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IL RISO E’ ANCHE KOKUMI

da | 28 Mar 2014 | NEWS, Riso in cucina

La ricerca sull’umami e sul riso attira grande interesse perché dimostra quante risorse siano contenute nella cariosside di questo cereale. D’altro canto, sia il cambiamento delle abitudini alimentari – con la diffusione dei piatti pronti – che la pessima fama di cui gode il glutammato monosodico (MSG), che è stato per lungo tempo la principale sostanza umami in commercio, stanno costringendo scienza e industria a reperire in natura o a produrre nuovi esaltatori di gusto e tra questi sono stati individuati  gli HVP, che si ottengono per idrolisi chimica e/o enzimatica di materie prime di origine vegetale ricche in proteine. Alcune di queste sostanze, come abbiamo spiegato ieri, sono ottenute dal riso.

“L’uso di HVP in preparazioni alimentari – sottolineano infatti su “La Chimica e l’Industria” Giovanna Speranza (Università di Milano) ed altri ricercatori dell’ateneo milanese e di quello di Pavia- proviene dalla tradizione culinaria orientale che si avvale da secoli di questi prodotti come principi aromatizzanti e condimenti in una dieta essenzialmente vegetariana. La loro nota aromatica fondamentale, infatti, è quella di carne con sfumature variabili tra il bollito e l’arrosto, a seconda dell’origine del materiale di partenza e del modo di preparazione dell’idrolizzato”. Gli HVP sono dei peptidi isolati da lisati di proteine animali, ma la maggior parte di essi deriva dai cosiddetti idrolizzati di proteine vegetali ed infatti i ricercatori citati raccontano: “umami è la nota aromatica prevalente delle miscele di peptidi che abbiamo ottenuto per idrolisi enzimatica del cosiddetto farinaccio di riso, un materiale di scarto della lavorazione del cereale che viene in genere utilizzato per l’alimentazione del bestiame”.

Questo studio sul riso dunque evidenzia le opportunità connesse al farinaccio e non è un caso: il lavoro che abbiamo citato fa parte di una ricerca più ampia che ha come obiettivo la valorizzazione di materiale di scarto a elevato contenuto proteico. In combinazione con l’esaltazione del gusto proprio delle sostanze umami, è stato evidenziato infatti un altro effetto sensoriale il cui nome, kokumi, corrisponde al vocabolo inglese yummy ( nice to eat ).Le sostanze kokumi contribuiscono alla formazione del flavor generando in bocca sensazioni di pienezza, rotondità, persistenza del sapore d’impatto e, più in generale, di prolungamento della percezione gustativa. Per questo motivo sono particolarmente apprezzate dall’industria alimentare. La sostanza più rappresentativa di queste sensazioni gustative è il glutatione ( γ -glutammilcisteinilglicina, GSH), presente in grande quantità in alcuni estratti già utilizzati come agenti aromatizzanti a uso alimentare. La maggior parte delle sostanze kokumi finora individuate sono γ-glutammil derivati di amminoacidi (o amminoacidi modificati) e γ-glutammil peptidi. Caratteristica comune dei composti kokumi è di essere per lo più insapori di per sé, ma di avere la capacità di esaltare enormemente il sapore dei cibi in cui sono presenti, di agire cioè da flavorenhancer. A differenza dell’umami, il kokumi non è considerato un gusto base e i meccanismi fisiologici che ne determinano la percezione non sono stati ancora chiariti, sebbene sia stato evidenziato il coinvolgimento di un recettore extracellulare del calcio (CaSR).

In questo momento si stanno studiando metodi enzimatici di produzione di composti kokumi, per es. di quelli presenti nell’aglio la cui estrazione dalle fonti naturali è economicamente poco conveniente, spiega Giovanna Speranza, Professore Ordinario di Chimica Organica presso il Dipartimento di Chimica all’Università di Milano: anche nel caso del kokumi il riso avrebbe molto da dire: “Oltre ai γ -glutamil derivati degli ammino acidi, altre sostanze sono in grado di generare sensazioni di tipo kokumi – conferma la professoressa Speranza -. Tra queste, la creatina, la creatinina e una serie di derivati ammidici degli acidi cinnamici. In considerazione dell’elevato contenuto di cinnamati nel riso, la ricerca di composti kokumi in questo cereale si prospetta quindi come particolarmente interessante, in quanto potrebbe non limitarsi alla sola frazione proteica e peptidica del farinaccio, ma estendersi anche a comprendere altre sostanze naturali che contribuiscono a determinare il flavor di questo alimento”. (28.03.14)

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