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L’INDUSTRIA HA LA PANCIA PIENA ?

da | 11 Feb 2016 | NEWS, Uncategorized

risicoltori

L’industria risiera ha la pancia piena, ci dice un risicoltore che giura di non voler vendere il suo riso indica neppure a 32 euro al quintale. Sulle piazze del riso, dopo un avvio di campagna promettente ed alcuni mesi con mercati frizzanti, è improvvisamente arrivata la bonaccia. Potrebbe prolungarsi fino a maggio. Il risone lungo B, che a inizio campagna era partito attorno ai 28 euro ivato,  fino a qualche settimana fa si collocava facilmente a 34 euro al q.le , iva inclusa, con “vista” a 35 e con diversi compratori; poi, da un giorno all’altro, il tonfo, con un minimo addirittura di 31 (solo per pochi giorni, a dire il vero) e soprattutto poca domanda. Non solo di indica naturalmente, ma anche di risi da interno, arrivati nel frattempo a toccare quotazioni elevate, tra i 75 e gli 80 euro. Va ancora peggio ai lunghi A generici da parboiled, che quotano 30 euro (avevano raggiunto i 35) e al Baldo, che è sceso a 35 e si ritrova con pochissimi compratori, dopo che aveva quotato 40. Spera nell’apertura del mercato turco, segnalata nell’articolo http://www.risoitaliano.eu/la-turchia-riprendera-limport-di-riso/ . Nelle ultime sedute, poi, i lunghi B hanno tentato una ripresa, che però ci sembra soffocata sul nascere. Sicuramente, le vendite si sono fermate. Di seguito una tabella che riassume l’andamento delle quotazioni.

 

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Cosa sta succedendo? Secondo alcuni analisti, l’industria risiera potrebbe essersi preoccupata per l’impennata che il risone japonica ha fatto registrare nei primi mesi di campagna commerciale  (temendo addirittura ulteriori aumenti)  e probabilmente fatica a collocare l’indica italiano persino a quotazioni popolari come quelle raggiunte nel recente periodo; per questa ragione gli industriali prima avrebbero acquistato a ritmo sostenuto quantitativi importanti e adesso, “con la pancia piena”, si sarebbero seduti sull’argine della risaia ad aspettare che ai risicoltori scarseggino i soldi necessari per pagare sementi, concimi e pesticidi. L’ultima fiammata dell’indica ha portato il prezzo a 32 euro, dove sembra essersi inchiodato: del resto, di indica ne sta arrivando a iosa dall’Asia, ed è quindi perfettamente inutile “strapagarlo”. Semmai, meglio iniziare a pensare a dirottare su quelle varietà la prossima Pac, in modo tale da aumentare il risone lungo in circolazione: è un’idea dell’Airi che circola in queste ore sui tavoli che contano e sulla quale vi abbiamo già ragguagliati nell’articolo http://www.risoitaliano.eu/cia-e-airi-si-interrogano-sullindica/. Un’idea non nuova, del resto, perché nel 2014 l’aveva già avanzata la Coldiretti. Un’idea strategica secondo l’Airi, che ha chiesto la massima riservatezza sui colloqui in corso, tesi a verificare la praticabilità di questa soluzione.

Guardando alle prossime settimane, l’unica speranza concreta, per il mercato dell’indica italiano, è che, a causa della ridotta superficie investita in Italia nelle semine 2015 possa indurre una ripresa dei listini, nonostante la massiccia importazione. La quale prosegue e alimenta le dicerie sull’untore: nei bar della bassa, le voci di bastimenti che attraccherebbero a Savona carichi di Myanmar da 20 euro si rincorrono e agitano gli animi. Sul piano statistico, sappiamo dall’Ente Nazionale Risi che è stato venduto al 2 febbraio il 47,45% del risone disponibile. Più 2% rispetto alla pari data del 2015, quando però c’erano 150mila tonnellate in più e la disponibilità di lungo B era nettamente superiore. Ovviamente, la lettura di questi dati non è univoca: noi ci fidiamo dell’interpretazione dei nostri analisti, che segnalano un’industria apparentemente con “la pancia piena” e per nulla intenzionata a rincorrere i produttori, sia perché avrebbe scorte sufficienti a far girare i propri impianti per almeno un mese; sia perché in vista della primavera deve assolutamente raffreddare i prezzi, particolarmente quelli dei risotti. I risicoltori, dal canto loro, conoscono la regola aurea del mercato dei risoni: mai essere il primo a vendere e mai essere l’ultimo. Tra produttori ed industriali è in atto insomma il solito “braccio di ferro” che si registra spesso sui mercati in momenti come questo: il produttore fa resistenza nelle vendite, aspettando che l’industria smaltisca le scorte e torni a cercare il risone sul mercato, creando come conseguenza un aumento delle quotazioni; l’industria, dal canto suo,  fa resistenza sugli acquisti, sperando che il produttore perda le speranze di aumenti  e venda il proprio prodotto, determinando così una diminuzione dei prezzi. E’  la vecchia legge di tutti i mercati: se prevale la domanda, i prezzi salgono, se invece a prevalere è l’offerta, i prezzi scendono. Aspettando la primavera. Autore: Paolo Accomo, dati statistici forniti dal Servizio Vendita Risone di Mortara (09.02.2016)

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