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IL 18 MAGGIO RAFFREDDA I MERCATI

da | 12 Mag 2020 | NEWS

scambi

La fase emergenziale dovuta al Covid-19, con la prospettiva della riapertura delle attività dal 18 maggio, sembra terminata e pian piano si stanno allentando le misure di contenimento: qualche attività da asporto sta riaprendo, le code interminabili ai supermercati sono ormai un ricordo. Ma il 18 maggio non riapriranno i ristoranti e per questo il ritorno alla normalità comporta un rallentamento, rispetto agli scorsi mesi, delle vendite di riso: «Come la scorsa settimana, anche questa ha registrato un calo della domanda di riso lavorato e soprattutto dell’indice di contrattazione, ovvero molte transazioni non si concludono e restano in stand by a causa del prezzo – spiega Stefano Pezzoni, Pubblico Mediatore (www.reschiriso.it) – Gli aumenti del risone verificatosi ad Aprile devono ora essere riversati sul prezzo del riso lavorato e ciò, come spiegato inizialmente, non è semplice; anzi in qualche caso pressoché impossibile. Alla luce di ciò anche le riserie iniziano ad essere caute negli acquisti, considerando che hanno già sofferto in Marzo ed Aprile fornendo alla GDO riso al prezzo invariato nonostante l’approvvigionamento con aumenti sostenuti. C’è bisogno ora di calma, equilibrio e di responsabilità».

I dati Nielsen

Dall’inizio dell’emergenza sanitaria alla fine del lockdown, nel periodo compreso tra lunedì 17 febbraio e domenica 03 maggio, secondo i dati di Nielsen Connect, azienda globale di misurazione e analisi dati, le vendite della Gdo hanno fatto registrare un “effetto stock” del riso lavorato pari al +30,2% : « il mercato del largo consumo ha fronteggiato un periodo straordinario con ordinaria resilienza e, soprattutto, efficienza – ha dichiarato Romolo de Camillis, Retailer Service Director di Nielsen Connect in Italia – la domanda “gonfiata” ha sempre trovato una risposta nell’offerta di tutti i player, in tutti i canali. Abbiamo trascorso due mesi in condizioni di mobilità limitata e socialità praticamente annullata: i negozi della Gdo hanno rappresentato l’unica occasione di svago per l’intero Paese, ma al contempo anche la cartina tornasole di bisogni, apprensioni e nuovi desideri». Secondo il report settimanale dell’Ente Nazionale Risi, i trasferimenti al 5 maggio hanno riguardato: «31.707 tonnellate di risone, di cui 16.275 di “lunghi A”, 9.206 di “lunghi B”, 5.893  di “tondi” e 333 di “medi”. Complessivamente 1.212.403 tonnellate, in aumento di 74.059 tonnellate (+7%) rispetto alla campagna precedente. Più in generale, i trasferimenti hanno interessato il 78% della disponibilità vendibile, con un collocamento dell’80% per i “tondi” del 78% per i “lunghi A” e i “lunghi B” e del 67% per i “medi”». (Segue dopo la tabella)

 «Non si è dovuto attendere la riapertura delle Borse Merci per vedere gli effetti dell’attesa fase 2 sul mercato dei risoni – segnalano il bolognese Massimo Gregori e il vercellese Alberto Ferraris – Forte contrazione della domanda su quasi tutte le tipologie. Il mercato del Tondo che, nonostante il ribasso dei prezzi, non riesce a riprendere vigore. Mercato interno che, dopo 2 mesi di contrattazioni intense, prende fiato. Lungo A da esportazione con quotazioni in calo per i generici, mentre per Baldo e Barone CL le quotazioni si mantengono stabili soprattutto per le scorte presso i produttori ormai vicine all’esaurimento. La domanda per le varietà del gruppo Lungo B si mantiene su buoni livelli e riduce il divario del prezzo sui tondi». 

