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PERICOLO GIALLO

da | 5 Lug 2019 | Internazionale

Vietnam

Il governo italiano si è astenuto sull’accordo di libero scambio con il Vietnam perché è «contraddittorio» il comportamento dell’Europa che prima blocca le esenzioni daziarie alla Cambogia e poco dopo le autorizza al Vietnam. Lo ha detto il ministro delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo Gian Marco Centinaio. Il pacchetto Vietnam prevede l’importazione a dazio zero di 80.000 tonnellate di riso (20 di semigreggio, 30 di riso bianco e 30 di Jasmine, Nang Hoc e Tai nguyen Cho Dao) in un periodo delicatissimo, in quanto, come testimonia l’Ente Risi, non appena resa operativa la clausola di salvaguardia per le importazioni di riso lavorato Indica proveniente da Cambogia e Myanmar, le importazioni nell’Unione europea di riso lavorato di tipo Japonica proveniente dal Myanmar sono aumentate di intensità di mese in mese, aggirando il divieto imposto al riso indica e facendolo attraverso l’impostazione di Japonica asiatico.

I flussi

Se nel mese di aprile 2019 avevamo assistito ad un volume di importazione di riso Japonica di 11.261 tonnellate, per la stessa tipologia di riso nel mese di maggio la Commissione europea ha registrato un volume di circa 18.000 tonnellate, portando il dato totale della presente campagna (settembre 2018 – maggio 2019) a 52.076 tonnellate, con un incremento di ben 31.167 tonnellate (+149%) rispetto al dato riferito allo stesso periodo della scorsa campagna di commercializzazione. In tutta la scorsa campagna di commercializzazione (01/09/2017 – 31/08/2018) dal Myanmar erano entrate 27.332 tonnellate di riso lavorato di tipo Japonica. Poiché il riso di tipo Japonica non è interessato dall’applicazione della clausola di salvaguardia, le importazioni di riso Japonica avvengono senza il pagamento del dazio e arrecano un danno alla coltivazione del riso europeo in quanto tale tipologia rappresenta il 75% della produzione totale di riso nell’Ue. L’Ente Risi ha chiesto all’Ue di bloccare questo flusso e di verificare se queste importazioni non siano in realtà riferibili a riso di tipo Indica ma dichiarate come riso Japonica all’unico scopo di aggirare la clausola di salvaguardia.

L’escamotage

Di escamotage parla anche Confagricoltura Lombardia. Antonio Garbelli, presidente della Federazione regionale risicola chiede «un rapido intervento a Bruxelles per controllare frontiere e porti senza aspettare gli oltre 24 mesi di stallo che sono trascorsi prima di ottenere la clausola di salvaguardia per il riso di tipo Indica e verificando con attenzione che non siano messe in pratica possibili triangolazioni». Nella stessa nota di Confagricoltura Lombardia prende la parola il presidente della Sezione economica riso di Pavia, Fulco Gallarati Scotti, secondo il quale la questione centrale è capire se «l’Europa voglia o meno mettere al centro della tutela agroalimentare anche la risicoltura. Se non ci viene dimostrata una volontà di affermare la dignità di questa coltura, partiremo sempre sconfitti in quanto non è possibile contenere le importazioni dall’estero: siamo troppo piccoli per controllare ed in seguito opporci ai numerosi accordi commerciali che ogni anno vengono stipulati tra gli stati. Il riso italiano è un prodotto fondamentale della nostra alimentazione, ma con la lentezza degli interventi europei sarà molto complesso mantenerlo in vita».

La Regione Lombardia

In questa vicenda la Regione Lombardia vede «un passo indietro sulla sicurezza alimentare, sui diritti dei lavoratori e sulla qualità del cibo» come dichiara l’Assessore all’Agricoltura di Regione Lombardia Fabio Rolfi, trovando d’accordo Cia Lombardia secondo la quale il riso vietnamita è ottenuto con il lavoro minorile. Sulla stessa linea Coldiretti.

Altri pericoli

Altri rischi per i risicoltori e più in generale per l’agricoltura della nostra penisola derivano dall’accordo tra Ue e paesi del Mercosur giunto alla stretta finale, conclude Cia Lombardia. Si tratta di un’intesa che include la possibilità di importare 45mila tonnellate di riso a dazio zero e che desta interrogativi e preoccupazioni in merito a sostenibilità ambientale, standard in termini di sicurezza alimentare, pratiche commerciali sleali. Secondo uno studio del Centro comune di ricerca Ue, se dovesse essere firmato, l’Europa rurale subirebbe perdite superiori a 7 miliardi di euro.

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