Ricerca Avanzata





Data inizio:

Data fine:

PAGLIE: PARLANO SARASSO E GOIO

da | 21 Ott 2018 | Tecnica

Anche quest’anno in Piemonte il caso paglie ha tenuto banco e anche quest’anno i cittadini hanno criticato i risicoltori che si sono avvalsi della facoltà di bruciare le stoppie di riso, sfruttando anche la confusione normativa. Ma vediamo se sia davvero utile bruciare le paglie di riso. Il tecnico Giuseppe Sarasso fornisce la sua opinione agronomica riguardo a questa pratica, per analizzare a fondo le caratteristiche positive e negative della scelta di adottarla: «La pratica è necessaria solo in alcuni casi; terreni ricchi di argilla, che faticano a permettere le respirazioni sotterranee, immobilizzano eccessivamente la sostanza organica andando ad incrementarne la dotazione non degradabile, che se supera il 4% diventa dannosa per la germinazione del riso. D’altro canto va considerato come i residui di trebbiatura in questione siano una parte esigua della pianta che viene comunque interrata nelle sue altre forme residuali (stoppie e radici), la diminuzione della taglia dei risi ha accentuato questo avvenimento. In ogni caso i terreni sciolti, a mio parere, non devono richiedere questa pratica ma nei terreni pesanti (ad esempio alcuni terreni baraggivi), oltre al problema relativo alla sostanza organica, la paglia prende direzioni degenerative che creano sostanze negative per la coltivazione del riso, richiedendo dunque l’eliminazione. Vi sarebbero anche altri modi per eliminarla ma se l’unico attuabile è la bruciatura consiglio di effettuarla senza trinciare la paglia poiché, nonostante richieda più tempo per l’asciugamento, risulta essere più rapida e meno capace di creare fumi nella combustione, oltre ad evitare un consumo inutile per la trinciatura».

Le dichiarazioni e le informazioni reperite in materia legislativa sono, per certi versi, contrastanti e continuano a lasciare un velo d’opacità sulla questione. Come sappiamo, infatti, il legislatore prevede deroghe per alcune aree, in cui la bruciatura sembra inevitabile. Anche tra gli agricoltori vi è però chi sostiene che non vi sia l’esigenza di effettuare la bruciatura anche nei terreni più pesanti, come Giuseppe Goio, risicoltore delle terre di Baraggia, le più argillose nei nostri areali. Egli interra i residui da anni ormai sostenendo che i lati negativi non si sviluppino in modo da rovinare il raccolto mentre la bruciatura è, a suo parere, una pratica insostenibile dal punto di vista ecologico: «La mia è una scelta sia agronomica che ambientale. Ritengo che non vi sia una giustificazione per la scelta di creare un tale inquinamento atmosferico anche nelle nostre zone, io trincio e quindi interro da anni i residui di trebbiatura ottenendo anche un’ottima base di sostanza organica per la cultura successiva senza andare a ledere la germinazione del riso. Ritengo pertanto che sia una pratica da abbandonare». Autore: Ezio Bosso

Iscriviti alla nostra Newsletter

Iscriviti alla nostra Newsletter e al servizio Whatsapp!

Informativa sulla Privacy

Informativa sulla Privacy - WhatsApp

Cliccando "Accetto le condizioni" verrà conferito il consenso al trattamento dei dati di cui all’informativa privacy ex art. 13 GDPR. *

* Campo obbligatorio