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ECCO PERCHE’ NOI AGRICOLTORI PROTESTIAMO

tecnocrate

Da diversi lettori giungono richieste di chiarimenti sulla situazione della Germania. Il Paese è paralizzato da numerose manifestazioni di protesta degli agricoltori tedeschi. Le immagini che arrivano da Berlino, mostrando schiere di trattori che sfilano compatti davanti alla Porta di Brandeburgo persino più numerosi (ma si spera meno inferociti) dei carri armati di Zukov e Konev nell’aprile 1945, suscitano curiosità ed inquietudine.

STOP ALLE AGEVOLAZIONI AL GASOLIO

La goccia che ha fatto traboccare il vaso della rabbia dei coltivatori tedeschi pare sia rappresentata dal taglio della agevolazione fiscale sul gasolio ad uso agricolo. A questa si aggiunge l’abolizione della esenzione dei mezzi agricoli dal pagamento della tassa di circolazione. Si tratta di decisioni prese dal governo “semaforo” (rosso-giallo-verde dal colore dei partiti Socialdemocratico, Verdi e Liberali) che compongono la coalizione  guidata da Olaf Scholz. Le notizie diffuse dalla stampa riferiscono che i “serissimi” e “rigorosissimi” governanti di Berlino siano incappati in un “pasticcio” su quella che un tempo si chiamava “finanza creativa”

Così facendo si è creato un buco nel bilancio federale che il governo ha ritenuto conveniente tappare racimolando soldi tra gli agricoltori. Da qui la decisione di abolire il “bonus” fiscale sul carburante ed imporre anche a trattori, trincie e mietitrebbie il pagamento del “bollo”.

Una “pillola” che comporta, secondo alcuni calcoli, un maggior costo di oltre 4mila euro in media per ogni azienda agricola tedesca, rischiando di mandarne parecchie a gambe all’aria. Una “pillola” che oltretutto qualcuno ha forse inopportunamente cercato di “tinteggiare in verde”, asserendo con notevole sprezzo del ridicolo che gli inasprimenti fiscali per gli agricoltori avrebbero lo scopo di favorire la transizione a finora sostanzialmente fantomatici trattori elettrici…

UN SETTORE AGRICOLO COMPETITIVO

Ciò ha scatenato la mobilitazione e la protesta degli agricoltori, al momento sostanzialmente pacifica e composta (“Stiamo esercitando il nostro diritto fondamentale di informare la società e la classe politica che la Germania ha bisogno di un settore agricolo competitivo”, ha dichiarato il presidente dell’Associazione tedesca degli agricoltori Joachim Rukwied), ma pure “…un po’ rumorosa, anche se penso che sia giusta”, come ha dichiarato la Presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen. La Presidente ha colto l’occasione per ribadire la sua disponibilità ad un “dialogo costruttivo …per chiarire insieme questioni importanti e legittime per gli agricoltori”. Si conferma, dunque, indirettamente un “cambio di rotta” che sarebbe in atto a Bruxelles, forse per timore dell’esito di elezioni europee che nelle campagne del Vecchio Continente si preannunciano molto sentite e non particolarmente benevole per l’attuale classe dirigente comunitaria.

IL DITO E LA LUNA

Come recita un antico detto cinese “Quando il dito indica la Luna…lo sciocco guarda il dito”. Anche per la protesta degli agricoltori tedeschi si potrebbe essere indotti in errore osservandone gli aspetti esteriori senza analizzare una sostanza ben più profonda.

Qualcuno, come certi organi di stampa ideologicamente orientati a “sinistra”, potrebbe essere tentato di liquidare il tutto come “rigurgito neonazista”. Qualcun altro, in maniera meno ottusa ma non meno semplicistica, potrebbe pensare a una battaglia di retroguardia in difesa di vetusti privilegi “corporativi”. Qualche agricoltore nostrano potrebbe invece fare i conti (ognuno conosce quelli della propria azienda) per valutare l’impatto di una eventuale manovra simile sui bilanci delle imprese agricole italiane.

