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CHI PAGHERA’ QUESTA SICCITÀ ?

da | 13 Ago 2023 | NEWS

siccità
Quanto costa causare una siccità? E soprattutto, chi pagherà i mancati raccolti, il mancato servizio irriguo di un consorzio che accusa l’altro, la mancata produzione idroelettrica di turbine rimaste ferme proprio mentre il mercato chiedeva energia?

LE ACCUSE DI NEGLIGENZA A EST SESIA SICCITA’

Diversamente dal 2022, la crisi irrigua che stanno vivendo le campagne in queste ore è paragonabile alla rottura di un corpo idrico per cause legate a decisioni umane (Vuoi sapere qual è la novità?). L’Est Sesia è accusato da tutti gli altri consorzi di negligenza, nell’aver rifiutato di ridurre il flusso del canale Regina Elena com’era stato stabilito. Da quella scelta – perchè di scelta tecnica o politica si è trattato e non di un “errore umano” – è derivata una serie di conseguenze. Alcune riguardano i rapporti tra consorzi, come abbiamo descritto in altri articoli e su cui torneremo a riflettere. Un’altra, non secondaria, riguarda invece gli utenti dell’associazione irrigua con sede a Novara. In quest’articolo, ci occupiamo di quest’ultima.

C’E’ UN PRECEDENTE

Come si sa, a valle della crisi esplosa questa settimana si pone la decisione di Est Sesia di “chiudere” l’acqua a turno ad alcune zone risicole, che potrebbe avere pesanti conseguenze sul piano legale per l’ente di via Negroni. Non è la prima volta, si dirà. Non lo è. E’ successa la stessa cosa lo scorso anno. Ieri come oggi, esistono aziende agricole che subiranno dei danni al raccolto perché il consorzio ha tagliato l’acqua destinata anche ai loro campi, per mandarla altrove, dal momento che si è reso conto che non era sufficiente per tutti.

LA SICCITA’ DEL 2022

Anche nel 2022, molti risicoltori si sono rivolti a tecnici specializzati per ottenere perizie che quantificassero il danno subito e chiedere per via legale il ristoro di quella perdita. Gli agronomi interpellati in genere hanno avvertito i committenti che le possibilità di ottenere un risarcimento attraverso una causa legale per danni intentata contro Est Sesia erano praticamente nulle: la siccità è stata oggettiva e rappresenta una causa di forza maggiore. L’unica possibilità di successo in tribunale avrebbe richiesto di dimostrare un atteggiamento discriminatorio “ad personam” messo in atto dal consorzio irriguo verso il singolo utente, cosa molto difficile da documentare.

LA SICCITA’ 2023 E’ FIGLIA DI SCELTE GESTIONALI

Nel 2023 lo scenario si presenta del tutto diverso. La “siccità” non appare determinata da eventi meteoclimatici avversi, ma, secondo le accuse lanciate dal consorzio del Ticino, dal Villoresi e da Enel Green Power, da scelte gestionali messe in atto dalla dirigenza di via Negroni. Queste sono oggetto del dibattito infuocato di queste ore. Le pesantissime dichiarazioni della direttrice del Consorzio che regola le acque del Lago Maggiore (che ha esplicitamente accusato il consorzio Est Sesia di un «atto di disobbedienza», il quale avrebbe «dimostrato sfregio e mancanza di rispetto nei confronti degli altri utenti»), secondo alcuni esperti interpellati da Risoitaliano.eu potrebbero costituire un elemento probatorio di “negligenza ed imperizia” nella gestione della risorsa idrica da parte del consorzio irriguo.

COLPA OGGETTIVA?

Negligenza ed imperizia configurano una responsabilità oggettiva, costituiscono “colpa” (volendo escludere a prescindere l’ipotesi del “dolo”) e possono quindi dar luogo al risarcimento del danno ingiustamente subito. Il fatto che ci possa essere un elemento probatorio – ricordiamo che Est Sesia ha fornito una ricostruzione dei fatti completamente diversa, meno convincente solo perché è sostenuta da un soggetto contro tutti gli altri – non significa che ci sia necessariamente una sentenza di condanna, né che questa comporti un risarcimento. siccità

IL CAVILLO PUO’ FARE LA DIFFERENZA

Gli avvocati che abbiamo consultato, infatti, ci fanno notare che, trattandosi di un procedimento civile e non penale, non basta ottenere la “condanna” di una eventuale “negligenza”, ancora da provare, il che – in un’aula di tribunale – rappresenta un esito tutt’altro che scontato. Si ricordi che stiamo parlando di gestione delle acque irrigue, un terreno in cui si incontrano (e si scontrano) ingegneria e diritto e dove un buon legale può sempre trovare un cavillo ed un consulente tecnico metter in dubbio che l’acqua scorra dall’alto in basso. siccità
Aggiungiamoci pure che chi vorrà ottenere soddisfazione dall’accusato, non potrà limitarsi a dimostrarne la colpa, ma dovrà dimostrare anche la conseguenzialità del danno: ossia, non basterà appurare che l’acqua è stata tolta per negligenza e non per altre cause, ma bisognerà dimostrare anche che quella riduzione è la causa del mancato raccolto.

IL DANNO CI SARA’

Ciò detto, il danno ci sarà. Eccome. Secondo alcuni agronomi la situazione di queste settimane, con il massimo fabbisogno idrico in atto (per proteggere le risaie prossime alla fioritura dagli sbalzi termici e quelle già fiorite da attacchi di “brusone”, per non dire del rischio che il raccolto sia “infettato” dal cadmio, per cui è scientificamente dimostrata la correlazione tra carenza idrica in maturazione ed assorbimento e accumulo nella granella), è estremamente pericolosa e potrebbe portare a danni molto rilevanti. Non solo in termini di perdita di produzione, ma soprattutto in termini di qualità, commerciabilità e valore del prodotto. siccità
Non si può escludere quindi che via Negroni sia sommersa nei prossimi mesi da richieste di risarcimento danni conseguenti a “negligenza ed imperizia” nella gestione della risorsa idrica, come usano dire i legali: se saranno confermate le ricostruzioni fatte dal Consorzio del Ticino sulla siccità “provocata” non sarà difficile dimostrarle, ma resterà difficile – ancorché non impossibile – metterle in relazione ai singoli danni aziendali.

LO SCENARIO ALTERNATIVO

Resta uno scenario alternativo: che Est Sesia dimostri di non aver avuto altra scelta rispetto a quella di disobbedire alle disposizioni ricevute dal Regolatore e che quindi la siccità in corso non sia colpa sua ma di altri o, come si usa dire, del Cielo. Qui si chiuderebbe la questione legale ma resterebbe aperta quella politica: essendo cambiato lo scenario meteoclimatico ed essendo divenuto scarso e volatile il bene demaniale “acqua”, è ancora possibile lasciarne la gestione in concessione a enti privati in cui, a colpi di maggioranza, si può decidere di far fallire questa o quell’azienda o privilegiare questo o quell’uso della preziosissima risorsa idrica? Si pone un problema di democrazia economica. Autore: Paolo Viana
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