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MA QUEI DISTRETTI QUANTO RENDONO AGLI AGRICOLTORI?

distretti del cibo

Ieri l’assessore all’agricoltura del Piemonte Marco Protopapa è intervenuto a un convegno sulle potenzialità dei distretti del cibo in Piemonte e sulle strategie di sviluppo per i territori che si è tenuto a Torino, al Mercato Centrale e che era organizzato proprio dall’Assessorato all’Agricoltura della Regione Piemonte. L’assessore lo ha fatto sapere alla stampa, come se fosse una cosa bella e decisiva per il futuro dell’agricoltura. Capiamo bene che parlare – e far parlare i giornali – di come assaporare il Castelmagno o di come cucinare il Carnaroli sia più intrigante e meno impegnativo che aggredire i problemi veri dell’agricoltura, tuttavia ricordiamo sommessamente alla Giunta piemontese che in tempi di siccità e alluvioni esistono ben altre priorità, ad esempio le deroghe del deflusso minimo vitale ingessate dalla burocrazia regionale. Per non dire dell’emergenza finanziaria che sta investendo le aziende agricole per effetto del combinato disposto tra ritardi dell’Agea nell’erogare gli acconti assicurativi e cancellazione dell’anticipo Pac. Stendiamo un velo pietoso sul Psr di cui abbiamo già discusso pubblicamente con i vertici regionali… Ecco, vorremmo sommessamente far notare che di questi e di altri “veri” problemi dovrebbe occuparsi la Giunta piemontese, piuttosto che dedicare le proprie energie ai distretti del cibo, che appassionano solo i pochi agricoltori direttamente coinvolti in attività di rappresentanza sindacale o associativa e non generano alcuna ricaduta quantificabile sulla massa delle aziende agricole. Capiamo bene che sia più piacevole sorbire vini e assaggiare leccornie ma i nostri amministratori dovrebbero rendersi conto che prima si crea il Pil poi lo si spende in promozioni (Peraltro ci sarebbe anche da discutere sulle ricadute generali di tali promozioni, che spesso generano vantaggi a un ristretto numero di operatori). Comunque, prendiamo atto che stanno decollando i seguenti distretti del cibo, Chierese – Carmagnolese, Roero Langhe-Monferrato; Monregalese – Cebano a indirizzo biologico. A noi sembrano operazioni di cortissimo respiro per l’agricoltura, come ve ne sono, anche in altre Regioni, anche in ambito risicolo. Speriamo di esser smentiti da una immensa ricaduta di reddito agricolo da queste iniziative. Siamo troppo tignosi? Abbiate pazienza ma abbiamo il brutto vizio di quantificare il ritorno degli investimenti. Come si dovrebbe fare sempre e soprattutto quando si parla di soldi pubblici. (Nella foto, gli amministratori e le associazioni che hanno partecipato al convegno) Autore: Paolo Viana

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