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FAVA: NON VI DARANNO MAI LA CLAUSOLA

da | 8 Mar 2017 | NEWS

«Fino a quando si prendevano 80 euro al quintale nessuno veniva a cercarmi, vi rivolgete a me adesso che per il Carnaroli se ne prendono 36. Ho sostenuto le vostre posizioni varie volte, e oggi potrei dirvi che farò quello che mi chiedete, anche se secondo me non sortirà alcun effetto. Scriverò ancora a Martina e a Bruxelles, ma secondo me deve essere chiaro che non otterrete mai la clausola di salvaguardia: allora serve un piano B per la valorizzazione del prodotto». Non è stato un discorso rassicurante quello espresso lunedì sera dall’assessore regionale all’agricoltura della Lombardia Gianni Fava, che per questo ha ottenuto anche qualche contestazione dalla folla di risicoltori riuniti lunedì sera alla Borsa merci di Mortara (Pavia) per il convegno «Il futuro del riso e i rischi dell’est asiatico», organizzato dall’associazione «Fare territorio». Fava ha anche aggiunto: «Invece non ho ricevuto alcuna adesione dal vostro settore per le misure del Psr che riguardano la valorizzazione della filiera. E come filiera basta che si uniscano dieci imprese, ma evidentemente questa operazione non riesce. Mi domando se avete un prodotto da valorizzare». Brusio in sala, dove c’erano anche molti esponenti del movimento #ildazioètratto, che mercoledì sera ad Asigliano (Vercelli) terrà il suo primo raduno. Non pago, Fava se l’è presa anche con l’industria, contestando l’insistenza con cui viene data importanza alle denominazioni del riso e sostenendo che è invece decisiva la tracciabilità, garantita dall’etichettatura obbligatoria.
Sul tavolo, ancora una volta il problema della debolezza del mercato risicolo nazionale, che ha portato i prezzi ad una costante tendenza al ribasso, causata dalla concorrenza delle importazioni dai paesi asiatici. Un trend costante che non sembra più in grado di rientrare. Il direttore dell’Ente Risi Roberto Magnaghi ha ribadito ancora una volta la necessità di chiedere all’Europa di far scattare la clausola di salvaguardia, sottolineando anche che in questi anni, nonostante la supremazia della Tailandia sul mercato europeo sia stata sottratta dalla Cambogia, da Bangkok non sia mai arrivata alcuna protesta. Ha però aperto uno spiraglio: «Analizzando le condizioni richieste per applicare la clausola di salvaguardia, si vede che può scattare solo quando la crisi riguardi l’industria. Quest’anno però, entro il 21 novembre, sarà possibile modificare il regolamento, presentando una relazione sull’impatto dell’import dai paesi Eba sul settore europeo. E’ una situazione che l’Europa conosce molto bene, tanto che nelle previsioni a medio termine sul mercato del riso è previsto un aumento dei consumi del 6%, che sarà tutto coperto dall’import. Tra qualche anno il riso asiatico coprirà il 50% del mercato, e a Bruxelles lo sanno bene».
Magnaghi ha ricordato che le parole del commissario europeo Phil Hogan del pomeriggio sul riso indicato come prodotto sensibile non sono sufficienti a rassicurare il settore: «Queste risposte non ci piacciono, le sue dichiarazioni sono sempre le stesse. Chiediamo un intervento chiaro a difesa del nostro settore». A questo proposito Giovanni Daghetta, presidente regionale della Cia, ha ricordato: «Sono anni che ripetiamo le nostre richieste sulla clausola di salvaguardia a Bruxelles. É mancata la volontà politica di agire in questa direzione, ma i territori legati al riso non vogliono un declino, e visti i dati, il pericolo che si verifichi esiste. E con queste politiche si mette anche in dubbio la sicurezza alimentare europea». Wilma Pirola, presidente provinciale di Coldiretti, ha ricordato uno dei leit motiv del sindacato dei berretti gialli, cioè la distintività del riso italiano e la conseguente necessità dell’etichettatura del prodotto, una proposta che sembra mettere tutti d’accordo ma che poi piace a pochi, mentre Luciano Nieto di Confagricoltura Pavia ha ribadito il ruolo di salvaguardia del territorio che ha la coltura risicola: «I due consorzi dell’Est Sesia e del Villoresi gestiscono complessivamente 17 mila chilometri di canali, se viene meno il riso viene meno un territorio»
Mario Francese, presidente Airi, ha ribadito le ragioni profonde di queste scelte europee, chiedendo un intervento politico che Fava ha confermato, pur ribadendone la sostanziale e prevedibile inefficacia: «All’inizio degli anni ’90 – ha spiegato Francese – si sono aperti i nostri mercati ai prodotti agricoli stranieri per consentire di sostenere il nostro settore manifatturiero. A lungo andare, a farne le spese sono stati il comparto tessile e quello agricolo». Sul futuro del settore, ha lanciato una sentenza lapidaria: «Non siamo contrari all’etichettatura, ma serve un’indagine di mercato per capire se è utile o meno a chi commercializza. Se verrà a mancare il prodotto nazionale, così come alcuni scenari prefigurano, potremo essere costretti a delocalizzare».

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