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IL PSR E’ SORDO ALLE SCOPERTE SCIENTIFICHE

da | 4 Mar 2015 | NEWS

sarassoAlla trentottesima Fiera in Campo, divenuta negli anni un punto di confronto sulle tecniche di coltivazione oltre che di meccanizzazione risicola, l’intera giornata del venerdì è stata dedicata a due convegni, tra loro molto correlati, che hanno proposto interessanti e corpose sperimentazioni su gestione delle paglie di riso, modalità di irrigazione, ed agricoltura conservativa.

La direttiva UE 2009/28  ricordata come 20-20 (riduzione entro il 2020 del 20% del consumo di energia e di emissione di gas serra, ed utilizzo di almeno il 20% di energie rinnovabili), ha messo a disposizione fondi per la ricerca in tal senso. E’ stato ricordato che la coltivazione del riso nel mondo è responsabile di una quota stimata tra il 5 e 25% dell’emissione totale di metano, gas imputato di contribuire all’effetto serra. Il prof. Paolo Balsari dell’Università di Torino ha presentato i risultati di un confronto fra quattro filiere di utilizzo delle paglie, indicando in via preferenziale la raccolta di paglia secca per la produzione di pellets da destinare alla produzione di calore, e di utilizzo  di paglia strippata, quindi ancora in piedi, raccolta mediante  trinciacaricatrice, e fermentata in digestore per la produzione di biogas. Ha indicato la fattibilità di entrambe le filiere, senza nascondersi le difficoltà di raccolta, dovute all’inclemenza del meteo autunnale ed alla scarsa portanza dei terreni. Sono stati poi esposti i risultati di sperimentazioni dirette a verificare se l’asportazione continua delle paglie possa impoverire eccessivamente i terreni. Undici anni di prove hanno dimostrato che non vi è una diminuzione significativa di sostanza organica nel terreno, confermando i risultati di prove effettuate dal dott.Antonio Finassi negli anni ’70, da lui ricordati nel corso del dibattito.  

Il riutilizzo delle paglie di riso permetterebbe quindi di incrementare la produzione di energie rinnovabili, riducendo l’emissione di metano, senza danni alla vitalità del terreno e senza ridurre le produzioni, richiedendo però maggiori apporti di fertilizzanti minerali. Se invece si interrano le paglie, per avere i migliori risultati produttivi e la minore emissione di metano, viene consigliato l’interramento autunnale; ulteriori riduzioni di metano si possono ottenere mediante la semina in asciutta con sommersione ritardata. I risultati riguardanti la coltivazione senza sommersione con irrigazione turnata evidenziano una minore richiesta d’acqua (a livello di campo sperimentale),  un ulteriore abbattimento di emissioni di metano, controbilanciato da un incremento di infiltrazioni di nitrati nella falda, aumento di emissione in atmosfera di gas N2O (altro gas con  effetto serra) e deludenti produzioni di risone. Inoltre, la coltivazione con irrigazione turnata favorisce l’assorbimento di cadmio, abbattendo quello di arsenico, entrambi  pericolosi inquinanti della granella. Il contrario avviene con la sommersione, sia anticipata che posticipata: abbattimento del cadmio e maggiore contaminazione da arsenico.

Non esiste quindi una tecnica che ottiene solo vantaggi; la sintesi che sembra ridurre complessivamente gli svantaggi: minore emissione di metano, impiego di acqua, perdite di nitrati ed assorbimento di cadmio è stata indicata nella semina interrata con sommersione ritardata. Nel corso del dibattito sono emerse fondate perplessità sulla capacità del sistema irriguo di sopportare una dilatazione della sommersione ritardata molto oltre l’attuale 30%. Su questo argomento dovrebbero esprimersi chiaramente i consorzi irrigui, che dispongono dei dati idrologici necessari, e le competenze tecniche per produrre adeguate simulazioni.

Il dott. Paolo Mosca ha  esposto i primi risultati di una ricerca  sull’agricoltura conservativa: è possibile, sopportando una riduzione produttiva pari a circa una tonnellata di risone per ettaro, ridurre i costi di lavorazione per un valore  superiore al calo produttivo, con un miglioramento del bilancio aziendale. I  maggiori problemi si sono riscontrati nella  lotta alle infestanti, seppure con l’impiego di Glifosate.

La presentazione  delle linee guida del PSR Piemonte 2014-2020 (disponibile forse dal 2016) ha causato non poche  perplessità: si prevede l’obbligo dell’aratura primaverile, quando è stato dimostrato che questa produce più metano e meno risone rispetto all’aratura autunnale, e l’obbligo di inerbimento degli argini, notoriamente causa di disseminazione incontrollata delle infestanti, che di riflesso porta ad un maggior impiego di erbicidi. Se a questo si aggiunge il progetto del PAR Lombardia che vuole limitare l’uso del Glifosate, norma in grado si affossare nella culla i progetti di agricoltura conservativa, viene spontaneo chiedersi: a che vale acquisire con grande fatica nuove conoscenze, se poi non vengono considerate? Autore: Giuseppe Sarasso (foto piccola) (03.03.15)

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