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LE CONSEGUENZE DI QUEL “NO”

da | 14 Set 2014 | NEWS

Offerta riso

 

paolo carràQuella contro la Cambogia è una battaglia persa? Certamente, non è l’unico fronte aperto. Ora lo ammette anche l’Ente Risi che ha diffuso la risposta data dal commissario europeo al commercio alla richiesta di adottare la clausola di salvaguardia contro le importazioni a dazio zero di riso lavorato che stanno deprimendo il mercato dell’indica: «Non ci sono le condizioni per bloccare le importazioni di riso dalla Cambogia». Con queste parole Bruxelles ha detto che il dossier preparato dall’Ente Risi e dal governo non è credibile. In pratica, ci ha mandati a quel Paese. Le conseguenze di una tale chiusura sono preoccupanti. Non solo perché dimostrano come i viaggi a Bruxelles degli amministratori locali, che nei mesi scorsi si sono recati nella capitale belga per perorare la causa del riso italiano, o le manifestazioni di piazza delle confederazioni agricole (che sono costate l’unità della filiera, perché anche in questo caso i sindacati non sono riusciti a marciare uniti) siano considerati da chi ci rappresenta in Europa solo delle simpatiche scampagnate ma perché l’annuncio arriva all’inizio della campagna di commercializzazione del nuovo raccolto. A nostro avviso, ci sono due conseguenze di questo fallimento: una politica e una economica. La seconda l’abbiamo preannunciata: ricevuto un simile messaggio, i produttori di indica saranno indotti a svuotare i magazzini e il prezzo del risone nazionale tornerà a calare, trascinando con sè altre varietà. L’Ente Risi teme per il lungo A da parboiled. Sempre il suo presidente Paolo Carrà (foto piccola) dichiara ai giornali locali che «per la filiera esistono anche altri problemi: ci sono negoziatori europei che sono in trattativa con l’India, Vietnam e gli Stati Uniti, e che usano il riso come materia di scambio». E’ evidente cosa significhi: altre concessioni in arrivo, la fine dell’indica europeo. Carrà, nel suo comunicato, sottolinea che l’analisi di Bruxelles è fallace, si basa su dati non veri, e “dovrà” essere rivista dalla Commissione. Siamo convinti che ha ragione sul fatto che a Bruxelles circolino cifre equivoche sul riso: lo abbiamo segnalato mesi fa, documentando la discrepanza tra i costi aziendali stimati dai tecnici europei e quelli che risultano al governo italiano. Siamo un po’ meno ottimisti circa la possibilità che Bruxelles dovrà rivedere le proprie affermazioni «valutando con la massima attenzione le preoccupazioni manifestate dalla filiera risicola italiana» come dice il presidente dell’Ente Risi. Sul piano politico, questo sviluppo – e soprattutto il tono della risposta del commissario – conferma che l’Europa è fuori controllo e che la filiera del riso ha perso quelle liaison che in passato le hanno permesso di passare (quasi) indenne le diverse riforme della Pac; che gli europarlamentari, che in questi mesi hanno dichiarato il loro impegno e che avrebbero dovuto rappresentare le istanze dei risicoltori, non contano nulla o non hanno voluto esporsi per questo prodotto; che il governo italiano – presidente di turno dell’Ue – sta difendendo questo dossier senza alcuna convinzione. (12.09.14)

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