio di reddito in agricoltura, risulta necessario colmare il divario esistente tra le diverse parti del Paese: oggi, ma è così da 15 anni, soltanto un quinto del totale della PLV agricola nazionale risulta assicurata. Di questo 20%, l’85% si concentra in poche province del Nord Italia, e circa 800 mila aziende agricole sono fuori da ogni tutela assicurativa. Questa fortissima concentrazione, in concomitanza con l’aumento della frequenza degli eventi naturali catastrofali, sta creando fortissimi problemi di sostenibilità al mercato assicurativo (e riassicurativo): compagnie assicurative che evidentemente hanno la colpa di non aver saputo creare un’offerta di prodotti adatta alle realtà produttive del centro-sud Italia ma, hanno anche sottovalutato il problema degli investimenti in capitale umano dedicato al settore primario che, notoriamente, è un settore con peculiarità particolari rispetto agli altri settori economici. Il problema è che l’Italia, pur ricevendo dalla Pac grande assistenza non fa nulla. Per giustificare il sostanziale fallimento dell’intervento pubblico in tale ambito (parliamo di un intervento complessivo agli strumenti di gestione del rischio di circa 350 milioni di Euro annui) però, ci sono anche altre ragioni. Il più importante, indubbiamente, è quello di aver identificato l’assicurazione agricola con la gestione del rischio: l’agricoltura ha bisogno di strumenti diversi che vadano a gestire esigenze diverse (credito, fondi, polizze parametriche, ecc)».

E il cambiamento climatico come incide?

«Esiste da sempre un connubio naturale tra clima e agricoltura – ha detto l’esperto – ma oggi la storia che ha legato cielo e campo sta cambiando in maniera repentina e profonda. In realtà noi percepiamo il risultato di qualcosa che già avviene da più di un decennio. Questo scenario ci pone serie difficoltà nel perpetuare un modello gestionale sostenibile sulla base delle esperienze del passato perché sono cambiate frequenza ed intensità degli eventi catastrofali. In termini pratici, cambiano le probabilità e aumenta l’incertezza: se la temperatura media aumenta, varia la distribuzione e, con questa variazione, cambiano le probabilità di accadimento degli eventi rari;  quello che prima accedeva molto raramente oggi è molto più probabile. Si tratta di tendenze, ormai conclamante, che metteranno a repentaglio la stabilità dei redditi agricoli».

Quali sarebbero le possibili soluzioni?

«La necessità – ha precisato Capitanio – è quella di dare atto ad un nuovo modello di sostegno con polizze index based, IST; fondi mutualità, premialità PSR; premialità rapporto banca impresa; velocità di accesso alla liquidità. C’è bisogno di un portafoglio di strumenti la cui interazione permetterà alle imprese la possibilità di dare risposte adeguate alla complessità dei tempi attuali. Oggi si hanno le capacità tecniche di mercato per offrire esigenze mirate: quindi il tempo è quello di passaggio ad una gestione diversa, quindi di portafoglio oserei dire».

Come si possono limitare i danni?

«Si deve favorire l’innovazione, e le banche devono avere un rapporto paritetico con le aziende agricole che, nel 95% dei casi, non hanno bilanci. L’esigenza è quella di avere nuove competenze dal lato dell’offerta strumenti assicurativi e maggiore interazione con il contesto istituzionale (es. premialità PSR per agricoltori che aderiscono a strumenti gestione rischio quindi, conoscenza delle politiche). È necessaria una maggiore conoscenza dei territori e delle tendenze evolutive dell’agroalimentare coniugata con un’esigenza di approccio multidisciplinare e di innovazione. Siamo nel pieno del cambiamento più radicale e rapido mai sperimentato dall’uomo, anche più del Secondo dopoguerra. A questa fase di cambiamento accentuato, fa da contraltare l’immobilismo dell’elite (politica, sindacale, imprenditoriale, accademica). Laddove c’è urgenza di soluzioni coraggiose e consapevoli di politica economica, viviamo un tempo in cui il coraggio è confinato nelle menti di pochi visionari. Laddove ci sarebbe urgenza di cambi di paradigma, viviamo un tempo di protezione miope dello status quo. Il risultato netto, amaramente, è che di realismo si muore; ed a morire non saranno soltanto gli agricoltori» ha concluso. Autore: Martina Fasani

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