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SUPER INFESTANTI NELLE RISAIE ITALIANE?

da | 23 Giu 2020 | Tecnica

Tante domande e altrettante risposte tecniche al webinar “Situazione attuale del controllo infestanti su mais, cereali autunno-vernini, riso e nella gestione integrata”, tenuto da Cesare Cenghialta di Corteva, il 12 giugno 2020, e al quale ha partecipato Risoitaliano.eu. Ve le riproponiamo, come sono state fornite dal tecnico della società americana.

Un prodotto con una determinata persistenza e selettivo può ridurre la presenza di infestanti che germinano dopo, se ad assorbimento radicale?

«È il caso tipico dei prodotti di pre emergenza – è la risposta -, che hanno una certa residualità, quindi la loro degradazione è più lenta e di conseguenza riescono a mantenere la capacità di espletare la loro azione di controllo delle infestanti per più giorni, si parla di qualche settimana. Questi sono proprio i prodotti che, nel caso delle infestanti che hanno una scalarità di nascita più lunga, garantiscono migliori risultati perché per 2-3 settimane riescono a mantenere un buon livello di controllo. A livello europeo, è sempre più difficile registrare prodotti residuali che però tecnicamente sono quelli che funzionano meglio. I nuovi  prodotti hanno un profilo ambientale migliore ma molto spesso sono più specifici e vanno utilizzati seguendo scrupolosamente le etichette, quindi se da un lato abbiamo un’attenzione maggiore verso l’ambiente  abbiamo però a disposizione pochi strumenti e più complessi che richiedono grande attenzione e preparazione dell’agricoltore per avere riusultati paragonabili».

Dato che si sviluppano tante resistenze ed è sempre più difficile trovare nuovi principi attivi, non si rischia di rimanere un passo indietro rispetto alle erbe infestanti?

«Di fatto questa è la situazione odierna, le problematiche ruotano tutte intorno alla gestione delle infestanti resistenti, anche a livello di ricerca e di pubblicazioni. Si rischia di restare sempre un po’indietro, anche perché abbiamo selezionato delle culture con caratteristiche di produzione che determinano l’esposizione della pianta ad una competizione con erbe selvatiche che riescono a crescere anche in condizioni di stress: mentre la pianta infestante ha bisogno di pochi input, le nostre colture oggi sono molto richiedenti in termini di input per esprimere un potenziale produttivo elevato».

Quindi, continuando con i diserbi, stiamo in realtà creando delle super infestanti?

«L’utilizzo corretto dell’erbicida determina una precauzione verso lo sviluppo di infestanti resistenti. Se se ne abusa ci saranno delle popolazioni resistenti. L’agricoltore normalmente sottodosa l’erbicida per ridurre i costi ma applicazioni ripetute e sottodosate dello stesso prodotto determinano la selezione di infestanti resistenti. Le infestanti resistenti in natura normalmente esistono già ma sono poco presenti: se si utilizza male un prodotto si selezioneranno solo le piante resistenti, che poi si svilupperanno, si riprodurranno ed andranno ad occupare tutto lo spazio lasciato dalle infestanti non resistenti che sono controllate dall’erbicida».

Nell’areale della Pianura Padana si riscontra una presenza di monocoltura assolutamente dominante o si considera la possibilità di rotazioni al fine di migliorare il controllo delle malerbe, per esempio attraverso le dicotiledoni per il controllo delle graminacee e viceversa?

«La questione principale è sempre la capacità di fare reddito dell’azienda agricola: in alcune situazioni esiste l’alternativa tecnica per il controllo di infestanti specifiche ma l’agricoltore non la adotta perché in quella zona particolare andare a sostituire una coltura diventa dal punto di vista del reddito molto penalizzante, come nel caso del riso. Dipende molto dalle alternative e soprattutto dalla situazione economica di quella situazione specifica perché oggi il driver principale che guida le scelte dell’azienda agricola è sempre il bilancio perché i prezzi delle commodities sono sempre in tensione. Vi sono altri areali, per esempio, quello dei cereali a paglia, in particolar modo al Centro-Sud dove alcune zone non consentono coltivazioni diverse, quindi la scelta è quasi obbligata, ma anche in questi casi si hanno degli esempi di alternanza di cereali con delle leguminose sempre autunno vernine che hanno aiutato a ridurre la pressione delle infestanti».

Nel controllo delle infestanti, quanto peso ha oggi la pacciamatura del riso?

«Attualmente si registrano non solo sperimentazioni di questa tecnica, ma anche utilizzo sistematico da parte di realtà piuttosto piccole. Sicuramente non si tratta di una tecnica facile perché alcune infestanti hanno la capacità di rompere il telo. Quindi in caso di pressione molto elevata delle infestanti l’efficacia della pacciamatura può minimizzarsi. Sono esperienze che esistono però non sono ad oggi applicabili su larga scala. Soprattutto per chi fa riso biologico la soluzione può essere la pacciamatura verde con semina di loietto e semina a spaglio sopra il loietto».

Quanto è diffusa la pratica dell’utilizzo delle cover crop per limitare le malerbe?

«È una realtà abbastanza contenuta, ma sicuramente in crescita, anche perché è stato fatto tanto lavoro di divulgazione soprattutto a livello tutela del suolo, di sostanza organica e della riduzione dei costi per la concimazione. Non è quindi non inusuale vedere prati verdi in inverno in zone tipicamente da colture estive. È una tecnica che sta iniziando a prendere piede anche in risaia».

C’è qualche interazione tra l’azione dei diserbanti e gli insetti impollinatori?

«Il periodo di applicazione degli erbicidi è molto distante da quello della fioritura. Inoltre, oggi, grazie anche alla tipologia di prodotti che abbiamo a disposizione dobbiamo intervenire su infestanti molto piccole proprio perché abbiamo a disposizione prodotti molto specifici, quindi ci troviamo normalmente all’inizio del ciclo colturale, quindi molto lontano dalla fioritura. In linea generale non ci sono prodotti erbicidi che hanno impatto su insetti impollinatori». Autore: Milena Zarbà

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