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DOSSIER ANTI-CAMBOGIA: RECUPERARE 200 EURO A TONNELLATA

da | 7 Giu 2014 | NEWS

Offerta riso

Il dossier anti-Cambogia con cui il governo italiano chiederà l’adozione della clausola di salvaguardia fotografa impietosamente la scarsa competitività del prodotto nazionale spiegando che “la quasi totalità delle importazioni nell’UE dalla Cambogia negli ultimi tre anni solari e riferito alle quattro voci di tariffa doganale interessate, suddivise tra importazioni preferenziali nel quadro del regolamento SPG e importazioni che non beneficiano di preferenze, avviene nell’ambito del regime preferenziale in totale esenzione di dazio. Le poche centinaia di tonnellate importate con l’assoggettamento del dazio MFN sono attribuibili a importazioni in cui non è stato possibile dimostrare correttamente l’origine del prodotto. Il confronto concorrenziale deve avvenire valutando i prezzi del riso lavorato sfuso (ante confezionamento), comunitario e cambogiano, f/co una località centro-nord europea, baricentro dei consumi. Si considera conseguentemente l’arrivo del riso cambogiano, già lavorato e alla rinfusa, nel porto di Rotterdam (costo e nolo 379 euro/t nov. 2013), il trasporto in una industria risiera vicina ai porti nord europei e una cernita del prodotto prima del confezionamento. Il prezzo del prodotto pronto per il consumo, ma prima di essere confezionato, è di 438 euro/t. Solo il riso Myanmar ha un prezzo più competitivo di 434 euro/t. I prezzi del riso lavorato da tutte le altre origini, una volta pagato il dazio all’importazione, sono nettamente maggiori. Il riso statunitense costa 806 euro/t. e quello thailandese 750. Il riso italiano, alle stesse condizioni, ammonta a 646 euro a tonnellata. Infatti, sempre secondo il dossier, che si riferisce a sua volta a studi Ferm e dell’Associazione dei laureati in agraria della Provincia di Vercelli, i costi dell’azienda risicola italiana sono troppo elevati per sperare in un recupero naturale del divario competitivo. In Italia si producono mediamente 7 tonnellate ad ettaro di riso greggio e che l’industria risiera italiana ottiene mediamente 0,62 tonnellate di riso lavorato per ogni tonnellata di greggio. “A fronte di un ettarato italiano medio degli ultimi 5 anni di 68 mila ettari, il sondaggio annuale dell’Ente Nazionale Risi, effettuato a marzo 2014, prevede per questa campagna una superficie di 56 mila ettari, con un calo della superficie investita a riso indica del -21,6% rispetto alla campagna precedente e una perdita di 15 mila ettari”. Le scorte si collocano a 174 mila tonnellate, il valore più alto delle ultime cinque campagne e superano di 62 mila tonnellate (+55%) il risultato registrato un anno fa. Il documento dice anche che “la domanda di riso japonica è costante e pari a circa 600.000 tonnellate di riso lavorato, corrispondenti a 1 milione di tonnellate di riso greggio, per la cui produzione sono mediamente necessari 170 mila ettari. La capacità di produzione di riso indica non può occupare una superficie superiore a 80.000 ettari (250.000-170.000), con una produzione di riso greggio di 560.000 tonnellate, in equivalente riso lavorato circa 350 mila tonnellate. In tutta l’Unione europea la capacità produttiva di indica può essere stimata a 700.000 tonnellate di riso lavorato. Nei Paesi produttori di riso greggio, l’industria risiera ha una capacità di trasformazione largamente superiore all’attuale produzione”. Il citato studio Ferm, redatto da Graham Brookes, analizza i soli costi variabili delle aziende risicole (non considerando i costi fissi relativi agli ammortamenti delle macchine né gli investimenti per l’acquisto dei terreni) individuando un costo per ettaro della azienda risicola italiana media in 3.129 euro. Considerata la resa media italiana di 7 tonnellate per ettaro, il costo per tonnellata è pari a 447 euro che, al netto del sostegno medio assicurato attualmente dai pagamenti diretti della PAC, scende a 322 euro alla tonnellata, prezzo minimo che consente di coprire i soli costi variabili. Se prendiamo in esame il prezzo del riso lavorato che arriva in Europa dalla Cambogia a dazio zero (438 euro/t) scopriamo che per essere competitivo con quel prodotto il riso greggio italiano dovrebbe essere venduto a 195,29 euro a tonnellata mentre oggi il prezzo minimo (teorico), agli attuali aiuti Pac, che gli agricoltori debbono spuntare ammonta a 322. Sappiamo anche che la Pac sarà decurtata (il contributo attualmente percepito dagli agricoltori italiani che hanno coltivato riso nei periodi di riferimento 2000-2003 e 2005-2008, che può essere mediamente stimato a 874 euro/ha, ovvero circa 125 euro/tonnellata, ma solo se si tiene conto di una resa media di 7 tonnellate/ha e di un’azienda che coltiva esclusivamente riso) e quindi che il passivo reale della risicoltura è destinato a crescere. In altre parole, per competere con un riso cambogiano che è attestato su 438 euro a tonnellata di riso lavorato attualmente l’industria risiera non può pagare più di 195 euro mentre l’agricoltore non può accettarne meno di 322; se poi calcoliamo tutte le voci che permettono di mantenere la redditività agricola e industriale della filiera italiana scopriamo che il prezzo minimo del riso lavorato italiano non può essere inferiore 646 euro/t, quindi non competitivo con il prodotto dei Pma che ne richiede 438. “Qualora il riso cambogiano fosse assoggettato al dazio, il suo prezzo in nord Europa sarebbe vicino al prezzo remunerativo del riso comunitario, e potrebbe conseguentemente mantenere una propria quota del mercato UE senza deprimere i prezzi interni” spiega il dossier del Mise. Si calcola infatti che applicando un dazio di 175 euro/tonnellata il riso cambogiano salirebbe a 623,28 euro contro il costo italiano di 646,37. (ULTERIORI DETTAGLI DOMANI DOPO LE ORE 10)

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