Per il Consorzio Vendita Risone Società Cooperativa: «La domanda di risone ha avuto un lieve calo negli ultimi sette giorni probabilmente complici le scorte accumulate negli ultimi due mesi. Il gruppo varietale degli Indica continua ad avere discrete possibilità di commercializzazione sulla base di 35 €/t». «Questo è dovuto al blocco delle navi causa Covid-19 – aggiunge Giovanni Migliavacca, mediatore nel milanese – Baldo e similari fermi a 50€/t, mentre Vialone Nano a 63€/t ma difficilmente vendibile».

«Stabile e più calmo il mercato delle varietà da interno (Volano, Carnaroli e similari), tutti allineati a 50 €/t, ma, al contempo, le proposte di acquisto sono leggermente diminuite – specifica Alessandro Barberis, mediatore del vercellese – Si sono appesantiti notevolmente sia i Tondi, sia le varietà Tipo Ribe (Luna, Ronaldo e similari), dopo la salita rapida di prezzo nelle ultime quotazioni, sembrano ora avere avuto una battuta di arresto e un sempre minor interesse per le riserie, poco disponibili ad acquistare alle attuali quotazioni: complicato concludere compravendite ad un prezzo superiore i 38 €».

«Per il biologico la situazione non è stata bella tutta la campagna, quindi non mi sorprende il fatto che adesso resta stabile – spiega Andreea Lazar, mediatrice nel vercellese – D’altronde la pandemia ha portato una richiesta di riso causata dall’assalto dei supermercati e il successivo riempimento degli scaffali, non è aumentato il consumo. Quindi era ovvia anche la fermata che stiamo vivendo da circa 10 giorni. I prezzi sono teoricamente stabili tra 60/65€/t per lungo A, Lungo B a 71€/t, Ribe e tondi a 79€/t e 80€/t (Arborio e Carnaroli a 85) per gli interni, ma, con non poche difficoltà per trovare acquirenti. Di conseguenza la situazione dei Bio è stata critica tutto l’anno. Ci sono ancora scorte dello scorso anno da smaltire presso le riserie e il consumo del biologico italiano pare in calo. Almeno questa è la percezione. Purtroppo, se per un risone comune ci mettiamo un giorno a collocarlo, per il biologico ci vogliono dei mesi..».

Bio in rosso

A tale proposito un sondaggio di Firab (Fondazione italiana per la ricerca in agricoltura biologica e biodinamica) per le associazioni del biologico delinea che per oltre due aziende su tre del settore, la possibilità di reggere alla crisi economica sopraggiunta a causa dell’emergenza sanitaria è di massimo tre mesi. È questo uno dei primi dati dell’analisi voluta e sviluppata dalle tre maggiori organizzazioni del comparto, Aiab, FederBio e Assobiodinamica, a partire da una proposta della Firab, per rilevare l’impatto della pandemia da Covid19 sul biologico. Il sondaggio è stato somministrato alle realtà del settore a partire dal 25 marzo e per tutta la durata del lockdown. I primi risultati, elaborati sono relativi alle risposte fornite da quasi 400 produttori biologici italiani alla data del 29 aprile: «Le difficoltà maggiori sono state incontrate dai produttori legati ai canali di distribuzione che prevedono maggiore mobilità delle persone, come il raggiungimento delle aziende che praticano vendita diretta, o di socializzazione, come l’Ho.Re.Ca (settore alberghiero, ristorazione, bar, coi quali collaborano un terzo dei rispondenti) e altre forme di ristorazione. Un impatto significativo in alcune aree del Paese è dovuto all’impedimento di tenere mercatini e fiere, fondamentali per il 24% degli intervistati. Tutto ciò considerato che il 66,3% delle realtà ha operato in passato anche in vendita diretta, il 27% tramite cooperativa/consorzio, attraverso i gruppi di acquisto solidale (GAS) il 22% dei rispondenti». Autore: Martina Fasani

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