E’ un esercizio che non consiglio. Un poco per scaramanzia (prima che pure al nostro governo -che ha appena eliminato l’esenzione IRPEF per i terreni agricoli condotti da coltivatori diretti ed imprenditori iscritti all’Inps-  venga l’improvvida idea di “copiare” dai colleghi tedeschi…), ma soprattutto per evitare conseguenze spiacevoli per le coronarie dei nostri agricoltori. Perché il salasso potrebbe essere davvero insostenibile in molte realtà. Per esempio a essere danneggiato sarebbero chi impiega tanta energia per l’essiccazione dei prodotti (come gran parte delle aziende produttrici di riso e mais), per il riscaldamento degli ambienti (serre, ecc.) oppure per l’irrigazione a pioggia o con sollevamento mediante idrovora. Tutte attività in cui il gasolio serve, e ne serve parecchio.

NON E’ SOLO LA GERMANIA

In realtà la protesta tedesca sembra confermare un altro aspetto, già evidenziato da situazioni analoghe che da tempo travagliano la “vecchia” Europa. In Olanda e Belgio le proteste degli agricoltori iniziano nel marzo 2023. In entrambi i Paesi si è registrata la partecipazione di migliaia di produttori esasperati dalla criminalizzazione degli allevamenti “intensivi”. Questi ultimi costituiscono l’asse portante delle agricolture locali.

Il Boer Burger Beweging (letteralmente “Movimento civico dei contadini”), un partito emergente nel panorama politico olandese, ha ottenuto il 19% dei voti alle elezioni provinciali (quindi aggregando un consenso molto superiore alla percentuale di impiegati in agricoltura, che in Olanda si aggira intorno al 4% degli attivi), facendo crescere il numero dei propri seggi in Senato.

LE DIMISSIONI DI TIMMERMANS

Secondo alcuni osservatori sarebbe proprio questo voto ad indurre il socialista Frans Timmermans a dimettersi dalla Commissione UE (in cui rappresentava il fronte dei “falchi” del cosiddetto “green deal”) per candidarsi alle prossime elezioni politiche proprio in funzione di  antagonista degli agricoltori. In Francia i “paysans” protestano da tempo ricorrendo ai metodi piuttosto rudi cui sono abituati: un mese fa sugli Champs Elysees e davanti al palazzo presidenziale sono state scaricate tonnellate di letame, diventato il simbolo della rabbia degli agricoltori francesi per gli eccessi della burocrazia, la lentezza e le vessazioni di una amministrazione accusata di non rispettare chi lavora nei campi. Considerando infine il ruolo decisivo che ebbe il voto agricolo nel determinare la “Brexit” (a prescindere da ogni valutazione sulle conseguenze politico-economiche di quella scelta), si dovrebbe comprendere che l’Europa è attraversata da un profondo malcontento tra gli agricoltori e nelle zone rurali.

IL PARADOSSO

Per colmo di paradosso l’idea della costruzione di una casa comune europea è nata proprio intorno ad un progetto di politica agricola e di mercati integrati concepito dai “padri fondatori” con il Trattato di Roma. L’Unione Europea di oggi appare molto distante da quei valori che, pur tra tanti problemi e contraddizioni, avevano portato l’agricoltura comunitaria a posizioni di vertice. Condizionati da un “malinteso ambientalismo” (l’espressione coniata da Dario Casati in una magistrale prolusione per l’Accademia dei Georgofili e ormai entrata nel lessico comune, ad indicare gli eccessi di un approccio ideologico e potenzialmente deleterio), istituzioni della “vecchia” Europa e governi nazionali piuttosto intorpiditi sembrano incapaci di comprendere uno scenario in rapido mutamento.

Uno scenario in cui la “strategicità” dell’agricoltura produttiva, efficiente e razionale, non semplicemente conserva ma addirittura accresce la sua importanza, anche in funzione di prospettive tutt’altro che tranquillizzanti sul fronte degli approvvigionamenti alimentari. Ma di questo si riparlerà, magari con il supporto di ben più qualificate ed approfondite analisi…Autore: Flavio Barozzi.

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