OCCHIO ALLA DATA, ANZI NO

“Il cibo che si butta via è come se venisse rubato dalla mensa di chi è povero, di chi ha fame”. Lo ha detto Papa Francesco ed è una riflessione importante per il 2014 visto che questo sarà l’anno europeo contro lo spreco alimentare. Una piaga: ogni europeo consegna alla spazzatura ogni anno circa 180 chili di alimenti. Per restare in Italia, il 3% del nostro Pil fa questa fine. Anche il riso segue la stessa strada, molte volte per ignoranza. Non sempre, infatti, la data di scadenza dev’essere presa alla lettera. Per il riso, la durata del confezionamento può arrivare a tre anni ma si può consumarlo anche un anno dopo la scadenza, se la confezione non è stata aperta. Ce lo conferma l’Ente Nazionale Risi: “Tutto ovviamente dipende dalle condizioni dell’ambiente di conservazione – precisa Mauro Cormegna -; se il riso è confezionato sotto vuoto o in atmosfera modificata (senza ossigeno), può essere consumato anche molto dopo la data di scadenza. Se la confezione viene aperta o se il riso è posto in vendita in confezioni non stagne (scatola cartone o sacchetto tela) allora bisogna tener conto che il riso si conserva, bene e a lungo, solo se tenuto in ambiente fresco e con bassa umidità, condizioni che prevengono anche lo sviluppo di muffe e la proliferazione di insetti infestanti. Dopo la data di scadenza l’azione ossidante dell’aria può causare modificazioni organolettiche, come l’irrancidimento dei grassi, nel caso del riso integrale e lo sgretolamento della superficie del chicco con formazione di polvere di amido, nel caso del riso lavorato. Per il riso comunque la legislazione prevede la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro” il che significa che dopo tale data ci possono essere cambiamenti organolettici, ma non, se la conservazione è stata corretta, rischi per la salute del consumatore”. Un parere importante che ci permette di non sprecare il riso, pur prestando la massima attenzione a come viene conservato. (05.01.14)