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ESENZIONE IMU: NON PER TUTTI

da | 16 Giu 2017 | Norme e tributi

Oggi scadono i termini per il pagamento della prima rata dell’ IMU, cui sono soggetti anche i terreni agricoli, a meno che non siano “posseduti e condotti” da imprenditori agricoli professionali o coltivatori diretti iscritti alle relative gestioni previdenziali INPS. La questione dei benefici IMU presenta alcuni aspetti molto complessi nel caso del coadiuvante agricolo, ed  è stata oggetto di interpretazioni differenti tanto da dare luogo ad  un contrasto interpretativo tra il Dipartimento delle Finanze e l’Anci Emilia Romagna. Il problema è la presenza o meno dei requisiti oggettivi e soggettivi richiesti dalla norma, considerato che la legislazione sull’ Imu concede benefici ai coltivatori diretti iscritti alla previdenza agricola che «possiedono e conducono» il terreno agricolo.

Al momento l’ultima pronuncia in merito è l’ordinanza del 12 maggio 2017 con cui la Corte di Cassazione ha negato tali benefici.

Andando con ordine, lo scorso maggio, il Ministero delle Finanze nella nota prot. 20535 aveva ritenuto che al coadiuvante agricolo spetterebbero tutte le agevolazioni attribuibili al coltivatore diretto in quanto:

  • l’iscrizione negli elenchi previdenziali permette di ritenere sussistente il requisito soggettivo dell’essere coltivatore diretto.
  • il requisito oggettivo della conduzione diretta è rispettato perché «il coadiuvante stesso risulta proprietario/comproprietario dei terreni agricoli coltivati dall’impresa agricola diretto coltivatrice, di cui è titolare un altro componente del nucleo familiare».

Di parere opposto l’Anci Emilia Romagna che con la circolare 92 del 30 maggio 2016 aveva sottolineato l’assenza di entrambe le condizioni:

-quella soggettiva perché se anche il coadiuvante è iscritto alla stessa forma previdenziale del coltivatore diretto, non per questo acquisterebbe la qualifica di coltivatore, ovvero di imprenditore agricolo;

-quella oggettiva in quanto «nel caso del coadiuvante manca la conduzione diretta, visto che i terreni sono dati in comodato/affitto al titolare dell’impresa agricola e ciò è sufficiente ad escludere la sussistenza dei requisiti previsti dalla normativa».

La Corte di Cassazione nell’ordinanza 12 maggio 2017, n. 11979 ha dato ragione all’Anci dell’Emilia Romagna e ha ritenuto non applicabile la “finzione giuridica”, in base alla quale l’area fabbricabile si considera come terreno agricolo se posseduta e condotta da un coltivatore diretto, in quanto «la contribuente, iscritta negli elenchi dei coltivatori diretti e proprietaria del fondo, non lo conduce direttamente per averlo concesso in locazione al figlio», rimanendo, altresì irrilevante la qualifica di coadiuvante nell’impresa che conduce il fondo. L’interpretazione della Suprema Corte rischia di generare nuove incertezze e contrastanti interpretazioni sulla materia su cui sembra auspicabile una opportuna chiarificazione normativa.

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