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UNA SPERANZA CHIAMATA “SRI”

da | 26 Lug 2015 | NEWS

logo-expoEmanuela Taverna è una giornalista tenace. Le dici che una tecnica di coltivazione del riso non convince, che all’Expo girano tante bufale, che per sfamare il mondo ci vuole ben altro e Lei che fa? Approfondisce il tema e lo sviscera in tutti i suoi aspetti. Non per convincerti, ma per informare. Ecco perché merita di essere letto il suo articolo sul Sistema di Intensificazione del Riso (SRI) di Henri de Laulanié, su cui sta puntando con qualche successo l’Ifad in Madagascar: più raccolti con meno semi, meno acqua, meno fertilizzanti, usando piantine più giovani, piantate singolarmente a distanza di 25 centimetri, acqua a intermittenza, erbacce rimosse frequentemente e precocemente. «La reale portata di questo metodo – che è stato perfezionato da Norman Uphoff, docente della Cornell University – è però ridimensionata da altri scienziati e ricercatori, come quelli dell’International Rice Research Institute, che ne contestano i risultati e l’applicabilità su larga scala» scrive la Taverna, internvistando Benoit Thierry, country programme manager Asia and Pacific Division di International Fund for Agricultural Development allo scopo di illustrare i punti di forza del progetto portato avanti con la Cornell University in Madagascar e vincitore nella priorità tematica 2 (Aumento qualitativo e quantitativo della produttività agricola).  L’intervistato spiega che «c’è ancora bisogno di molto lavoro e di molto impegno, ma, grazie a questo metodo, il reddito per gli agricoltori malgasci è aumentato di oltre il 75 per cento. In realtà, il grande punto a favore dello SRI è che è un sistema molto flessibile. Perché si può usare con semi moderni o con semi tradizionali, con fertilizzanti chimici e con fertilizzanti naturali. Il principale risultato di questo progetto è proprio l’aver dimostrato che ci sono tanti modi di applicare il metodo. Le critiche che abbiamo ricevuto dall’IRRI, per esempio, riguardano il fatto che non abbiamo usato semi moderni. In realtà volevamo dimostrare che, usando i semi locali, si sarebbe potuto ottenere un raccolto superiore al passato. E infatti i semi tradizionali, che consentivano una produzione di 1 tonnellata per ettaro, coltivati con SRI hanno prodotto 6 o 8 tonnellate. Dunque, il potenziale del seme è buono e gli agricoltori, che hanno usato le stessi sementi per secoli, grazie a questa tecnica possono liberare il potenziale genuino contenuto in ogni seme». Per leggere l’articolo integrale: http://magazine.expo2015.org/cs/Exponet/it/innovazione/thierry-benoit–il-punto-di-forza-del-metodo-sri-e-la-flessibilita (28.07.2015)

ENERGIA DAI CHICCHI

Ricavare energia dalla paglia di riso? L’idea Š buona, il business c’Š, assicura La Stampa di Torino, che ha pubblicato un interessante servizio su quest’argomento. La raccolta e la combustione degli scarti del riso sono economicamente (e ambientalmente) appetibili – avverte – solo in presenza delle macchine agricole pi— moderne, degli spazi necessari per lo stoccaggio del materiale, di aziende medio-grandi e di centrali "su misura". Sperando che la pioggia non si metta in mezzo.

PRIMI A TAVOLA

Torna a Foligno Primi d’Italia, IX edizione del festival pi— originale d’Italia, capace di promuovere a 360ø la cultura del primo piatto in tavola. Riso e altri protagonisti della tavola, dal 27 al 30 settembre nel centro storico, da tutte le regioni e di tutti i formati. Quindici villaggi, disseminati in un itinerario tra i mille sapori, accoglieranno i visitatori in un percorso senza eguali che, con degustazioni a tema, condurr… dalla pasta secca alla pasta fresca, fino alle zuppe.

PARLATE ALLE PANNOCCHIE

Parlare alle piante serve perche’ alcune di esse, in effetti, ci ascoltano. E’ quanto ha scoperto un’equipe di scienziati sudcoreani che ha annunciato di aver identificato nelle piante di riso una serie di geni in grado di udire la musica. I ricercatori hanno suonato in una risaia 14 pezzi di musica classica ed hanno scoperto che certe frequenze tra i 125 ed i 250 hertz rendevano pi— attivi certi geni. La scoperta Š del National Institute of Agricultural Biotechnology di Suwon.

SCOTTI SULL’ARARAT

La Riso Scotti pianta la bandiera sull’Ararat. E’ successo quest’estate e la foto che pubblichiamo lo dimostra. La storia Š semplice quanto clamorosa. Quattro alpinisti pavesi hanno preso parte alla scalata del Monte Ararat, la vetta della Turchia orientale che raggiunge quota 5.165 mt. Tra loro, anche Dario Scotti, patron della nota casa risiera. Una volta in cima alla montagna, ha piantato una bandiera con il marchio dell’Azienda risiera pavese, che ora sventola anche sull’Ararat.

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