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FINTO BIO: SEI DENUNCE A VERCELLI

da | 13 Nov 2015 | NEWS

vianaTanto tuonò che piovve. La notizia, diffusa oggi dai media vercellesi, che i titolari di sei aziende agricole della zona che producono riso biologico sono stati denunciati dalla Guardia di finanza per frode in commercio è destinata a fare molto rumore. Brutta notizia per la filiera. Brutta notizia anche per chi, come noi, aveva messo sull’avviso i produttori per tempo: chi sa e vuole coltivare riso biologico lo faccia con onore e profitto, ma senza cercare scorciatoie. Lo abbiamo scritto a più riprese, documentando il problema con la ormai famosa “trilogia Sarasso” (http://www.risoitaliano.eu/la-trilogia-del-biologico-2/) che analizzava il problema, come è giusto fare su un giornale come il nostro, sotto il profilo tecnico-economico. Lo ha denunciato l’Anga in un ormai noto documento (http://www.risoitaliano.eu/il-finto-bio-esiste-urgono-controlli/). Lo ha divulgato Report. Ora è la legge a esplorare questo infido terreno: c’è chi bara sul riso bio? Le indagini della magistratura vercellese finora hanno portato al sequestro di 3800 tonnellate di cereale e, scrive Roberto Maggio sulla Stampa (http://www.lastampa.it/2015/11/13/edizioni/vercelli/sequestrate-tonnellate-di-falso-riso-biologico-TTkZt1DsuMkNTqfhlbf76N/pagina.html), «hanno permesso di smascherare una vera e propria truffa: gli agricoltori utilizzavano diserbanti non ammessi in agricoltura biologica allo scopo di aumentare la resa per ettaro, visto che il riso bio viene pagato tre volte in più rispetto al riso tradizionale.  In pratica ciò che finiva sul mercato era un prodotto coltivato secondo i metodi tradizionali, e quindi con l’uso di agenti chimici per eliminare le infestanti, ma spacciato per biologico. Sotto la lente d’ingrandimento delle Fiamme gialle, coordinate dal procuratore Ezio Domenico Basso, sono finiti i produttori autorizzati dalla Regione Piemonte a coltivare secondo il metodo biologico. Le analisi sono state eseguite in collaborazione con l’Arpa».  Qualche dettaglio in più sul blog Vercelli24 (http://www.infovercelli24.it/leggi-notizia/argomenti/cronaca-10/articolo/falso-bio-sequestri-e-sei-denunce.html): «il riso bio viene pagato sul mercato il triplo rispetto a quello prodotto in agricoltura convenzionale (che, invece, ammette l’uso di diserbanti per combattere le erbe infestanti). Dopo un’analisi investigativa effettuata sulla platea dei produttori autorizzati dalla Regione Piemonte a coltivare secondo metodo biologico – racconta il blog riferendo il lavoro dell’Arpa – si è proceduto al prelievo di campioni di terreno, acque, piantine di riso su diversi appezzamenti scelti tra quelli coltivati secondo metodo biologico, appartenenti ai soggetti di cui si sospettava la frode. L’esito delle indagini di Arpa ha consentito di evidenziare la presenza di prodotti fitosanitari non consentiti in agricoltura biologica in percentuali variabili, ma tutte superiori ai limiti di tolleranza previsti per le coltivazioni biologiche (le sostanze rinvenute nei campioni sono normalmente utilizzate in agricoltura convenzionale e non sono dannose per la salute)». Ci fermiamo qui, facendo due osservazioni e dandovi un’altra notizia. Prima osservazione: i presunti furbi che coltivano falso riso bio e che vorrebbero che la risaia fosse avvolta sempre da un silenzio tombale, quello delle notti nebbiose della Bassa, penserà che siamo felici di quest’esito giudiziario della vicenda. Dobbiamo deluderli anche questa volta: i nodi vengono sempre al pettine ma quest’indagine fa bene alla giustizia e fa male a tutta la filiera, perché appanna l’immagine – già non brillantissima – del riso italiano. Seconda osservazione: un’indagine sul finto bio nel momento in cui gli enti pubblici riflettono sulle correzioni da imporre alla risicoltura nell’utilizzo dei diserbanti registrati e di quelli autorizzati in deroga non è un buon viatico; non è precisamente ciò che aiuta a prendere decisioni equilibrate e serene, ragion per cui è necessario che la vicenda sia affrontata nella massima trasparenza e si renda conto all’opinione pubblica senza reticenze del reato di pochi – se esiste un reato – e della correttezza di molti, affinché decisioni emotive non arrechino danno proprio a quegli imprenditori – convenzionali e biologici – che in questi anni si sono comportati correttamente. Infine la notizia: abbiamo chiesto ad Antonio Finassi, accademico dei Georgofili e socio dell’Accademia di agricoltura di Torino di affrontare lo spinoso problema del riso bio. Il suo articolo sarà pubblicato tra qualche ora. Autore: Paolo Viana (13.11.2015)

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